Ticino e Grigioni

Tra integrazione o deterrenza

La morte del 27enne del Benin a Maroggia letta da Chiara Orelli Vassere, direttrice e responsabile del settore migrazione di SOS Ticino

  • 9 agosto 2018, 18:44
  • 8 giugno 2023, 23:03

Un futuro incerto

RSI / sf 09.08.2018, 18:33

"Siamo addolorati, è una tragedia". Chiara Orelli Vassere, direttrice e responsabile del settore migrazione di SOS Ticino, commenta così la vicenda del 27enne del Benin morto dopo essere scivolato nel Ceresio a Maroggia.

Il giovane, orfano di madre, morta durante il lungo viaggio per venire in Svizzera, era in Ticino da diversi anni. Aveva studiato, si era integrato e lavorava. Poi però gli era stato negato il permesso - secondo la SEM il Benin oggi è un paese sicuro - e aveva avuto un crollo mentale. Fino al drammatico epilogo.

Gli Stati considerati sicuri dalla Segreteria di Stato della migrazione

Gli Stati considerati sicuri dalla Segreterai di Stato della migrazione

  • RSI

"Questa storia - prosegue Orelli Vassere - è emblematica di un problema effettivo: le persone che hanno vissuto una situazione di fragilizzazione molto acuta, legata alla loro esperienza migratoria, si trovano a vivere nel loro nuovo contesto di riferimento, una nuova situazione di crisi. E il crollo improvviso del nuovo mondo è un ulteriore trauma. È successo a questo ragazzo e succede in altri casi. Dati statistici a disposizione non ce ne sono, ma sappiamo con assoluta certezza che purtroppo questo non è un episodio isolato".

L'intervista completa a Chiara Orelli Vassere

RSI Info 09.08.2018, 14:50

"Io credo - conclude - che quando una persona ha dimostrato in tutti i modi di avere una volontà marcata di inserirsi nel nuovo contesto e contribuisce allo sviluppo del contesto perché ci lavora, capita che le decisioni della politica siano veramente incomprensibili. Questa è politica della deterrenza. Che manda un messaggio fortemente contraddittorio: si chiede a queste persone di fare il possibile per integrarsi e poi quando lo sono, per ragioni normative, vengono di nuovo sospinte verso una zona di marginalità e sofferenza che può concludersi, come in questo caso, tragicamente. E invece, dovrebbe prevalere l’attenzione alla persona e alla sua dignità".

La SEM non ha voluto entrare nello specifico di questo caso, limitandosi a specificare ai media che "i richiedenti cui è stata respinta la domanda d’asilo devono di norma lasciare la Svizzera. In questi casi non devono tuttavia esserci motivi d’impedimento all’allontanamento".

Joe Pieracci

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