"Musica. La storia sovversiva" di Ted Gioia, Shake Edizioni (dettaglio di copertina)
La Recensione

"Musica. La storia sovversiva"

di Giordano Montecchi

  • shake.it/libri/musica-una-storia-sovversiva
  • 7.6.2023
  • 25 min
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  • Musica

"Mi vengono i sudori freddi quando sento la definizione storia della musica, che evoca compositori defunti da un tot, di impettiti signori in panciotto e parrucca. Mi risuona nelle orecchie il ritornello di una solenne danza a tempo di walzer ballata da qualche sovrano decrepito e dai suoi cortigiani". Si apre così "Musica. Una storia sovversiva" (Shake Edizioni) il libro di Ted Gioia, famoso e autorevole storico e critico di jazz, da poco uscito in traduzione italiana. Un titolo e un inizio che sono anche una dichiarazione di guerra alla storia della musica narrata secondo l'ottica accademica. E guerra in effetti è, nell'impostazione generale che suona come una messa in stato d'accusa di "istituzioni", "sistema", "mainstream" e dei loro "capi", così definiti genericamente, quasi mai indicando un nome o un'istituzione specifica. Un mainstream, a quanto si legge, congenitamente dedito a reprimere e neutralizzare la natura e i contenuti ontologicamente sovversivi e ribelli della musica, censurandone e manipolandone la storia. L'autore applica globalmente alla musica, dalla preistoria ai giorni nostri, il modello storicamente fondato e largamente acquisito della black music in balìa di una società bianca dapprima schiavista e poi abile sfruttatrice e venditrice di ciò che in precedenza era intollerabilmente scandaloso. Ma questa generalizzazione indiscriminata, avarissima di fonti e tuttavia ricca non di rado di informazioni e di vicende raramente prese in considerazione dalla storiografia accademica, si risolve di norma in una ricorrente e irritante petizione di principio. Il che colora il resoconto di Ted Gioia di un imbarazzante tono cospirazionista, un tono che non si riesce a capire se convinto o furbesco (considerato l'odierno dilagante successo del genere complottista). Un libro comunque da leggere e anche da meditare, innanzitutto perché costringe in effetti ad allargare il campo visuale a terreni poco esplorati. E, secondariamente, per toccare con mano il linguaggio, i temi, la logica (o i sofismi) di quel vasto assalto alle discipline scientifiche e ai principi del razionalismo, che imperversa in questi nostri anni, in nome del loro apodittico asservimento a un potere occulto.

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