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Un voto in mano agli afroamericani

Viaggio a Philadelphia dove la contesa in vista delle presidenziali statunitensi rimane delicata tra democratici e repubblicani

  • 7 ottobre 2020, 00:40
  • 10 giugno 2023, 05:19

La comunità nera e la sfida del voto

Telegiornale 06.10.2020, 22:00

Di: Massimiliano Herber

A James Carville, consigliere politico di Bill Clinton, sono attribuite due frasi ripetute come un mantra a ogni appuntamento elettorale. La più famosa è datata 1992, “È l’economia, stupido!”, ed evidenzia la centralità dell’andamento economico quale perno per il successo (o l’insuccesso) elettorale. La seconda è precedente, del 1986, e riguarda la definizione della Pennsylvania, descritta come “Philadelphia a est, Pittsburgh a ovest, e l’Alabama in mezzo”, per sottolineare la natura rurale e tradizionalista dello Stato. A ogni elezione, la mappa delle contee della Pennsylvania si colora con due grandi punti blu in una marea rossa, città vs. contee, capaci di far oscillare l’esito del voto e il destino dei 20 grandi elettori in palio. Quattro anni fa la terra di mezzo decise la vittoria di Donald Trump dopo 28 anni di dominio democratico. Il candidato repubblicano la spuntò su Hillary Clinton per soli 35'000 voti.

Tra i palazzi di Philadelphia

RSI Mondo 06.10.2020, 19:51

Quest’anno la contesa rimane delicata sebbene gli ultimi sondaggi vedono il candidato democratico in vantaggio di 12 punti percentuali. L’esito del voto potrebbe tenere conto di due variabili: il fatto che Joe Biden sia originario proprio della Pennsylvania, è nato a Scranton, e la partecipazione del voto della comunità afroamericana. I 35'000 voti di distacco da Trump quattro anni fa sono esattemente il numero di voti in meno raccolti dai democratici a Philadelphia rispetto al 2012. Un crollo motivato dal fatto che i neri disertarono in gran parte le urne. Philadelphia è una delle città più nere degli Stati Uniti. Il 44 % dei suoi abitanti è afroamericano ed è pure una delle metropoli dove il tessuto urbano mostra maggiormente le divisioni etniche. In alcuni quartieri a Philadelphia North o West difficilmente si incontrano bianchi o locali e attività non gestiti da neri.

North Philadelphia

North Philadelphia

  • Massimiliano Herber

A nord della metropoli, in uno dei sobborghi più poveri, il reverendo della chiesa battista, Todd Johnson, ha fatto scandalo perché quest’anno si è schierato apertamente per Trump. Ci mostra la sporcizia e lo stato d’abbandono del suo quartiere e commenta: “Philadelphia è democratica da 70 anni e nulla è cambiato, le cose sono solo peggiorate. Fosse stata governata dai repubblicani, chiosa, e il quartiere fosse ridotto così sarei democratico”. Non sopporta l’autocommiserazione di molti della sua comunità (“le proteste di Black Lives Matter sono un autogol”) e pragmaticamente loda l’operato del Presidente prima della pandemia: “Ha ragione, sottolinea, quando ricorda che la disoccupazione tra i neri con lui è stata la più bassa di sempre!”. La signora che ci offre il caffè al termine della funzione scuote la testa, lei – dice sottovoce per non farsi sentire dal reverendo – “voterà Joe Biden”. I pareri discordanti all’interno della comunità afroamericana dovrebbero suonare come campanello di allarme per l’ex vicepresidente di Obama che ha sempre dato per scontato l’appoggio della comunità nera. Per le strade della città di Rocky, dove Biden ha stabilito il suo quartiere generale per questa campagna, abbiamo raccolto pareri discordanti sul candidato democratico. Soprattutto non abbiamo colto un grande entusiasmo.

Negozi West Philadelphia

Negozi West Philadelphia

  • Massimiliano Herber

A ovest della città, West Philly era uno storico quartiere nero. La realizzazione della cittadella universitaria e l’arrivo di altri immigrati ne hanno ridisegnato la demografia. A giugno, dopo gli scontri in tutto il Paese per la morte di George Floyd, è stato soprattutto questo sobborgo a divenire il teatro delle proteste. Lungo la 52esima vi sono state violenze e saccheggi. In questa strada ribattezzata “Mohammed Ali Way” c’è l’Hakim Bookstore, una delle prime librerie afroamericane degli Stati Uniti.

Insegne

Insegne

  • Massimiliano Herber

La proprietaria è Yvonne, figlia di Dawud che aprì il negozio nel 1959. In famiglia tutti danno una mano per proseguire la missione del fondatore. “I neri devono leggere di più così da poter comprendere la propria identità culturale”, aveva lasciato scritto Mr. Hakim. Yvonne racconta che gli affari e la curiosità per la libreria non sono mai andati così bene come dopo le proteste. Ma si commuove raccontando le violenze viste in città e in televisione. “Ci hanno fatto tornare agli Anni Sessanta, dice, quando ci sparavano per strada come animali e quel che è peggio, sussurra, è che le parole del Presidente hanno permesso ai razzisti di riaffacciarsi e di fare quello che avrebbero sempre voluto fare: continuare ad opprimere gli afroamericani”. Lei voterà Joe Biden perché è “un uomo buono”, ma il nipote Chris che sta in casa, pur condividendo il giudizio della nonna, scuote la testa. “Io non voterò, spiega, ho perso la fiducia nel sistema. Voto localmente, ma a livello federale non vedo nessun beneficio, specie dopo che è finita come l’ultima volta”.

West Philadelphia

West Philadelphia

  • Massimiliano Herber

Solo un incontro, un episodio che mostra come, specie nelle giovani generazioni, si fatica a cogliere entusiasmo in vista delle elezioni del 3 novembre e sia sempre più profonda la frattura con l’ideale del esperimento democratico americano, quella “more perfect union” che questo 2020 ha fatto vacillare ancor di più.

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