Il primo pensiero di Alain De Raemy, amministratore apostolico della diocesi di Lugano, è rivolto alle vittime dell’ex cappellano del collegio Papio di Ascona, condannato giovedì a 18 mesi di carcere con la condizionale per reati sessuali su minori e giovani adulti. “È dura perché per le persone vittime se ne parla di nuovo. È una cosa pubblica, dove sono personalmente coinvolte. E adesso la sentenza conferma che c’è stato un reato. C’è una condanna”, ha dichiarato ai microfoni di SEIDISERA De Raemy.
Il sacerdote, già in carcere preventivo, è stato scarcerato subito dopo la sentenza. La Corte ha stabilito il divieto a vita di svolgere attività con giovani e ha ordinato un accompagnamento terapeutico ambulatoriale. Tuttavia, la pena è stata giudicata da molti come blanda, e la procuratrice pubblica Valentina Tuoni ha già annunciato il ricorso in appello.
De Raemy, pur non entrando nel merito della durata della condanna, ha ribadito: è importante “che la persona che ha commesso un reato lo riconosca. Si assuma la responsabilità. Poi le cifre, gli anni della condanna… non spetta a me esprimermi su questo”. “L’importante - ha sottolineato De Raemy - è che le vittime non si sentano trattate ingiustamente”.
La vicenda sarà ora esaminata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, a Roma. “Visto che è un reato che implica anche minorenni, la competenza è a Roma”, ha spiegato De Raemy. La diocesi ha già richiesto la sentenza alla magistratura per trasmetterla al Vaticano, dove si deciderà se il sacerdote potrà continuare a esercitare. “Loro guardano tutto e esamineranno tutta la situazione, tutto quello che si è fatto attraverso gli anni fa parte della procedura.” Nel frattempo, il sacerdote è stato allontanato da ogni attività ecclesiastica e da qualsiasi contatto con dei giovani. De Raemy ha inoltre confermato che il sacerdote andrà in una struttura fuori cantone dove potrà essere sottoposto al trattamento ambulatoriale che gli è stato imposto dalla sentenza.
SEIDISERA del 15.08.2025 - Il servizio di Romina Lara
RSI Info 15.08.2025, 18:36
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Il GAVA chiede rispetto per le vittime
Il Gruppo di Ascolto per Vittime di Abusi in Ambito Religioso (GAVA), per bocca della presidente Myriam Caranzano, ha espresso preoccupazione per il modo in cui è stata comunicata la sentenza. “Dopo che i media hanno riportato della sentenza, ho ricevuto diversi messaggi di persone vittime, molto vicine alle vittime, che mi dicevano della loro delusione e tristezza”, ha raccontato.
Caranzano non contesta la decisione della Corte, ma critica la narrazione che ne è scaturita. “Sentir parlare di abusi lievi, di un numero tutto sommato ridotto, è estremamente difficile. Una persona che racconta quello che ha subito lo fa già con fatica. Alla fine, con un processo così, potrebbe chiedersi: ma chi me lo fa fare?”
Secondo il GAVA, la scelta delle parole può trasmettere l’idea che “non fosse così grave”, mentre ogni abuso, indipendentemente dalla frequenza o dalla parte del corpo coinvolta, “è sempre grave”.

Il caso del prete condannato finirà a Roma
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Il processo all'ex cappellano del Collegio Papio
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