Spegne le candeline e festeggia quando sono ormai scoccati i due terzi del viaggio. Non mancano quindi i contenuti per stilare un bilancio, più che intermedio, dell’operato di Ignazio Cassis da presidente della Confederazione. Ecco l’analisi di Alan Crameri, responsabile della redazione Nazionale.
Promosso alla Conferenza sull'Ucraina e sulle minoranze
“Di certo va annotata la Conferenza sull’Ucraina, che s’è tenuta quest’estate a Lugano. È vero che non ha avuto un seguito, al momento significativo, sulla ricostruzione dell’Ucraina, ma l’organizzazione ha funzionato senza intoppi e Cassis ha fatto il suo dovere, accogliendo politici e diplomatici con parole appropriate. Quindi si possono aggiungere gli sforzi per far sentire parte delle istituzioni anche le minoranze, la Svizzera italiana, ma anche quella romancia, con varie presenze sul territorio. Questo è un po’ il fil rouge dalla sua elezione in Consiglio federale nel 2017. Detto questo direi che è già il momento di passare alle note più dolenti”.
Le spine della neutralità cooperativa
Tra i momenti critici, il rifiuto del Consiglio federale alla sua proposta di neutralità cooperativa. "Certamente, anche se - afferma Alan Crameri - su questo punto lo smacco è stato piuttosto per Ignazio Cassis in qualità di ministro degli esteri che per Ignazio Cassis nel suo ruolo di presidente della Confederazione. È comunque proprio sulla neutralità che "Cassis presidente" deve incassare le critiche più dure: all’inizio dell’invasione in Ucraina, quando il governo doveva decidere sulle sanzioni. Prima ha detto no, poi ha detto sì, dando l’impressione di non avere una bussola, e nemmeno una compattezza interna al Consiglio federale adeguata al momento storico. È in questi frangenti che il presidente avrebbe potuto fare la differenza. Va fatto inoltre notare che in questo periodo il Consiglio federale non è particolarmente compatto, non lo è stato nemmeno in altri momenti: pensiamo alla gestione della pandemia o alla procedura d'acquisto degli aerei da combattimento".
L'incognita della rielezione
"Finora, in questo anno presidenziale, Cassis non sembra essere riuscito a guadagnare punti in Parlamento, che lo dovrà rieleggere alla fine del 2023. Non è un leader in Consiglio federale, e si nota una discrepanza tra i proclami e i risultati concreti, in passato, anche sui rapporti con l’Unione europea. Tutto questo basta per non rieleggere un consigliere federale che si ricandida? Certo che no, in tempi normali. Anche perché - va detto - Cassis non è l’unico ministro che incontra difficoltà, né oggi né in passato. Ma le elezioni del 2023 potrebbero non tenersi in tempi normali, soprattutto se il suo partito, il PLR, dovesse perdere troppi punti percentuali e quindi venisse messo in discussione il suo secondo seggio in governo. A quel punto i 246 parlamentari si ricorderanno tra le altre cose come Ignazio Cassis ha guidato la Svizzera nel suo anno presidenziale".