“Bisogna considerare le peculiarità di un carcere: non è un albergo, non ci sono segnalate vie di fuga, quindi il personale ha la responsabilità di mettere in salvo sé stesso e i detenuti”. Con queste parole Stefano Laffranchini, direttore delle strutture carcerarie del Canton Ticino, commenta l’incendio divampato ieri sera, martedì, in una cella della Stampa.
Grazie a una formazione specifica, gli agenti sono i primi soccorritori a intervenire: prestano le prime cure e tentano di spegnere le fiamme, mentre i detenuti vengono accompagnati nel punto di raccolta. “Noi abbiamo un punto di raccolta, la palestra”, spiega Laffranchini. “I detenuti sanno che devono andar lì e vengono accompagnati; alleniamo queste procedure durante l’anno, coinvolgendo gli stessi detenuti in esercitazioni anti-incendio”.
Alla Farera, il carcere giudiziario, la procedura è diversa: “Alcuni non possono incontrarsi, quindi non c’è un punto di raccolta condiviso: bisogna prevederne diversi proprio per evitare la collusione”.
Le criticità emergono anche nella ricollocazione in caso di celle inagibili: “In presenza di sovraffollamento non abbiamo riserve per collocare altrove i detenuti”. Ieri, però, “i pompieri sono riusciti ad aerare le celle e questo problema non si è posto”. Due detenuti e un agente hanno riportato lievi sintomi da intossicazione.