Mondo

La Libia sotto la lente

L’Onu lancia l’allarme profughi - L'esperta: "Si stanno aprendo nuove rotte"

  • 14 settembre 2017, 00:30
  • 15 settembre 2023, 02:00
Migranti rinchiusi in un centro a Tripoli

Migranti rinchiusi in un centro a Tripoli

  • reuters

Minorenni seviziati, sfruttarti, stuprati, venduti. Questo quanto accade al 77% delle giovani e dei giovani e profughi nei campi di migranti in Libia. L’allarme è stato lanciato ieri da due agenzie dell’Onu, l’Organizzazione mondiale dei migranti (OIM) e l’Unicef, in un rapporto congiunto. Undicimila dei ventiduemila migranti rifugiati in Africa del nord sono appunto minorenni o bambini, e sono in condizioni di “detenzioni terrificanti”. La Libia è un paese centrale per capire il flusso migratorio che giugne sulle coste italiane e poi si spinge alle nostre porte.

Il ministro dell’interno italiano Marco Minniti, ha siglato poche settimane fa accordi con alcuni sindaci libici e con le milizie del paese che hanno ridotto drasticamente gli arrivi in Italia. Accordi però duramente criticati dalle Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

“Quello che dobbiamo chiederci è qual è la reale incisività di queste politiche e soprattutto qual è la durata”, spiega Michela Mercuri, esperta di Nord Africa e Medio Oriente, docente alla Sioi di Roma e all’Università Niccolò Cusano. A breve sarà pubblicato il suo libro Incognita Libia. “Gli arrivi hanno avuto una diminuzione del’80% in Italia, ma ora stiamo andando verso riduzioni momentanee che però potrebbero ripartire da un momento all’altro. Chiusa una rotta se ne aprono altre 10”.

Proprio ieri il ministero dell’interno spagnolo, ha divulgato le ultime cifre. Infatti il numero di arrivi clandestini in Spagna dall’inizio dell’anno è aumentato dell’88% rispetto al 2016 e sono aumentate le partenze da Egitto, Tunisia e Algeria.

Quale può essere dunque la soluzione in Libia, un paese diviso in due da una parte il precario governo di Serraj sostenuto dall’Onu, dall’altra quello di Haftar, frammentato dai clan? “Sicuramente quello che si può fare è puntare – spiega Mercuri – su una politica di stabilizzazione del paese. Non solo con politiche tampone, ma con misure migratorie di lungo periodo grazie a aiuti allo sviluppo sostenibili nel tempo”.

“Oggi se si tampona il business migratorio, i gruppi militari che controllano il territorio tentano di fare affari con il commercio di petrolio nel mercato nero, con la vendita di armi, ma anche con la prostituzione” dice l’esperta. La questione Libia, sarà affrontata domani al consiglio Interni Ue, a cui è prevista proprio la partecipazione del ministro Marco Minniti. “E la Libia è anche centrale in funzione internazionale – conclude Mercuri – la Russia, l’Egitto e la Turchia hanno messo da tempo gli occhi sul paese. E se la Russia si interessa non è solo per il petrolio, ma perché ha bisogno di sbocchi sul mare, perché li si fanno traffici di armi. Stabilizzare questo paese, infine, potrebbe voler dire anche evitare che molti giovani finiscano in gruppi militari o peggio terroristici perché sconfitto l’Isis, al Qaeda si sta riorganizzando. E la minaccia terroristica tocca tutti noi”.

Mattia Pacella


Telegiornale

Telegiornale 13.09.2017, 20:00

Correlati

Ti potrebbe interessare