Una Commissione che dovrebbe vigilare sul rispetto dei diritti umani in Ticino per poi presentare un rapporto al Gran Consiglio ogni anno. L’iniziativa parlamentare che chiede di istituire questo organismo è attualmente sul tavolo della Commissione Costituzione e Leggi. Torniamo a parlarne in occasione della presentazione del Film Festival Diritti Umani Lugano, che dal 10 al 20 ottobre ha in cartellone una trentina di film.

Presentato il programma del Festival dei diritti umani di Lugano
SEIDISERA 24.09.2024, 18:33
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L’iniziativa citata è stata lanciata sulla scia di un convegno che la Fondazione Diritti Umani aveva organizzato all’USI nel dicembre 2022 e che si intitolava proprio “Proteggere i diritti fondamentali: quali possibilità per il Canton Ticino”.
L’idea di fondo è che tutti, Cantoni compresi e non solo gli organismi internazionali, devono accertarsi che i diritti umani vengano rispettati sul proprio territorio, ma anche attorno a sé. Il modello di riferimento è quello dell’Esame periodico universale (EPU) dell’ONU, che ha appunto un meccanismo di controllo.
In sostanza, gli Stati membri del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite si esaminano e si fanno delle raccomandazioni reciproche. A spiegare cosa è un EPU è Gabriela Giuria, responsabile dello sviluppo progetti della Fondazione Diritti Umani. “Lo Stato di Guatemala, per esempio, ha fatto scalpore ricordando alla Svizzera di non aver ancora firmato il trattato contro le armi nucleari. Andando a controllare tutte le convenzioni e i trattati di protezione nei confronti dei diritti umani vediamo come questo controllo tra pari sia considerato un meccanismo molto giusto, equilibrato”. Ma anche efficace perché, secondo Giuria, “si vede che gli Stati, quando devono rendicontare su questioni precedentemente sollevate, parlano di risultati e di azioni intraprese. Ciò fa sì che ci sia effettivamente un controllo e uno sviluppo”.
Tornando al Ticino, non si sa quando si discuterà di questa iniziativa in Gran Consiglio. Attualmente, ci è stato riferito, sono in corso approfondimenti in particolare sul modello di riferimento, quello ginevrino.
Questo per quanto concerne ciò che si muove a livello cantonale, mentre sul piano federale dopo vent’anni di discussioni, nel maggio 2023, è nata l’Istituzione svizzera per i diritti umani (ISDU). Oltre a vigilare sul rispetto delle convenzioni internazionali, si prefissa di parlare del tema, quindi di creare una cultura del diritto e poi di diventare consulente anche delle autorità cantonali grazie a una rete di esperti che sta creando.
L’idea quindi è chiara, essere efficaci è però un’altra cosa, tenuto conto che ci sono voluti anni per creare questa istituzione e anche qualche compromesso. “Dando consigli e sostegno agli attori che sono responsabili per l’applicazione dei diritti umani - spiega Xenia Rivkin, membro del comitato dell’ISDU - l’Istituto funge da forum per il dialogo diretto tra i Cantoni e gli organi delle Nazioni Unite. Gli obblighi internazionali della Svizzera vanno infatti applicati anche a livello cantonale. Secondo le nostre ricerche, osserviamo una mancanza di comprensione reciproca tra il livello cantonale e gli organi delle Nazioni Unite. L’ISDU può facilitare questo dialogo, non solo a livello politico, ma anche sul piano, per esempio, delle istituzioni educative, in campo sanitario o anche della polizia”.
Xenia Rivkin precisa che è “troppo presto per parlare di azioni concrete in cantoni specifici, però l’ISMU vuole adoperarsi in ogni regione e la rappresentatività è una questione cruciale per la nostra istituzione nazionale”. Il comitato si è fissato il 2026 come l’anno in cui avere la struttura definitiva per poter proporre azioni concrete.