Si prova un enorme senso di colpa per quello che subisci, ti senti in difetto, provi vergogna, ti senti sbagliato. Ti poni domande su te stesso; qualche volta mi chiedevo “ma io ho diritto di vivere o è meglio che io muoia?”
Sono le parole di Sirio* nel ricordare quanto subíto al collegio Don Bosco di Maroggia nei primissimi anni 2000. Sirio aveva attorno ai 13 anni e lì frequentava le scuole medie.
“Sentire la storia di Bruno mi ha fatto sentire meno solo”
Il nostro incontro parte da una serie di eventi che sono l’uno la conseguenza dell’altro. Nel 2023 l’Università di Zurigo pubblica uno studio in cui denuncia più di mille casi di abusi sessuali avvenuti all’interno della Chiesa cattolica. Qualche mese più tardi ci contatta Bruno*; desidera raccontarci l’abuso vissuto quasi 60 anni prima (a metà degli anni ’60), al collegio Don Bosco di Maroggia. Bruno era un ragazzino di undici anni quando un prete abusò di lui.
“Mi auguro che il mio racconto possa aiutare le persone che hanno subíto violenze o aggressioni o abusi durante l’infanzia, mi auguro che possano trovare la via per parlare anche loro”; questo era l’auspicio che ci aveva confidato Bruno dopo aver rilasciato la sua testimonianza.
E in effetti è stato così. Dalla pubblicazione della sua testimonianza, altre persone si sono rivolte a noi. Quella che vi proponiamo oggi è la storia di Sirio che afferma: “il clic me l’ha fatto fare Bruno, mi ha fatto sentire meno solo”.

L’abuso di una notte, la sofferenza di una vita
RSI Il mondo là fuori 01.03.2024, 15:00
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“Entrai in aula e vidi il docente violentare una ragazza”
Il calvario di Sirio - “il periodo più brutto della sua vita” - inizia un giorno come tanti, quando assiste a una scena che segna per sempre la sua vita. “Ero entrato in aula per prendere la felpa che avevo dimenticato, quando ho visto il docente sulla ragazza”. Si trattava di un abuso sessuale, precisa, anche se gli costa molta fatica parlarne. Da quel giorno Sirio diventa bersaglio delle angherie del docente, spalleggiato da un gruppo di ragazzi che gli reggevano il gioco, “forse per paura di diventare vittime a loro volta”, ipotizza lui.
Una volta una ragazza gli promette un bacio nell’aula del teatro, dalle tende rosse e polverose di cui Sirio ricorda ancora l’odore, mentre ci racconta l’episodio, proprio lì, al Don Bosco, luogo in cui non tornava da quei fatti, da quasi 25 anni. Sirio cade nella trappola: quando arriva nella sala, viene accerchiato dal gruppo di giovani che orbitava attorno al docente abusante, lo picchiano selvaggiamente. Riesce a correre fuori, ma la sua fuga viene presto bloccata da un filo di ferro teso attorno al collo. I suoi ricordi a riguardo sono confusi.
Ne porto tuttora i segni e adesso che ne parlo, guardando anche il luogo, sento ancora il collo e le mani sporche di sangue.
Non volevano che parlasse, questa è la sua interpretazione, e hanno tentato a più riprese di intimidirlo. E anche quando Sirio raccoglie il coraggio e si confida con la nonna, non viene creduto.
“Carnefici e angeli custodi”
La sua vulnerabilità però è evidente, tanto che sono in molti ad accorgersene, alcuni animati da buoni intenti, altri no.
Un compagno avrebbe offerto protezione, ma col pagamento del pizzo, e non erano soldi. Chiedeva in cambio prestazioni sessuali, dal rapporto orale alle masturbazioni. Io rifiutai, ma mi è capitato più volte di dover guardare. Bloccava la porta di uscita e si masturbava. Io ero completamente bloccato dalla vergogna, dalla paura, dallo schifo e dallo shock.
Episodi che si ripercuotono ancora oggi nella vita di Sirio, che reputa impossibile fidarsi di un uomo “proprio a causa di quello che ho visto e vissuto, farò sempre fatica a non averne schifo”.
Fortunatamente ebbe anche degli angeli custodi; Sirio si commuove nel ricordarli. Il cuoco, il suo aiutante, l’infermiere e il compagno Giulio. Tutte persone che gli hanno dato una mano quando frequentava il Don Bosco e quasi quotidianamente era esposto a vessazioni più o meno gravi.
Un sistema basato sui soprusi
Sirio si è rivolto alla Commissione della Chiesa Cattolica svizzera per capire se abbia diritto a un risarcimento. La Commissione riconosce la sua sofferenza, ma non essendo stato direttamente vittima di un abuso sessuale in senso stretto, non soddisfa i criteri per poter ottenere un indennizzo. Bussa quindi alla porta dell’Ispettoria salesiana lombardo emiliana, da cui dipendono anche i salesiani ticinesi. È ora in attesa di una risposta e di un possibile incontro.
Parla anche con coloro che stanno proseguendo le ricerche per l’Università di Zurigo, disponibili all’ascolto di nuove testimonianze, e raggiungibili all’indirizzo e-mail ricerca-abusi@hist.uzh.ch.
La storia di Sirio al Don Bosco di Maroggia è di inizio anni 2000. Quella di Bruno risale a metà degli anni ‘60. In questi mesi abbiamo seguito altre vicende - spalmate negli anni - che hanno punti in comune fra di loro e che si svolgono al Don Bosco di Maroggia o in altri istituti salesiani. Dalle loro parole - al di là degli episodi estremi di cui abbiamo già riferito - emerge un sistema collaudato, basato spesso su soprusi e sulla mancanza delle regole di empatia più elementari. I metodi erano sbrigativi, a volte violenti sia fisicamente sia psicologicamente; gli abusi sessuali ne erano la manifestazione più estrema.
*Nome di fantasia, identità nota alla redazione
https://rsi.cue.rsi.ch/info/ticino-grigioni-e-insubria/L%E2%80%99abuso-di-una-notte-la-sofferenza-di-una-vita--2084397.html











