Ticino e Grigioni

L’accordo sui dazi USA e l’incertezza per l’economia ticinese

La riduzione dei dazi (dal 39% al 15) allevia in parte la pressione sulle imprese ma c’è una contropartita: i 200 miliardi di investimenti negli USA chiesti da Trump. Tra le domande: si taglierà in Svizzera per portare lavoro oltreoceano?

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Un manifesto di Donald Trump campeggia sul Dipartimento dell'agricoltura, a Washington DC (16 maggio 2025)
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SEIDISERA del 15.11.2025 - Accordo sui dazi USA, le reazioni dell’economia ticinese - Il servizio di Luca Berti

RSI Info 15.11.2025, 18:34

  • Keystone
Di: SEIDISERA-Luca Berti/M. Ang. 

L’intesa trovata tra Stati Uniti e Svizzera sulla riduzione dei dazi (dal 39% al 15%) allevia la pressione sulle imprese, almeno in parte. Un abbassamento ricercato attivamente da Berna sin dal 1° agosto, quando il presidente statunitense Donald Trump aveva imposto alla Confederazione le tariffe più alte di tutti i Paesi occidentali. Ora il nuovo livello dei dazi pone la Svizzera sullo stesso piano dell’Unione Europea. 

“Tornare al livello del 3% come era prima delle nuove proposte di Trump era illusorio. Quindi credo che il fatto di essere messi allo stesso livello dei Paesi dell’Unione Europea sia già una cosa abbastanza positiva dal punto di vista della concorrenza”, spiega ai microfoni di SEIDISEA della RSI, Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio ticinese.

Intanto però le aziende in Svizzera hanno dovuto sopportare tre mesi di dazi al 39%. Con quale impatto? “A oggi è difficile fare una valutazione esatta dell’impatto che hanno avuto, però è chiaro che c’è stata una difficoltà superiore che ha portato a un rallentamento delle attività verso gli Stati Uniti. Questo è un fatto”, sottolinea Albertoni.

Tra chi si è scontrato con queste difficoltà in Ticino c’è la Chocolat Stella di Giubiasco, che prima dei dazi esportava il 20% della sua produzione verso gli Stati Uniti e ha visto ristagnare nei magazzini una quarantina di palette. Si tratta di cioccolato prodotto su commissione, con ricette e imballaggi personalizzati, quindi difficili da rimpiazzare altrove. “È da mesi che siamo in continue trattative, con alcuni abbiamo ottenuto dei risultati provvisori, suddividendoci questi importanti dazi, con altri questo accordo non era ancora stato trovato. Speriamo quindi di poter spedire la merce nel corso delle prossime settimane”, dice Alessandra Alberti, direttrice dell’azienda. Il tutto però, dovendo considerare i tempi di spedizione e la possibilità di mancare il redditizio mercato di Natale. “Quando è possibile mandiamo tutte le nostre produzioni via nave, quindi si calcola circa un mese di trasporto. Quando qualcosa è urgente, poi viene organizzato via aerea. Però i costi sono più importanti. Quindi sarà da discutere anche questo aspetto con i nostri clienti”, sottolinea Alberti. Dopo la riduzione dei dazi c’è dunque soddisfazione, ma solo moderata. “Bisogna dire che anche il 15% è comunque molto importante e penalizza già la nostra esportazione verso gli Stati Uniti”, dice la direttrice..

Si cercano quindi anche altri mercati, sempre però facendo i conti con il tasso di cambio sfavorevole. Il franco forte pesa anche sull’industria farmaceutica. “Questa è una vera problematica, più che i dazi. Il franco forte, che ieri ha toccato i minimi dopo la conferenza stampa del Consiglio federale, è la vera sfida per ogni singola azienda, che sia farmaceutica o non”, dice Piero Poli, presidente di Farmindustria Industria Ticino. Per il resto la farmaceutica rimane attendista. “Di fatto si va avanti come prima, perché ancora c’è incertezza. Non sappiamo ancora né se il farmaco sia esentato, né in quale modo, quali sono le categorie di farmaci o di principi attivi che sono esentati. Al momento andiamo esattamente come ieri”.

Intanto le imprese svizzere, come contropartita nell’accordo, hanno promesso 200 miliardi di franchi di investimenti negli Stati Uniti. Secondo Luca Albertoni c’è preoccupazione sul fatto che esista il rischio che si tagli in Svizzera e in Ticino per portare lavoro oltreoceano. “Una preoccupazione c’è, è inutile negarlo. Occorrerà capire cosa significano questi 200 miliardi, se sono investimenti che erano già previsti. Bisogna capire se a saldo valeva la pena sacrificare determinate cose per avere queste diminuzioni sui dazi. Al momento è difficile valutarlo, però è innegabile che una preoccupazione in questo senso c’è”.

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Dazi, c'è moderata cautela

Il Quotidiano 15.11.2025, 19:00

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