Detenzione a vita. È la richiesta di pena che il procuratore pubblico Roberto Ruggeri ha avanzato martedì nei confronti del 44enne accusato di assassinio per aver sparato e aver ucciso, nel maggio del 2023 ad Aurigeno, il convivente della sua ex moglie.
Ma davanti alla Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta ci sono anche altri due imputati. Si tratta di un 33enne kosovaro che ha venduto la pistola (e che fu anche al centro dello scandalo dei permessi falsi del 2017). Per lui il procuratore pubblico ha chiesto 10 anni di detenzione. Mentre per la 34enne del Locarnese, che ha fatto conoscere i due uomini, la pena richiesta è di 7 anni.
Era l’11 maggio del 2023 quando l’imputato principale uccise a colpi di pistola il custode delle scuole della località valmaggese. Un delitto che avvenne all’interno dell’istituto scolastico, mentre gli allievi erano in classe. Durante la sua requisitoria, Ruggeri ha affermato che il 44enne ha agito in modo spietato, con freddezza e lucidità agghiaccianti, accecato dall’odio, senza però lasciare nulla al caso: “Ha scelto con cura orari, luoghi, percorsi e vie di fuga”.
Trovatosi di fronte il convivente dell’ex moglie, l’ha rincorso fin dentro la scuola sparando tre colpi con precisione quasi chirurgica, con traiettoria orizzontale, colpi tutti sparati dal basso verso l’alto. Per Ruggeri è pertanto ridicola la tesi che l’imputato voleva ferire la vittima alle gambe: “Con quel gesto voleva uccidere”.
In aula anche lo scandalo dei permessi: perché?
Il 33enne kosovaro è in aula per aver venduto la pistola utilizzata per il delitto, ma viene giudicato anche per altri reati legati ai cosiddetti permessi facili, lo scandalo che nel 2017 investì il Dipartimento ticinese delle istituzioni e che riguardava una quindicina di certificati di soggiorno “comprati”, quindi ottenuti illegalmente e distribuiti dietro compenso.
Perché se ne parla in questo processo? Per il principio dell’unità della procedura, secondo cui più reati vengono giudicati insieme se sono stati commessi dalla stessa persona. Procuratore e giudice possono decidere di separare i procedimenti, ma solo eccezionalmente. In questo caso si è ritenuto che non vi fosse motivo per farlo.
La decisione risale al 2019: lo scandalo permessi era già in agenda in agosto, ma l’imputato era stato pizzicato poco prima a partecipare a un tentato furto a un bancomat a Sant’Antonino. Allora il presidente del tribunale aveva deciso che tutti i reati, quindi il tentato furto e la compravendita di permessi, andavano giudicati nello stesso momento, e aveva rimandato il processo. Una linea, questa, che è stata portata avanti negli anni. E diversi reati dopo, si è arrivati al processo attuale.
Quella dei permessi falsi era dunque solo una delle tante attività criminali in cui il 33enne è stato invischiato. Lo dimostrano gli oltre trenta capi d’accusa elencati dal procuratore pubblico Pablo Fäh, che si è occupato di questa parte d’inchiesta. Tra le imputazioni, vi è una lunghissima serie di furti. Ed è durante uno di questi furti che, nell’aprile 2023, il 33enne recuperò la pistola che fu poi rivenduta all’omicida di Aurigeno.

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