Mondo

Nel cuore della Silicon Valley

Viaggio in 4 puntate nella zona della California tra i giganti dell’high tech e i laboratori dove si studia l’intelligenza artificiale

  • 17 June 2019, 13:10
  • 9 June 2023, 10:38

Silicon Valley: la mobilità del futuro

RSI Emiliano Bos 17.06.2019, 14:30

Di: Emiliano Bos

La villetta al 367 di Addison Avenue quasi non si nota. È molto simile alle altre. Ma da un cancello si scorge facilmente il garage dove tutto è iniziato. C’è pure una targa commemorativa. In quei pochi metri quadrati nel 1938 William Hewlett and David Packard avviarono il loro business nell’elettronica. Stava nascendo il primo colosso della Silicon Valley. Entrambi avevano studiato a Stanford. Oggi l’Università è l’epicentro scientifico di questa striscia ad altissimo concentrato high-tecnologico. Da San Francisco a Santa Clara. Da Twitter a Facebook, da Yahoo ad Google, solo per citare i soliti noti. E ovviamente Apple, creata in un altro garage a 15 chilometri da questo.

Le tappe del viaggio di Emiliano Bos nella Silicon Valley

  • RG 12.30 del 17.06.2019: la prima tappa del viaggio di Emiliano Bos nella Silicon Valley

    RSI Mondo 17.06.2019, 15:06

  • RG 12.30 del 18.06.2019: La seconda tappa del viaggio di Emiliano Bos nella Silicon Valley

    RSI Mondo 18.06.2019, 14:04

  • RG 12.30 del 19.06.2019: La terza tappa del viaggio di Emiliano Bos nella Silicon Valley

    RSI Mondo 19.06.2019, 23:44

  • RG 12.30 del 20.06.2019: l'ultima tappa del viaggio di Emiliano Bos nella Silicon Valley

    RSI Mondo 20.06.2019, 15:07

Nuovi paradigmi

“Incertezza e velocità sono la nuova normalità” scandisce Reid Hoffman, felpa nera e modi gioviali. È uno dei guru della Silicon Valley, tra i cofondatori di PayPal e Linkedin, oggi siede tra gli altri nel consigli di amministrazione di Microsoft e Airbnb. Lo incontriamo nella sede della società Venture Capital di cui è partner. Da queste stanze ovattate con i quadri d’autore alle pareti si muovono centinaia di milioni di dollari destinati a catapultare una start-up nell’olimpo del successo globale. Come riuscirsi? Hoffman ha teorizzato il cosiddetto “blitzscaling”, per trasformare un’idea innovativa nella garanzia di un ritorno miliardario per gli investitori. Ma bisogna correre, fare in fretta e sfidare il rischio di fallimento, avverte questo aruspice della New economy (ormai non più troppo nuova). Qui nella Silicon Valley tutti corrono. Chi insegue il successo economico, chi quello scientifico. A partire dall’intelligenza artificiale, nuova frontiera di questa “valle” orlata da un lato dalle colline che sorgono a ridosso del Pacifico, e dall’altro dalla Bay, la baia che qui nessuno chiama per nome perché tutti lo conoscono.

Intelligenza artificiale ma "umana"

“Ho avuto una conversazione molto interessante con Fei-Fei Li” ha scritto di recente su Twitter Bill Gates. Anche noi pochi giorni prima – insieme ad alcuni colleghi giornalisti - avevamo avuto un incontro davvero interessante con lei. È una scienziata informatica nota per i suoi studi sulla “computer vision”. Dopo aver diretto per anni il Laboratorio sull’intelligenza artificiale all’Università di Stanford, pochi mesi fa ha lanciato un nuovo istituto. “Per condividere regole e riflessioni sull’uso dell’intelligenza artificiale e anticipare le domande del futuro” ha spiegato Fei-Fei Li, che è la condirettrice insieme al filosofo John Etchemendy. Insieme hanno creato l’ “Istituto per l’intelligenza artificiale centrata sull’umano”. L’idea è già stata sottoscritta da oltre 200 docenti di questo prestigioso ateneo: mettere l’uomo al centro del microchip. L’umanità come misura di tutti gli algoritmi, in un momento – dicono i due codirettori – caratterizzato dalla forza trasformativa del cosiddetto “machine learning”. Gli scienziati di Stanford ci provano: vorrebbero diventare un luogo di dibattito per definire un’epistemologia dell’intelligenza artificiale. Ma tanti, troppi soggetti – è la loro velata preoccupazione – non sono pronti a condividere studi e ricerche. La Cina in primis, anche se nessuno lo dice davanti a un microfono.

