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La città del gelato

di Jonathan Zenti

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Alle 22:39 del 9 ottobre 1963 avvenne, in una piccola valle nel cuore delle Dolomiti, quella che l'ONU poi definì la più grande tragedia dell'umanità causata dall'incuria dell'uomo.
Dino Buzzati la descrisse così: “un sasso è caduto in un bicchiere e l'acqua è finita sulla tovaglia”. Il Sasso era il Monte Toc e il bicchiere la diga del Vajont. E la tovaglia era Longarone, un paese di poco meno di quattromila abitanti, crocevia tra i piccoli paesi della Val Zoldana, che venne quasi interamente spazzato via da un colpo d'aria forte come due bombe di Hiroshima in una valle grande nove volte di meno l'isola giapponese.
Trentacinque anni dopo un attore Veneto, Marco Paolini, portò in diretta televisiva un suo spettacolo teatrale che fece più di tre milioni di ascoltatori, e la storia del Vajont divenne improvvisamente famosa.
Molto si è raccontato e documentato di quell'evento, delle colpe e delle responsabilità, di come si è potuti arrivare ad un disastro simile, metafora anche di molti aspetti che l'Italia del boom economico avrebbe poi conosciuto. Poco si sa di come si vive oggi all'ombra di quella memoria.
Longarone è un paese urbanisticamente ricostruito, ma la comunità, le relazioni tra i suoi abitanti, rimangono ancora una terra desolata. Dalla divisione tra superstiti e sopravvissuti, a chi vorrebbe celebrare in maniera ufficiale ed istituzionale e chi invece preferirebbe andare avanti, a chi ha sperato nelle nuove generazioni e le nuove generazioni che, invece hanno dato nuovo vigore alle istanze dei loro genitori.
La Città del Gelato è un breve reportage dalla Longarone di oggi, che vive all'ombra della diga del Vajont e della memoria che a volte appare più come un peso che un'opportunità.
La città del gelato

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