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Peste suina, la filiera della carne trema

L'Italia prova a contenere la diffusione del virus per evitare danni economici al settore, che rischia di perdere 20 milioni di euro al mese - In Ticino si punta sulla prevenzione

  • 21 gennaio 2022, 14:11
  • 23 giugno 2023, 15:18

Peste suina africana: l'Italia in allarme

Modem 21.01.2022, 08:30

  • ANSA
Di: Modem/FD

Il 6 gennaio è arrivata la notizia che ha scosso la filiera della carne suina italiana: fra le montagne tra Piemonte e Liguria è stato trovato un cinghiale positivo alla peste suina africana. La malattia, letale e non curabile, è circoscritta al mondo selvatico e non è pericolosa né per l'uomo, né per altre specie animali. La paura è sanitaria (per questi animali) ed economica (per l'uomo): qualora il virus raggiungesse gli allevamenti di suini, provocherebbe ripercussioni devastanti per la filiera sopracitata.

Le autorità italiane hanno immediatamente reagito per impedire l'espandersi del contagio, che attualmente è stato riscontrato in poco meno di 20 carcasse. Il virus, hanno confermato i test in laboratorio, proviene dalla Georgia e ha raggiunto l'Italia su gomma. "La situazione è estremamente grave. Ci è capitata la cosa peggiore che potesse capitarci. Abbiamo delimitato la zona infetta, siamo stati più larghi di quanto prevedono i regolamenti. Partiamo dai comuni rivieraschi fino a tutta la regione di Alessandria. Un'area di oltre 2'000 km quadrati", spiega Roberto Moschi, responsabile servizio veterinario di ALISA (Azienda ligure sanitaria della regione).

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Evitare che il virus si diffonda

Le misure messe in atto per arginare la peste suina africana sono molto ferree. I ministeri della Salute e dell’Agricoltura hanno ordinato una sorta di divieto totale di uso dei boschi in oltre 110 comuni toccati dal virus. Per sei mesi, dunque, niente caccia e pesca, niente ricerca di tartufi e funghi, niente trekking e niente giri in bicicletta. Presi provvedimenti drastici anche per il mondo suino: macellazioni immediate e niente ripopolamento per lo stesso periodo di tempo.

Il motivo del "lockdown" boschivo, lo indica lo stesso Moschi: "Il divieto di entrare nella zona infetta è per non far muovere i cinghiali. Devono rimanere lì, non vanno disturbati. In questo modo, è brutto da dire, nel giro di pochissimi giorni tutti i cinghiali infetti moriranno. Quando poi sarà sicuro che il virus resterà confinato in quella zona boschiva, ci sarà un abbattimento selettivo di tutto quello che c'è. Per quel che concerne la macellazione coatta di tutti i suini, gli allevatori verranno pagati dalla Regione a prezzi di mercato".

Cinghiali in abbondanza

La situazione è particolarmente allarmante poiché nella Penisola il numero di cinghiali è altissimo, si parla addirittura di 2,3 milioni di esemplari. Un problema che viene da lontano, sintetizza l'imprenditore agricolo Mauro Bianco: "La legge 157 del 1992, che regolamenta la partita della caccia e dalla fauna selvatica, è vecchia e va modificata. La situazione è diversa rispetto al 92, ad oggi c'è stata una gestione fallimentare, perché i capi sono aumentati".

Gli fa eco lo stesso Moschi, che punta il dito contro la gestione dei territori: "C'è stato un abbandono dei boschi e dell'agricoltura silvestre (gestione attiva dei boschi e pascolo, ndr)". A incidere, continua, sono anche i rifiuti urbani, che attirano verso valle i cinghiali: "A Genova ci sono più cinghiali che gatti. Scendono perché trovano da mangiare".

L'economia trema

Quello della peste suina africana è un problema che coinvolge altri attori. Molti Paesi, come Cina, Giappone o Messico, hanno immediatamente posto un blocco alle importazioni dall'Italia, causando un danno economico, si stima, molto elevato. Le parole di Davide Calderoni, direttore di ASSICA (Associazioni industriale delle carni e dei salumi), rendono bene l'idea della portata: "Siamo il primo Paese al mondo per esportazione di carne e salumi e il volume totale vale circa 1,7 miliardi di euro all'anno. Ora ci sono molti Paesi terzi che hanno chiuso istantaneamente alla notizia della prima positività. Il danno per mancata esportazione è di 20 milioni di euro al mese". L'allevamento di suini dà lavoro a 100'000 persone e vale dai 7 ai 9 miliardi di euro. Si contano 4'000 allevamenti e 8,5 milioni di capi all'anno. L'Italia è inoltre il settimo produttore di carne dell'Unione europea e la filiera equivale a 20 miliardi di euro.

Numeri importanti, che ora tremano per il crollo dei prezzi causato dall'aumento dell'offerta su determinati mercati: "La carne italiana che ad esempio non può andare sul mercato cinese, si riversa su quello europeo, quindi sale l'offerta e il prezzo scende", prosegue Calderoni. Al momento la Svizzera non ha deciso di agire nello stesso modo: la Confederazione, seguendo le direttive dell'UE, ha fermato solamente l'import dalla zona in questione, ma non dal resto del Paese.

In Ticino si punta sulla prevenzione

Il timore è palpabile anche in Ticino. Le autorità monitorano attentamente l'evolversi della situazione, racconta Luca Bacciarini, veterinario cantonale: "Siamo molto preoccupati, già da quando la malattia era arrivata in Germania. Adesso ce lo troviamo fuori di casa, a 130 km. Fa piacere sentire come viene gestita la questione. La situazione è delicata e bisogna intervenire in modo corretto per non far espandere la malattia. La cosa più importante per il Ticino e la Svizzera è la prevenzione".

Cos'è la Peste suina africana?

La peste suina africana (PSA), scrive l'Ufficio del veterinario cantonale, è una malattia di origine virale molto contagiosa che colpisce cinghiali e suini domestici. Anche se per l’essere umano non vi è nessun pericolo, la PSA può provocare gravi perdite economiche. La trasmissione del virus avviene per contatto con animali infetti o con i loro prodotti. L'uomo gioca un ruolo centrale nella propagazione della PSA trasportando il virus su lunghe distanze per mezzo di oggetti contaminati (ad es. stivali), veicoli, prodotti carnei e movimentazione di animali vivi. L’evoluzione della malattia è rapida e mortale nel cinghiale e nel suino domestico ed è caratterizzata da mancanza di appetito e di movimento, febbre e sovente diarrea sanguinolenta. Negli organi si hanno emorragie puntiformi. Non esistono vaccini o cure, gli animali colpiti sono uccisi per impedire il propagarsi della malattia.

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