Pena di morte, donne vittime nascoste
Amnesty International mette l'accento sulle discriminazioni contro le donne giustiziate
Amnesty International, in vista della giornata mondiale contro la pena di morte del 10 ottobre, punta il riflettore sulla condizione sulle donne giustiziate. Una condizione su cui pesano la segretezza e la mancanza di dati per avere un quadro preciso, come spiega Chiara Sangiorgio, esperta di pena di morte per l'ONG.
Secondo i dati ufficiali, tra il 2016 e il 2020, sono state 70 le donne messe a morte, il 3% delle esecuzioni capitali, ma Sangiorgio stima che il numero sia molto più alto.
Un altro elemento messo in evidenza è come in molti casi la condanna per un omicidio arrivi dopo anni di abusi e violenze nei confronti dell’imputata, ignorati dalle autorità. Soprusi che spesso continuano poi nel braccio della morte.
In diversi altri casi non è facile risalire al reato che ha portato alla condanna a morte, mentre in altri non si parla di omicidio. In Malaysia la stragrande maggioranza delle donne sono condannate a morte per traffico di droga, mentre in Iran vi sono esecuzioni capitali legate all’adulterio.
Sotto la lente di Amnesty International ci sono anche i Paesi più democratici, come Stati Uniti e Giappone. Per quanto riguarda lo Stato asiatico, Sangiorgio sottolinea la segretezza attorno all’esecuzione, con famiglie e avvocati che non sono informati su quando la pena di morte sarà eseguita.