Un insieme di regole, messe nero su bianco, sul comportamento da tenere quando si esercita la carica, ma anche tra colleghi e fuori dal tribunale. È il nuovo “codice di comportamento per i giudici”, lo strumento messo a punto dal Consiglio della Magistratura (CdM) dopo il caos che ha investito il Tribunale penale cantonale nel 2024.
“Nel codice abbiamo messo in maniera chiara dei principi fondamentali di convivenza tra le persone, non solo tra giudici”, dice al Quotidiano il presidente del CdM, Damiano Stefani. “In più abbiamo voluto anche inserire degli aspetti che erano forse dubbi, come la possibilità di accedere ai social network e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Sancendo il principio che questi ormai sono riconosciuti ed ammessi, ma evidentemente bisogna usarli con la cautela che si pretende da un professionista e, soprattutto, da un magistrato”.

Il presidente del Consiglio della Magistratura, Damiano Stefani, al microfono del Quotidiano
Si tratta, come premesso, di un’operazione volta a ricostruire un’immagine. “Certamente - conferma Stefani -, perché il principio base sul quale mi sono sempre fondato è che se un magistrato deve andare a cercare in un codice come comportarsi, almeno per queste regole base, forse non è proprio al suo posto”.
Sul tema il presidente del CdM è netto: “Io ritengo che chi viene eletto nella nostra carica abbia tutti gli elementi e gli strumenti per poter valutare se il proprio comportamento è corretto oppure no. Se lo infrange, lo fa consapevolmente. Quindi non serve, di principio, un codice etico”.
Il codice di comportamento è stato voluto dal Gran Consiglio. Quindici articoli, che paiono più un segnale che una necessità. “Però è un bel messaggio, perché significa che la magistratura non è un territorio senza regole dove ognuno può fare quello che vuole. E che ci siamo fatti un’autocritica, anche in base a tutto quello che è successo, e l’abbiamo presa come spunto per lavorare e cercare di migliorare le condizioni non solo di lavoro dei magistrati, ma anche di tutte le persone che collaborano con loro e dei rapporti con l’utenza e con i media”.
I magistrati, spiega il presidente del CdM, non sono stati dei semplici spettatori. “Il codice è stato condiviso con i colleghi. C’era una prima versione che era molto più corposa e anche influenzata da quello che era successo lo scorso anno. Tutti hanno fatto delle osservazioni. C’erano anche dei dubbi, che avevamo anche noi, sulla necessità di fare un codice etico. Però alla fine siamo arrivati a questa soluzione grazie anche al contributo di queste osservazioni del tutto pertinenti”.
Il “codice di comportamento” entrerà in vigore il primo dicembre.








