In Svizzera ci sono 38 mila siti inquinati, pari a 225 chilometri quadrati ed è praticamente la superficie del Canton Zugo. Ben 4 mila sono da risanare e nella metà dei casi, la contaminazione è opera di ditte chiuse o ancora in funzione in cui sono state usate sostanze pericolose per l’ambiente. Il Ticino non è da meno, anzi. A sud delle Alpi, l’industria è responsabile di quasi 3 inquinamenti su 4 (il 72%). Ci sono 1’740 “località ferite”.
Gravi, anzi gravissimi
In Ticino ci sono 14 località che necessitano di un risanamento ai sensi della legge. Li vediamo in questa cartina.
Vanno dallo stand di Muggio, a un deposito di catrame sul fondale del Ceresio a Paradiso, passando per il Pozzo Polenta di Balerna fino a un bel mucchio di rottami a Pollegio. E il più delle volte sono situazioni figlie di un Ticino industriale che aveva poco rispetto dell’ambiente, che risale agli anni ‘50-’60, quando non c’era ancora la legge sulla protezione dell’ambiente che è venuta solo nel 1985. Questo significa che ora stiamo mettendo delle pezze all’incuria del passato, anche perché i responsabili sono falliti, sono insolventi o deceduti e le società sono state radiate dal registro di commercio.
Inquinamenti privati, risananamenti pubbici
Risanare i terreni, nei quattro casi più gravi, costerà al Cantone più di 45 milioni di franchi. L’ultimo credito approvato dal Parlamento, a settembre, è stato quello da 11 milioni di franchi per bonificare i terreni dell’ex Galvachrom a Rivera/Monteceneri, che si trovano a ridosso della ferrovia. La ditta fu attiva tra il 1948 e il 58 e produceva sali di acido cromico. Nelle acque sotterranee è finito il cromo esavalente, che è cancerogeno. I lavori inizieranno l’anno prossimo.
I responsabili non sono più reperibili
“Si tratta di inquinamenti che vengono dal passato, quando la legislazione ambientale era ancora inesistente”, precisa Nicola Solcà, responsabile della Sezione ticinese della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo, intervistato durante Il Quotidiano. Tra i siti da risanare ci sono vari “livelli di gravità”, e “solo un piccolo sottoinsieme di questi numeri è la priorità”, ribadisce l’esperto. I numeri riguardano “industrie che sono classificate come contaminate anche solamente in base alla loro posizione”, soprattutto perché sono in una zona di protezione delle acque. Il Mendrisiotto risulta particolarmente colpito “a causa della sua geologia carsica e le falde vulnerabili”, commenta Solcà.
In passato mancavano sensibilità e legislazione per evitare che queste situazioni accadessero. Nella maggior parte dei casi, inoltre, “i responsabili non sono più reperibili e l’ente pubblico deve far fronte ai costi di risanamento”, che costeranno al Ticino 45 milioni di franchi. Un ambito complesso da regolamentare e che chiede un continuo adeguamento delle norme ambientali.