All’indomani dell’invasione dell’Ucraina nel 2022 da parte delle Russia, la Svizzera sembrava essersi risvegliata dal suo torpore, ma nel frattempo “si è riaddormentata”. Lo ha affermato, davanti alla stampa, il capo dell’Esercito dimissionario Thomas Süssli, che martedì ha tracciato un personale bilancio dei sei anni trascorsi alla guida delle Forze armate. Süssli sostiene inoltre che la capacità del Paese di reagire alle minacce “non è ancora sufficientemente rafforzata”.
Come riferito dall’argoviese, l’Esercito ha guadagnato visibilità dal suo arrivo alla direzione, ma non è stato comunque fatto abbastanza per spiegare le necessità militari e l’urgenza di potenziare la difesa. Questo è rilevante, ha aggiunto Süssli, perché la Russia continua a rappresentare una minaccia e tenta di dividere l’Occidente.
Il 59enne è entrato in carica nel gennaio del 2020 e ha dovuto affrontare la mobilitazione di 5’000 militari ordinata dal Consiglio federale per fronteggiare l’emergenza Covid-19 (la prima dal secondo dopoguerra). Una settimana dopo l’ultimo impiego delle truppe legato alla crisi sanitaria, l’Europa si è risvegliata con un conflitto alle proprie porte. Quando il capo dell’Esercito dimissionario assunse la sua funzione, la Svizzera considerava “una guerra cibernetica l’unica vera minaccia” e nessuno poteva immaginare che un conflitto convenzionale potesse nuovamente travolgere il Vecchio Continente, ha rimarcato: “All’epoca ci si domandò perfino se valesse ancora la pena di dotare ogni singolo soldato di un giubbotto antiproiettile”.
Con la guerra in Ucraina l’attenzione si è spostata sempre più sulla difesa, in particolare sulla protezione da “minacce a distanza” e quindi l’armamento di missili balistici, missili da crociera e droni. “Ho subito capito che questo punto di svolta avrebbe avuto ripercussioni anche per la Svizzera e il suo esercito”, ha spiegato l’argoviese, il quale ha passato il testimone al divisionario Benedikt Roos, che rivestirà l’incarico a partire dal primo gennaio.
Il capo uscente ritiene inoltre che la Russia continui a rappresentare una minaccia concreta, sottolineando che Il Cremlino è passato a un’economia di guerra e produce oggi più materiale bellico rispetto al periodo precedente al 2022. Secondo Süssli sussistono “segnali più che evidenti” che Mosca si stia preparando a una possibile estensione del conflitto con l’Occidente e a un’intensificazione della guerra ibrida mediante disinformazione, ingerenze, cyberattacchi, spionaggio e atti di sabotaggio. È possibile, ha detto, che Mosca tenti di attaccare un altro Paese già nel 2028 o nel 2029 e “se l’Ucraina dovesse cadere, fra la Svizzera e la Russia resterebbero solo due Stati: l’Ungheria e l’Austria”, ha avvertito. Se si presentasse uno scenario simile, ha aggiunto, la neutralità non offrirebbe alcuna garanzia o protezione. A suo avviso è perciò essenziale puntare su una neutralità armata che permetterebbe alla Confederazione di resistere in caso di aggressione.

Notiziario
Notiziario 02.12.2025, 14:00
Contenuto audio







