Nella rovente estate del 1971 Ascona fu scossa da una notizia che fece il giro d’Europa: Wilhelm Geuer, sedicente Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta, venne arrestato con l’accusa di omicidio. La vittima era Egon Zylla, un facoltoso tedesco che aveva deciso di ritirarsi in Ticino.
Il ritrovamento del corpo
Il 18 settembre 1971, a Monte Brè sopra Locarno, un odore nauseabondo attirò l’attenzione di alcuni viandanti. Si scoprì un sacco di juta da cui spuntava una scarpa. All’interno, il corpo di un uomo in abito elegante, senza documenti né orologio, con la testa avvolta in un sacco di plastica e una calza da donna stretta al collo. L’identificazione fu difficile a causa dello stato di decomposizione, ma un’etichetta “Egon Zylla” cucita nei pantaloni fornì un indizio cruciale.
La vittima: Egon Zylla
La vittima era un ricco commerciante d’auto tedesco, vedovo e solo. Dopo aver venduto tutti i suoi beni in Germania per circa 3 o 4 milioni di franchi, si era trasferito ad Ascona con l’intenzione di investire in una villa. In una realtà a lui sconosciuta, senza grandi relazioni, divenne un “nottambulo”, frequentando bar e locali notturni. Era noto per la sua generosità, distribuendo banconote da 1’000 franchi e regalando gioielli e pellicce per un valore di decine e decine di migliaia di franchi.
I truffatori e l’Ordine fasullo
Wilhelm Geuer e Gisela Kemperdick, sua complice, erano fuggiti dalla Germania per sottrarsi a indagini giudiziarie e problemi fiscali legati a traffici illeciti di armi, oro e opere d’arte. In Ticino, crearono un finto Ordine di Malta, un “passepartout” per entrare nei circoli più esclusivi e truffare ricchi personaggi, come la famiglia Hasselblad e il principe Maynard von Essen. Chiedevano fino a 30’000 franchi per l’assegnazione di titoli onorifici.
L’inganno e la manipolazione
Il primo a sfruttare la vulnerabilità di Zylla fu Romolo Stoppini, un italiano cresciuto nella Svizzera tedesca. Lo incontrò in un locale notturno e, approfittando della sua ubriachezza, gli sottrasse 188’000 franchi e diversi oggetti di valore. Successivamente, Geuer e Kemperdick presero di mira Zylla, vendendogli opere d’arte false e isolandolo progressivamente.
Quando i figli di Egon Zylla, Marion, Petra e Stefan, avviarono una pratica di interdizione per salvare il patrimonio del padre, la coppia di truffatori intensificò la manipolazione. Convinsero Zylla a ipotecare la sua villa per 600’000 franchi e a firmare un contratto che garantiva a Gisela Kemperdick un diritto di usufrutto a vita, annullando i testamenti precedenti. Geuer si autoproclamò tutore di Zylla, assumendo una badante per sorvegliarlo.
L’omicidio e l’indagine
Egon Zylla, ormai consapevole di essere stato derubato di tutto, cercò di uscire dalla situazione. Geuer e Kemperdick ordinarono a Stoppini di eliminarlo. Stoppini ingaggiò Wolfgang Manser, un uomo con un passato difficile, già condannato per omicidio a Basilea.
La sera del 20 agosto 1971, Zylla fu attirato a “Casa Gufo” a Gordola con la scusa di una serata erotica. Lì, Manserlo strangolò con una calza da donna. Il corpo, nascosto in un sacco, fu gettato in un burrone, ma un errore di Manser fece sì che si fermasse a pochi metri dalla strada, facilitandone il ritrovamento.
Le prove non sono state distrutte
L’indagine fu complessa. Il corpo, degradato, fu identificato grazie all’etichetta sui pantaloni. Le tecniche forensi dell’epoca erano rudimentali, come testimoniato dalla preziosa “scatola” di documenti della polizia scientifica, sopravvissuta ai decenni e a due traslochi. Un importante pezzo della storia ticinese ritrovato negli archivi della polizia che la trasmissione Storie della RSI ha potuto analizzare con Giancarlo Santacroce, attuale capo della polizia scientifica.
La scatola degli archivi contiene reperti accuratamente conservati, lastre fotografiche che ritraggono gioielli, frammenti di prove indiziarie, fogli di carta filigranata del fasullo Ordine, e una mappa originale del luogo del delitto.
Riemergono così pezzi del passato del Ticino, tanti dettagli sul caso e il modo di lavorare della polizia di allora. D’altronde “Il caso Zylla è uno di quelli che in Ticino ha fatto la storia un po’ delle scienze forensi, del lavoro di polizia scientifica” ricorda Giancarlo Santacroce, protagonista del documentario con l’ex procuratore Luciano Giudici (autore anche di un libro sulla vicenda) e i giornalisti Eugenio Jelmini e Yvonne Bölt.
Il “processo del secolo”
Romolo Stoppini fu il primo a cedere durante gli interrogatori, confessando di aver ricevuto l’ordine di eliminare Zylla dai due tedeschi. Geuer tentò di costruire un alibi “troppo perfetto” con una ricevuta di un taxi, ma il tassista lo smentì quanto all’ora del viaggio, rivelando la falsità.
Il processo si tenne tra il novembre e il dicembre 1973. Definito “del secolo” dal procuratore Luciano Giudici, attirò un’enorme attenzione mediatica. Le scale del tribunale di Locarno erano gremite di persone in attesa di entrare nell’aula. Giudici ricorda ancora oggi la tensione vissuta prima della requisitoria, durata ore. La coppia Geuer-Kemperdick (poi convolata a nozze) professò sempre la propria innocenza, ma la tesi dell’accusa, basata su un’attenta ricostruzione indiziaria, prevalse e venne confermata anche negli anni seguenti dal Tribunale federale chiamato ad esprimersi sulle istanze di revisione presentate.
Il “Caso Zylla”, con il suo intreccio di ricchezza ostentata, invidia sociale e un “clima di esclusività peccaminosa” come ricordato da Eugenio Jelmini, divenne una narrazione che superò il crimine stesso, trasformandosi in un “giallo di successo” che anche a distanza di oltre mezzo secolo affascina e può riservare qualche sorpresa.
Adattamento web: Diem
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