Ticino e Grigioni

Scacco al latitante, il caso risolto tra Svizzera e Italia

Il commissario capo della questura di Verbania Gilberto Capparella: “L’efficacia degli accordi bilaterali e del mandato d’arresto europeo nella cattura del ricercato”

  • Ieri, 19:45
  • 52 minuti fa
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Arresto di un ticinese ricercato in Italia: come operano le pattuglie miste

SEIDISERA 06.11.2025, 18:00

Di: Luca Berti-SEIDISERA/joe.p. 

Negli scorsi giorni in Ticino è stato fermato un 58 enne residente nel Locarnese che nel 2019 era stato condannato in via definitiva in Italia a tre anni di carcere per abusi su una minorenne. Oltre confine è considerato latitante mentre in Ticino vive. L’arresto è avvenuto nella periferia di Locarno durante un controllo stradale congiunto tra Guardie di confine e Polizia italiana. Una pattugliamento misto che viene eseguito regolarmente da entrambe le parti del confine, che questa volta ha accorciato questioni burocratiche.

Questo almeno è quanto racconta a SEIDISERA il commissario capo della questura di Verbania Gilberto Capparella, partendo proprio da quanto questa procedura - che ha coinvolto una pattuglia congiunta, fatto del tutto inusuale - abbia in qualche abbia semplificato le operazioni.

“Le ha semplificate molto - spiega Capparella - perché la pattuglia svizzera operando proprio in un territorio frequentato dal soggetto cercato diciamo ha creato le condizioni per delle scorciatoie operative che poi hanno determinato le condizioni per poter assicurare il soggetto alle forze dell’ordine. Chiaramente è uno strumento che non tutti hanno. Ma nel momento in cui se ne dispone è risultato veramente utile poter utilizzare gli operatori in maniera congiunta e quindi sfruttare al meglio questa possibilità nell’ambito e nei limiti degli accordi bilaterali precedentemente concordati e scritti”.

Questo vuol dire, fondamentalmente, che la persona ricercata aveva una vita abitudinaria, all’interno del comprensorio in cui potete operare congiuntamente?

“Sì e questo non è un caso comune perché il soggetto avrebbe potuto tranquillamente operare in altre città, per esempio della Svizzera interna. Sarebbe quindi stato al di fuori dell’area di competenza della pattuglia mista, che in questo caso ha potuto ben sfruttare la territorialità offerta dalla convenzione bilaterale”.

Qualcuno allora potrebbe chiedersi: perché ci sono voluti sei anni (e anche più) per arrivare a questa soluzione?

“Si è visto da subito - aggiunge Capparella - che era stata diramata una ricerca in ambito Schengen. Era una ricerca che non aveva portato a grandi risultati. Era una ricerca di individuazione del domicilio. Peraltro queste sono delle segnalazioni che sono soggette a scadenza e devono essere rinnovate. Ecco che, nell’ambito di questo impulso che la locale Procura della Repubblica ha voluto dare per cercare di arrivare a una definizione di questa posizione, ci si è accorti della opportunità di poter estendere questa segnalazione a un vero e proprio mandato di arresto europeo. E questo ha un po’ cambiato le sorti di questa segnalazione, inserendo un vero e proprio mandato di cattura in ambito europeo”.

Nel concreto, come si è arrivati alla realizzazione dell’operazione sul campo? Come si è svolto l’arresto?

“Le informazioni di cui eravamo in possesso e quelle che sono state fornite all’esito delle attività di monitoraggio hanno permesso di disegnare la quotidianità del soggetto, capirne le abitudini, gli orari, i movimenti e permettere di poter utilizzare lo strumento che si ha a disposizione, che è quello di un normalissimo controllo stradale, per poter accertare la presenza dell’interessato nei punti ammessi dagli interventi congiunti. Questo ha determinato la possibilità di raggiungere l’obiettivo con semplicità. A monte sottende però un grande lavoro di preparazione. La semplicità dell’intervento potrebbe ingannare. Alla fine gli siamo stati dietro quasi un mese. Oggi lo possiamo dire”.

Un’operazione semplice, quali però le complicazioni?

“Non è sempre così scontato - conclude Capparella - che ad un ordine emesso dall’autorità giudiziaria segua immediatamente un risultato, quasi come scattasse un automatismo. Non è così all’interno dell’apparato italiano. E a maggior ragione la compartecipazione di più Paesi comporta la necessità di dover ben collimare tutti gli aspetti tecnico-giuridici ed amministrativi che ci sono alla base degli accordi. In questo caso ha funzionato tutto. Ha funzionato la preordinazione dell’intervento congiunto. E ha funzionato la preparazione tecnica dell’intervento congiunto andando a studiare i dettagli che potessero anche minimamente rappresentare un pregiudizio per il buon esito del dell’operazione”.

Queste dunque le considerazioni a SEIDISERA del commissario capo della questura di Verbania Gilberto Capparella sull’operazione e su come si è svolta. Il caso è evidentemente internazionale e coinvolge un cittadino svizzero in Svizzera, bisognerà quindi capire come evolverà.

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