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Il nuovo corso della Colombia

Intervista alla neo ministra della cultura, Patricia Ariza, nel giorno dell'insediamento del Governo di sinistra di Gustavo Petro

  • 7 agosto 2022, 18:45
  • 23 giugno 2023, 22:03

SDS 07.08.2022 - L'intervista integrale a Patricia Ariza

RSI Mondo 07.08.2022, 20:44

  • archivio Imago
Di: Andrea Ostinelli / SDS/ redMM

Si sta insediando in queste ore a Bogotà il nuovo governo, quello nominato da Gustavo Petro, primo Capo dello Stato di sinistra della Colombia. Le attese verso il nuovo esecutivo sono alte, in un Paese segnato da decenni di conflitto armato interno, dal narcotraffico e da fortissime diseguaglianze.

A Patricia Ariza, neo ministra della cultura, chiediamo di inquadrare il momento storico in cui comincia questa nuova stagione politica in Colombia.

"Veniamo da una realtà molto dura, in Colombia, siamo stati un paese flagellato dalla violenza, dalla guerra, dallo stigma. Credo quindi che ci sia una coscienza crescente che la Colombia ha bisogno di un cambio. E questo è interpretato dal governo di Gustavo Petro e di Francia Márquez [la sua vice, ndr.]. Un governo molto importante perché è risultato di una lunga lotta, di un vero patto storico. L’intenzione è quella di un cambio fondamentale: arrivare a un’epoca di pace, in cui la vita sia collocata al centro di tutto. Sono stata designata ministra della cultura, e alla vita aggiungo la cultura. Lavoreremo in tutti i ministeri per una cultura di pace. In particolare, nel mio ministero lavoreremo sull’immaginario nazionale e internazionale, affinché la Colombia si lasci alle spalle il tempo della guerra e della violenza: stiamo lanciando un nuovo processo di pace. A questo stiamo lavorando… Oltre che a porci al servizio degli artisti, dei creatori, affinché partecipino da protagonisti a questo cambio".

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Signora ministra, che cos’è per lei la cultura della pace?

"Cultura di pace implica che ci concentriamo tutti nel trasformare un immaginario di guerra in un immaginario di pace. Attraverso azioni concrete, però! Vale a dire, grandi incontri con gli artisti e con le culture delle regioni più discoste, che hanno sofferto il conflitto armato. Lavoreremo con le vittime, per riconoscere dignità alle loro espressioni culturali. Lavoreremo nelle zone flagellate dalla guerra e dalla violenza. Lavoreremo per attribuire agli accordi di pace con le Farc – e ai nuovi accordi che sta prospettando il presidente Petro – una dimensione culturale e artistica. Convocheremo il movimento culturale colombiano – e di tutto il mondo – perché ci aiutino. E tutto questo sarà visibile entro i primi cento giorni del governo del presidente Petro. Una cultura della pace significa tornare a porre la pace nel cuore della società colombiana. Dobbiamo sentirla non soltanto come una necessità politica, economica e sociale, quanto come una necessità affettiva. Abbiamo bisogno della pace per poter fare tutto quanto desideriamo".

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Il neo presidente colombiano Gustavo Petro.

  • Reuters

L’agenda del suo ministero è tutta orientata alla pacificazione della Colombia?

"Non lavoreremo soltanto per la cultura della pace. Svilupperemo una cultura che collochi le arti e gli artisti in una posizione molto importante. Lavoreremo nelle relazioni con altri paesi dell’America Latina per creare vincoli solidali a partire dalla cultura e dall’arte. Lavoreremo per una cultura di rispetto dell’ambiente; privilegeremo le relazioni con l’America Latina e i Caraibi a partire dall’arte e dalla cultura. Lavoreremo sulla ricerca, perché la Colombia non è soltanto quanto si è voluto presentare al mondo – un Paese di violenza e di narcotraffico – la Colombia è una potenza impressionante della diversità culturale. Quindi mostreremo al mondo questa nostra ricchezza culturale ma desideriamo anche ricevere il mondo nel nostro Paese".

Patricia Ariza, lei è una donna di teatro. E ha lavorato in teatro – penso all’esperienza del teatro La Candelaria, di cui è cofondatrice – con e per le vittime del conflitto armato, che per decenni ha funestato la Colombia. Donne e bambini hanno partecipato alle sue opere. Oggi, che cosa sente di dover fare al ministero della cultura?

"Credo che sia un’opera di tutta una vita. Ma il mandato dura 4 anni, quindi dobbiamo lavorare tanto al cambiamento culturale quanto a quello sociale. Perché se non c’è un cambiamento delle mentalità, dell’immaginario, è molto difficile far attecchire tutti gli altri cambiamenti. Per questo abbiamo un compito urgente, legislativo, per far sì che il bilancio della cultura aumenti in modo significativo. Dobbiamo fare leggi che tutelino le arti e la cultura. Naturalmente chiamiamo gl’impresari al rispetto della loro responsabilità sociale… La cosa più importante è che si dia valore alla cultura, e che a partire da quella si riconosca quanto esprimono le zone più discoste della Colombia. C’impegneremo altresì per la formazione culturale e artistica dei bambini e dei ragazzi in tutto il Paese, in lungo e in largo".

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  • Keystone

Se dalla nostra intervista dovesse restare un messaggio in particolare, signora ministra, che cosa vorrebbe che si ricordasse?

"Vogliamo in primo luogo che il cambiamento sia reale. Ma non vogliamo essere soli. Abbiamo bisogno che tutto il mondo cominci a guardare la Colombia in altro modo. Che grazie alla cultura e all’arte, vengano a guardare e ad appoggiare questo cambiamento. A lavorare con noi. Perché la pace della Colombia è la pace di tutta la regione. E l’integrazione dell’America Latina può passare dall’’ambiente dell’America Latina. Siamo una vera potenza della vita e della natura. Di tutte le forme di vita. Non soltanto della vita umana.: della vita degli animali nella selva, la vita degli alberi, la vita dell’umanità… Tutto quanto faremo in Colombia andrà a favore della preservazione della vita dell’umanità, che è in pericolo per i modelli mercantilisti che hanno dominato il mondo".

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