Svizzera

Dilma, Francesco, Flamengo

  • 23.07.2013, 16:41
  • 05.06.2023, 20:19
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Tarda serata in Svizzera. In Ticino piove, anche a Rio piove, ma è una pioggerellina leggera. È l'inverno brasiliano, a queste latitudini spesso si riesce ancora a fare il bagno.

Sul lungomare di Copacabana è buio, pochi turisti, sono quasi le sette. Una televisione accesa, fuori da un piccolo bar ormai chiuso. La tv di Stato sta trasmettendo i discorsi della presidente Dilma Rousseff e di Papa Francesco, al suo arrivo in città. Molta cordialità, sguardi attenti, parole accoglienti, non sono frutto dei calcoli politici, c'è dell'altro. Attorno a me, una ventina di brasiliani. Si sono seduti ai tavolini del bar, guardano, ascoltano. Io li guardo. A ogni frase significativa, non importa se del Papa o della Presidente, annuiscono, compiaciuti. Quando Dilma Rousseff sgrana l'elenco dei meriti del suo Governo in campo sociale fanno di sì, è vero, dice uno all'altro più a gesti che con le parole. E quando il Papa ricorda il detto brasiliano "i figli sono la pupilla dei nostri occhi" non gli sembra vero. Parla come loro, in portoghese. È venuto per loro. La scintilla è scoccata. Avevo visto una scena analoga, di passione, la sera prima. Allora giocava il Flamengo, una delle squadre di Rio, credo la più conosciuta, maglietta rossonera. Sguardi attenti, applausi, risate di vittoria.

Accanto a noi passa un gruppo di ragazze e ragazzi delle Giornate Mondiali della Gioventù. Non ci degnano di uno sguardo, neanche di fronte al teleschermo in cui campeggia la figura di Jorge Maria Bergoglio. Avranno la loro meta, rifletto, oggi è la giornata dei saluti al Brasile. Eppure, Papa Francesco stava dicendo cose importanti, c'entrano con quello che farà da domani, con loro, i giovani. Fuori, continua a piovviginare, fitto fitto.

Bruno Boccaletti

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