Silicon Valley: JackRabbot, un “robot social”

RSI Emiliano Bos 17.06.2019, 14:30

Il robot social e il subacqueo informatico

L’ecosistema della Silicon Valley germoglia intorno ai viali soleggiati dell’Università di Stanford. Ricercatrici e ricercatori giovanissimi. Moltissimi in arrivo dall’Asia, una percentuale prevalente di cinesi.

Da questo ateneo transitano idee e innovazioni. Nei locali del laboratorio di “Artificial Intelligence” il coordinatore Roberto Martin-Martin ci mostra “JackRabbot” un robot “social” creato per l’interazione con l’uomo. E che magari tra qualche anno troveremo in un aeroporto a sostituire il personale di terra con in mano un cartello indicante numero di volo e destinazione.

Il professor Oussama Khatib e il suo simulatore per scandagliare i fondali marini usando l’intelligenza artificiale

Il professor Oussama Khatib e il suo simulatore per scandagliare i fondali marini usando l’intelligenza artificiale

  • RSI Emiliano Bos

Dall’altro lato di questo locale dove paradossalmente il wi-fi funziona poco, incontriamo il professor Oussama Khatib, siriano di nascita, naturalizzato statunitense e con cittadinanza francese. Ci fa provare orgoglioso il suo simulatore subacqueo: una sorta di joystick riproduce sul palmo della mano la granulosità del fondale marino in cui si muove. Intorno al grande schermo, giovani assistenti. Ma soprattutto atmosfere rilassate, biciclette appoggiate alle scrivanie dentro gli uffici e nessuno con la cravatta. Se fuori dall’ateneo la pressione è fortissima, dentro non la si percepisce affatto.

Grazie al machine learning in questi laboratori viene individuata la sequenza del DNA di oltre 1'400 batteri e virus che provocano malattie infettive

Grazie al machine learning in questi laboratori viene individuata la sequenza del DNA di oltre 1'400 batteri e virus che provocano malattie infettive

  • RSI Emiliano Bos

Dalla genomica alla mappatura terrestre

Prima di vedere affidata all’intelligenza artificiale la gestione di un’azienda passerà ancora parecchio tempo, ci dice Susan Athey. Insegna “economia della tecnologia” a Stanford. Sostiene che l’AI (artificial intelligence, in inglese) non sia ancora molto avanzata su questioni di cui non si conoscono le conseguenze. Al punto che alcuni studenti – sostiene – non sono in grado di leggere o utilizzare i risultati dei loro stessi algoritmi.

In altri casi, l’aiuto dell’intelligenza artificiale si dimostra decisivo. Come per Michael Kertesz: con l’uso del machine learning, ha sviluppato una tecnologia innovativa nella genomica molecolare. Lo incontriamo nei laboratori della sua società, dove viene individuata la sequenza del DNA di oltre 1'400 agenti patogeni responsabili di malattie infettive. O come nel caso di “Planet”, una società aerospaziale che ogni giorno scatta 1,3 milioni di fotografie della superficie terrestre attraverso un sistema di satelliti e piccoli droni ad alta quota. Li vediamo riprodotti anche nel suo quartiere generale a San Francisco. Da questi uffici viene gestita una mole all’apparenza inestricabile di dati (6 terabyte al giorno), trasformati invece in una dettagliatissima mappatura quotidiana della terra.

I titani dei social media della Silicon Valley potranno definire il futuro di questa striscia degli USA ad altissima concentrazione di high tech

I titani dei social media della Silicon Valley potranno definire il futuro di questa striscia degli USA ad altissima concentrazione di high tech

  • RSI Emiliano Bos

La sfida della credibilità

Il grande occhio spaziale di Planet bypassa pure la privacy: dal cielo si può vedere (e fotografare) tutto. O quasi. Compresa la Silicon Valley. E compresa la terrazza della sede di Twitter, sempre a San Francisco, in centro città. Sdraio colorate e vista sui grattacieli, mentre nella mensa aziendale persino sui cuscini è stato ricamato un #hastag.

È qui che incontriamo alcuni dirigenti della società del celebre uccellino cinguettante. Una discussione sulle sfide che permeano il futuro della “Valley” e dei suoi prodigi tecno-economici, in particolare i social media: credibilità, gestione dei dati personali, veridicità dei contenuti, propagazione di fake news. L’intelligenza artificiale – ci dicono i manager di Twitter - da sola non basta, nemmeno nell’identificazione di profili falsi o che incitano all’odio e alla violenza. L’elemento umano resta centrale.

A pochi chilometri di distanza, gli scienziati di Stanford l’hanno già capito.

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