Si profila il processo alle Assise Criminali per il 50enne di Rovio che la mattina del 7 agosto scorso, ad Agno, con un fucile a canna mozza sparò al figlio, ferendolo gravemente. La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ha chiuso l’inchiesta, prospettandogli l’accusa di tentato assassinio (in via subordinata, tentato omicidio). Il magistrato manterrà dunque l’ipotesi avanzata all’inizio delle indagini.
L’uomo, difeso da Letizia Vezzoni, sostiene tuttora che i proiettili partirono invece accidentalmente. Voleva recuperare i soldi che il 22enne aveva rubato alla nonna. L’arma – dice – se l’era portata con sé perché temeva che fosse in compagnia di soggetti poco raccomandabili.
Dall’elenco degli addebiti spunta inoltre un precedente inquietante, mai emerso finora. Il 50enne aveva già imbracciato un fucile nella primavera del 2022. Era successo a Melano, nel magazzino che condivideva con altri, dove tre persone si erano presentate per reclamare degli attrezzi. Secondo l’imputato, con fare intimidatorio; tanto da indurlo appunto a prendere l’arma (a suo dire, di tipo softair) per mandarle via. Minaccia il reato di cui dovrà rispondere in aula.
Senza dimenticare le accuse legate allo spaccio e al consumo di droga, come pure l’infrazione aggravata alla legge federale sulle armi. Il fucile calibro 22 usato in via Aeroporto, che l’uomo possedeva illegalmente, aveva – come detto – canna e calcio modificati. Fermo restando che, a quanto sembrerebbe, i cambiamenti apportati non sarebbero in relazione con i fatti di Agno.
A favore del 50enne la perizia psichiatrica ha ravvisato una lieve scemata imputabilità. La dipendenza da stupefacenti – ha stabilito l’esperto – gli impedisce di gestire situazioni di stress come quella verificatasi prima della sparatoria, il 4 agosto, con il furto commesso dal figlio. Un furto da almeno 50'000 franchi, mai recuperati. Per lui fu la goccia di troppo.





