Ticino e Grigioni

Il Cerro Torre ed il “mal di Patagonia”

Il documentarista Fulvio Mariani e l’alpinista Franco De Marchi ci sono stati parecchie volte e raccontano a Prima Ora come è cambiata questa mitica montagna negli ultimi 40 anni

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13:43

Giornata internazionale della montagna

Prima Ora 11.12.2025, 18:00

Di: joe.p. 

È una delle vette più difficili e anche più ambite dagli scalatori di tutto il mondo. Si trova al confine tra il Cile e l’Argentina in Patagonia. Si tratta del Cerro Torre. Ne ha parlato giovedì Prima Ora perché è la Giornata internazionale della montagna. E perché proprio 40 anni fa - esattamente - avveniva la prima ascesa in solitaria del Cerro Torre. E veniva compiuta da un ticinese: Marco Pedrini. Con lui però c’era anche un altro ticinese: il documentarista e regista Fulvio Mariani.

“Sono ricordi che rimangono, sono indelebili. Perché con quel film - afferma Mariani a Prima Ora - abbiamo fatto un’impresa che correva su due binari un po’ paralleli: io era occupato a fare il mio lavoro, Marco invece con la sua impresa. E per me, come cineasta e come realizzatore di film di montagna, tutto quello è nato proprio grazie a quel lavoro. Da quel momento in poi ho iniziato a produrre in forma indipendente tutti i film che sono seguiti in questi ultimi 40 anni. Quindi ne ho un ricordo assolutamente non cancellabile”.

Fulvio Mariani e Franco De Marchi

Fulvio Mariani e Franco De Marchi

  • RSI

“Marco - prosegue Mariani - ha compiuto un’impresa straordinaria, un’impresa che andava controcorrente, in maniera scanzonata. Ha scalato il Cerro Torre in maglietta e con delle felpe, cosa che non era mai successa prima. Io sicuramente ho dato un bel colpo di spugna alla retorica del cinema di montagna che fino a qualche anno prima si divertiva a fotografare i fondi schiena degli alpinisti in maniera elegante, ma non saliva sulle montagne a raccontare i film e le imprese in questa maniera. E infatti quel film poi ha fatto la sua strada e la sta tutt’ora facendo. Questa è la cosa più sorprendente, perché sono passati 40 anni”.

La vetta del Cerro Torre in Patagonia

La vetta del Cerro Torre in Patagonia

  • Wikipedia

Le immagini e le parole del film (vedi nel video allegato, ndr) mostrano un grande rispetto per la montagna. “Beh - proegue Mariani - se non hai rispetto per le montagne quando fai questo tipo di lavoro, ti fai solo del male. E ahimè, a Marco è capitato anche perché forse era andato un pelo oltre in un certo momento della sua vita”.

Pochi mesi dopo Marco Pedrini è infatti morto sul Monte Bianco. “Era un’altra impresa solitaria - ricorda Mariani - e Marco rispettava la montagna, ma se non hai un approccio legato un po’ alla paura, la montagna può diventare assolutamente pericolosa”.

In Patagonia ci è andato pure Franco De Marchi. “Sì - afferma De Marchi a Prima Ora - ho avuto la fortuna di scalare sia il Cerro Torre che il Monte Fitz Roy. Da quelle parti il tempo gioca il ruolo più importante. E noi, dopo due mesi di permanenza, grazie a due giorni di bel tempo, abbiamo fatto la vetta”. Dalla scalata di Pedrini erano passati meno di due anni.

Ho avuto la fortuna di scalare sia il Cerro Torre che il Monte Fitz Roy. Da quelle parti il tempo gioca il ruolo più importante. E noi, dopo due mesi di permanenza, grazie a due giorni di bel tempo, abbiamo fatto la vetta

Franco De Marchi, alpinista

La Patagonia, per tanti alpinisti, è una sfida che si ripete più volte. “Indubbiamente sì - dice Fulvio Mariani - perché sono montagne che sono in testa alla classifica delle frequentazioni. Molti alpinisti si cimentano su queste montagne. Oggi sono anche un po’ più comode ed accessibili. Però questo non ha tolto niente al fascino delle arrampicate della Patagonia e alla sfida del viverla, perché è un territorio insidioso con venti e maltempo e quindi bisogna essere capaci a scegliere il momento giusto, capire qual è la finestra di bel tempo che ti permette di poter fare un’impresa”. 

Con il “mal di Patagonia”, perché entrambi ci sono tornati tante volte. “Sì, io ho cominciato nel 1987 e fino al 2004 ci sono andato più o meno tutti gli anni”, conferma De Marchi. “Oggi su queste montagne, come sul Cerro Torre, ci sono tantissime vie. La capacità degli alpinisti, che oggi sono dei veri atleti, è aumentata. E anche le possibilità offerte dal materiale è ben diversa da quella offerta degli anni ‘80”.

Oggi queste montagne rimangono selvagge. Però hanno la fortuna di avere un villaggio di quasi 6’000 abitanti a 15-20 chilometri dall’attacco delle pareti. E questo sicuramente ha cambiato le regole del gioco

Fulvio Mariani, documentarista e regista


Come è cambiata la montagna in 40 anni? “Lì è cambiata tantissimo - conclude Mariani - perché quando siamo andati noi, con Franco, non c’era un villaggio alla base delle montagne. Eravamo a più di 300 chilometri dall’ultimo insediamento. E quindi qualsiasi cosa era distante. Inoltre non esisteva la comunicazione. Non esisteva internet. Non esisteva nessun tipo di comunicazione possibile e quindi eravamo di fronte a delle montagne remote e selvagge. Oggi rimangono selvagge. Sono sempre montagne molto difficili, che però hanno la fortuna di avere un villaggio di quasi 6’000 abitanti a 15-20 chilometri dall’attacco delle pareti. E questo sicuramente ha cambiato le regole del gioco”. 

“Non vorrei dire che è più facile - conclude De Marchi -, però... Racconto un aneddoto: nel 1987, quando ci siamo presentati al militare che ci ha chiesto i passaporti ci ha chiesto: “Quanto restate? Due mesi? Ok. Se fra due mesi ritornate bene, sennò mandiamo i passaporti all’ambasciata”. Se ti facevi male... Adesso è un po diverso: sei ti fai male c’è gente che corre e ti aiuta. Oggi è cambiato un po’ tutto. L’approccio, non devo dire che è meno avventuroso, ma è un po’ diverso”.

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