Le guardie di frontiera cinesi installano sistemi di controllo sui telefoni dei turisti a loro all'insaputa. È quanto sostiene un’inchiesta pubblicata martedì sul quotidiano britannico The Guardian, realizzata in partnership col New York Times, la Süddeutsche Zeitung, l'ONG Privacy International e altri.
Alla dogana di Irkeshtam, tra il Kirghizistan e la provincia cinese dello Xin-jiang, le guardie di confine avrebbero requisito degli smartphone installandovi un software che permette di estrarne mail, messaggi, contatti e altre informazioni personali.
Il controllo capillare sull'etnia musulmana degli uiguri nel territorio a nord ovest del paese non è una novità: qui le autorità cinesi già spiano con telecamere di sorveglianza installate nelle strade e nelle moschee, costringendo inoltre i residenti a scaricare determinate app nel loro smartphone.
Ma è possibile liberarsi dalle app-spia? Secondo Alessandro Trivilini, responsabile del servizio informatica forense della SUPSI, non è così semplice: "La Cina ha già digitalizzato i propri processi creando un ecosistema interlacciato. Anche il controllo dell'istallazione della app potrebbe essere difficile per lo stesso proprietario dell'apparecchio".