Dopo la ricostruzione del caso fatta martedì, stamani (mercoledì) sono arrivate le richieste di pena per il massaggiatore che truffava clienti e amici e per la sua presunta complice. L’accusa ha chiesto 4 anni e mezzo di carcere per l’uomo e 2 anni e 11 mesi per la donna. Gli avvocati difensori hanno provato a ribaltare, in parte, la situazione. Il Quotidiano ha seguito questa seconda giornata di processo, dove non sono mancati i colpi di scena.
Una cosa è certa: 18 persone hanno perso i loro risparmi. Sono infatti oltre 600’000 i franchi sottratti dal 54enne italiano, che proponeva ai malcapitati investimenti in borsa, mai realizzati. Ma se truffa c’è stata, l’avvocata Rosa Maria Cappa ha comunque chiesto alla Corte di commisurare la pena. A suo parere, le vittime - con un minimo di precauzione - si sarebbero potute accorgere della falsità dei documenti a loro forniti, dei racconti fantasiosi dell’uomo (massaggiatore sedicente esperto di finanza, titolare di una società inesistente). Sarebbe bastata una semplice ricerca nel registro di commercio.
Per la difesa, poi, non sussistono neppure i reati di falsità in documenti e di riciclaggio di denaro, perché non ci sono documenti veri e propri e perché i soldi erano destinati solo a consumo personale. Inoltre, l’uomo ha collaborato e ha ammesso quasi tutti gli episodi contenuti nell’atto d’accusa. I 4 anni e mezzo di carcere chiesti dalla procuratrice pubblica Francesca Nicora sono stati perciò considerati sproporzionati: secondo l’avvocata della difesa Cappa, bastano 20 mesi.
Veniamo alla presunta complice: una donna italiana di 50 anni, chiamata in causa dall’imputato, ma che si professa innocente. Per l’avvocato che la difende, Daniel Ponti, lei è una vittima che, per amicizia, creava documenti ad hoc con gli investimenti in borsa dei clienti dell’uomo. Il legale ha presentato in aula alcune chat su whatsapp, che a suo dire provano la buona fede della donna. Per la difesa, poi, i due ruoli di complice e vittima non possono convivere: la donna e il marito infatti avevano versato circa 100’000 euro sul conto dell’imputato. Credevano negli investimenti e non c’è prova che avesse preso soldi per la documentazione falsa che allestiva. L’avvocato chiede perciò il proscioglimento da tutti i reati.
I difensori sono pure andati oltre e chiedono un indennizzo: per l’uomo, per aver sofferto già troppo carcere (oltre due anni); per la donna, per essere stata coinvolta in un procedimento definito “ingiusto”. La Corte si esprimerà sul caso la settimana prossima.










