Ticino e Grigioni

Detenuti sessuali in carcere, ma non isolati: funziona

A cinque anni dall’abolizione della sezione D, quella protetta, siamo tornati nel penitenziario della Stampa a Cadro per fare un bilancio ed è positivo

  • Un'ora fa
Bilancio a cinque anni dall’inizio del programma di integrazione
09:02

Ticino: la "normalità" del carcere per chi ha commesso reati sessuali

SEIDISERA 18.12.2025, 18:00

  • Tipress
Di: Francesca Calcagno 

“Inizialmente mi ricordo di un paio di casi molto fragili, che erano molto preoccupati di essere bullizzati. Li abbiamo sostenuti con diversi colloqui infermieristici, medici e psichiatrici, con lo psicologo di riferimento, ma anche con gli agenti che poi gestiscono la sezione”. Teresa Salamone ci accoglie in una sala riunioni del carcere La Stampa a Cadro. È direttore medico del servizio di medicina penitenziaria dell’Ente ospedaliero cantonale. Oggi - a cinque anni dall’inizio del programma di integrazione - l’inserimento dei detenuti sessuali avviene in modo “automatico”, nel senso che anche grazie al grande lavoro che è stato fatto con gli altri detenuti e con tutto il personale, “perché non c’è un reato migliore di un altro e dietro c’è sempre una persona su cui si può lavorare”, la convivenza è ormai acquisita.

Una convivenza che è fondamentale anche per i terapeuti che seguono, in modo individuale e in sedute di gruppo, i detenuti che hanno commesso dei reati sessuali. La ragione ce la spiega Lara Rigoni, medico aggiunto psichiatra dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale: “Perché così si combatte l’isolamento ed è una prova sul campo. Cioè loro per la prima volta iniziano a rapportarsi con gli altri, ma allo scoperto. Quindi gli altri sanno ciò che tu hai commesso e quindi tu ti devi reinserire in modo scoperto forse per la prima volta nella tua vita”. La convivenza con gli altri detenuti diventa quindi un banco di prova fondamentale anche per reimparare a mettersi in relazione con l’altro e la relazione sana è uno degli obiettivi terapeutici.

In conclusione, secondo il direttore medico del servizio medicina penitenziaria dell’Ente ospedaliero cantonale Teresa Salamone, il bilancio è positivo. “Perché ha permesso anche agli altri detenuti di comprendere che dietro il reato c’è una persona con cui si può fare un percorso di risocializzazione e di reintegrazione nella società. Questo vale per qualunque reato, e anche in chiave di riduzione della recidiva”.

“I progressi fatti negli ultimi 15 anni vanno sottolineati”

Intervista ad Aimée Zermatten, giurista, dottoressa in diritto e autrice della tesi recentissima “Il trattamento penale dei delinquenti sessuali: analisi del quadro legale e della pratica in Svizzera”

L’abolizione delle sezioni protette per i detenuti sessuali è una realtà in tutti i carceri svizzeri. Si stima che interessi circa il 10% della popolazione carceraria. Eppure parlare di delinquenza sessuale disturba, lo dice anche lei nella sua tesi, perché la società fa ancora così fatica ad affrontare questo tema?

“Spesso pensiamo che i criminali sessuali siano per lo più persone che abusano dei bambini. In realtà, i criminali sessuali sono una gamma molto più ampia di criminali. Ma penso che ci sia davvero questa idea di fondo - che la sessualità sia qualcosa di molto intimo e che la criminalità sessuale tocchi davvero la nostra umanità. È un argomento molto emotivo e penso che questo sia uno dei motivi per cui è difficile parlarne”.

Questo tabù ha fatto sì che i detenuti sessuali non venissero seguiti con attenzione nei penitenziari svizzeri. Negli ultimi anni sono stati fatti dei progressi, c’è stata una professionalizzazione del settore, stiamo andando nella giusta direzione?

“Credo che sia davvero necessario sottolineare il grande lavoro che è stato svolto negli ultimi quindici anni. E non mi riferisco solo alla catena penale, quindi alla giustizia e agli istituti penitenziari, ma anche agli assistenti sociali, ai medici, ai terapeuti. Questo lavoro è davvero importante perché, in realtà, una migliore assistenza, quindi una maggiore professionalità, porta anche a un migliore reinserimento della persona quando esce dal carcere e quindi probabilmente a una diminuzione del rischio di recidiva. Alla fine, quindi, ci sono meno vittime, e questo è l’aspetto più importante: che ci sia il minor numero possibile di vittime o nessuna”.

È ancora difficile reintegrare le persone che hanno commesso dei reati sessuali in Svizzera? Ci sono differenze regionali?

“In realtà dipende molto dalla persona in questione. Quali sono i reati che ha commesso? La criminalità sessuale, come ho detto, comprende un numero molto elevato di comportamenti. Non si tratta solo di stupro, ma anche di altri comportamenti come l’esibizionismo, ad esempio, o la pornografia. Dipenderà anche dalla pena che è stata inflitta. Questa persona ha anche fattori a suo favore che contribuiranno a evitare la recidiva? Ad esempio, ha una famiglia, degli amici, un lavoro? Non saprei dire se ci siano differenze tra le regioni della Svizzera. E vorrei anche aggiungere, per quanto riguarda il reinserimento, che sono stati fatti davvero grandi progressi. A questo proposito, è necessario rassicurare la popolazione, perché alla fine le condanne per reati contro l’integrità sessuale rappresentano meno del 4% di tutte le condanne pronunciate ogni anno in Svizzera. Ed è anche importante sapere che, contrariamente a quanto si crede, il rischio di recidiva nei delinquenti sessuali non è molto elevato”. 

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