Cosa cerchiamo noi, lettori di buona volontà, in un libro nuovo che scrocchia tra le nostre mani profumato di carta e stampa? Beh, per ridurre all’osso un elenco molto lungo, si potrebbe dire che speriamo almeno ci faccia venir voglia di leggerlo anche oltre le prime trenta, quaranta pagine. Persino – ma quello è già più difficile – di finirlo.
Un buon metodo per spingere il lettore a non abbandonare la lettura è semplice: farlo divertire. Eppure i libri divertenti non sono tanti, tra le migliaia che ogni mese affollano le librerie, forse anche perché scriverli non è facile come sembrerebbe. Ancora meno sono i libri comici presi in considerazione dalla grande critica (ammesso che esista ancora) e dai grandi premi letterari. L’ultima grande discriminazione di genere, in letteratura, è forse quella contro il genere comico?

Nonostante questo, o forse proprio per questo, il comico continua a vivere, e a infettare come un virus gli altri generi letterari, facendo nascere libri che non sono solo e puramente comici, ma del comico contengono molti elementi, riflettendo uno spettro di toni che comprende il brillante, l’ironico, il satirico, l’assurdo.
Alice esplora oggi tre esempi diversi di libri che forse si possono definire comici, forse no. O più probabilmente: non solo. Ma senza dubbio sono estremamente divertenti, e di questo i lettori non possono che essere grati.

Racconteremo quindi la lingua geniale e brillante di Appetricchio di Fabienne Agliardi (Fazi); la satira irresistibile dell’ambiente accademico contenuta in La ricreazione è finita (Sellerio) di Dario Ferrari, fresco vincitore dell’italiano premio – appunto – Satira; infine, la comicità assurdamente realistica di L’uomo di marketing e la variante Limone, perla scritta da Walter Fontana negli anni Novanta e recentemente ristampata da Bompiani.

Non mancherà la nuova rubrica Mirador: proposte letterarie insolite e sorprendenti, raccontate da alcune grandi scrittrici di lingua italiana.