Ticino e Grigioni

Delitto di Aurigeno: “Non è un assassino”

Il processo è alle battute finali - La difesa dell’imputato principale sostiene l’omicidio per dolo eventuale - La sentenza attesa per venerdì pomeriggio

  • 2 ore fa
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Aurigeno richiesta di pena
  • RSI
Di: Francesca Calcagno-Radiogiornale/Rsi Info 

“L’imputato non chiede una riduzione della pena ma quello che questa Corte riterrà giusto per quello che ha commesso”. Si è chiusa con queste parole l’arringa del legale del 44enne di Locarno che due anni fa ha sparato al nuovo compagno della moglie uccidendolo. Secondo l’avvocato Fabio Bacchetta Cattori l’uomo è colpevole di omicidio per dolo eventuale, perché quando ha sparato non voleva uccidere. Ha ripreso così di fatto le dichiarazioni dell’imputato che ha ammesso la volontà di fare del male, ma non di uccidere. Il legale si è quindi rimesso alla Corte per la commisurazione della pena. Ieri la pubblica accusa ha chiesto che il 44enne venga condannato al carcere a vita. La sentenza è attesa per venerdì pomeriggio dalle 16.30.

Durante il suo intervento il legale ha ripercorso i messaggi che l’imputato e la vittima si scambiavano in quello che è stato descritto come un rapporto di provocazioni e minacce continue, da entrambe le parti. Ha ripercorso una giornata simbolo di quanto stava succedendo, un giorno in cui i due si sono scambiati circa 400 messaggi. Ha parlato anche dell’ex moglie, del modo in cui accudiva o non accudiva i figli della coppia e di come a sua volta provocava il suo cliente. “Mi dispiace dover fare tutto questo”, ha ripetuto il legale più di una volta, “ma siamo qui per capire come sia potuto succedere quello che è successo”. Ha anche elencato i problemi psichici dell’imputato in seguito alla separazione. A questo proposito la procura ieri ha presentato una perizia psichica che dice che i suoi disturbi non hanno compromesso la sua capacità di comprendere il carattere illecito di quello che stava facendo e indica per il 44enne un alto rischio di recidiva.

“Non sono complici”

Secondo l’avvocato Gianluigi Della Santa, che difende il 33enne, l’accusa di complicità in assassinio per aver venduto la pistola all’imputato principale è una “forzatura” dell’accusa che vuole mettere tutti e tre gli imputati “nello stesso pentolone”. Ieri la procura ha chiesto per il 33enne 10 anni di carcere. Della Santa durante la sua arringa ha riletto tutta una serie di dichiarazioni che sono agli atti per dimostrate che l’uomo non poteva immaginare, dopo due soli brevi incontri con l’imputato principale in un bar, che l’uomo avrebbe assassinato il compagno della donna da cui si stava separando. Il 33enne, citiamo Della Santa, “nella sua mente stava vendendo un’arma a un personaggio ridicolo”.

Della Santa nella sua arringa si è speso anche sugli altri capi d’accusa (una trentina) che pesano sull’imputato. Riassumendo all’osso, la tesi difensiva è che ha commesso solo una parte dei reati che gli vengono imputati e che in generale la procura lo presume regolarmente colpevole invece che innocente, che si parli di furti o di danneggiamento. Il difensore ha chiesto dunque una pena massima di 4 anni di carcere.

“Si è persa un’occasione”

Della Santa ha speso alcuni minuti del suo intervento anche sul caso dei permessi falsi. Ha ricordato che già nel 2017 (quando era scoppiato il bubbone) il suo cliente aveva confessato di aver comprato dei permessi falsi da un dipendente dell’ufficio cantonale della migrazione e che se non ci avesse guadagnato qualcosa a quest’ora il reato sarebbe prescritto. Per Della Santa, la pubblica accusa si è incaponita su questi due personaggi e non ha voluto guardare oltre. Sempre secondo il legale “ha perso un’occasione”, che era quella di indagare al di là dei confini cantonali per “un giro che forse andava oltre ben oltre quello del suo cliente e del funzionario ticinese”.

01:59

Delitto di Aurigeno: la scheda sul filone dei permessi

SEIDISERA 13.05.2025, 18:00

  • RSI

“È superficiale e ingenua”

Stessa linea difensiva per la terza imputata, una donna 34enne che ha presentato il 33enne all’imputato principale. L’avvocato difensore ha chiesto che la donna venga prosciolta dall’accusa di complicità in assassinio perché non ha mai creduto alle dichiarazioni di quello che allora era il suo capo, quando gli diceva che cercava una pistola per far del male a qualcuno.

Secondo l’avvocato Matteo Poretti la donna non ha presentato i due con l’intento di organizzare la compravendita della pistola. Sostiene invece che l’incontro è stato casuale. Ieri la pubblica accusa ha chiesto che la 34enne (unica indagata dei tre a piede libero) venga condannata a 7 anni di carcere.

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