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L’inflation targeting

di Marialuisa Parodi

  • 15 marzo 2018, 13:20
La BCE è presieduta da Mario Draghi

La BCE è presieduta da Mario Draghi

  • Reuters

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Giovedì 15 marzo 2018 alle 12:20

Durante l’ultima conferenza stampa della BCE, al Governatore Draghi è stato chiesto se ritiene opportuno continuare ad insistere con l’approccio di politica monetaria che punta al 2% di inflazione.

L’inflation targeting è il metodo di politica monetaria scelto dalle principali Banche Centrali all’inizio della crisi finanziaria. Gli va riconosciuto il merito di aver scongiurato la deflazione e contribuito a riportare la crescita globale verso potenziale e piena occupazione. Quello che manca all’appello, però, è proprio l’obiettivo dichiarato del 2% di inflazione, livello non raggiunto: questo implica che le Banche Centrali non riescono a voltare pagina.

Al di là dell’approccio di politica monetaria utilizzato, lo scopo primario delle Banche Centrali resta quello di assicurare la stabilità finanziaria, che vuol dire anche tener lubrificati al punto giusto gli ingranaggi dei movimenti dei cicli economici. Delle Banche Centrali bisogna potersi fidare molto.

Per questo il dibattito sull’ inflation targeting merita attenzione: questo benedetto 2% è davvero nel pieno controllo delle Banche Centrali? E continuando ad insistere in questa direzione, non si rischia di perdere di vista l’obiettivo della stabilità finanziaria?

In effetti, finché le Banche Centrali non cambiano retorica, i mercati finanziari continueranno a contare sullo stimolo monetario: i prezzi dei titoli continueranno a salire e con essi il livello di rischio del sistema finanziario che, per essere sostenibile, deve poter contare su aspettative di ciclo economico in continua espansione. Dalla fiducia all’euforia irrazionale, come sappiamo, il passo è breve.

A proposito di cicli economici: salvo prova contraria, non possiamo dirli morti e sepolti e dopo l’espansione in cui ci troviamo arriverà la contrazione. Per allora, le Banche Centrali dovrebbero aver riempito gli arsenali: tassi da ridurre e liquidità da iniettare nel sistema. Peccato che inseguire l’inflazione comporta che le munizioni siano ancora in pieno utilizzo in una battaglia già matura ma non vinta. E il tempo stringe.

Un altro tema è politico. Il rischio che si rafforzi il trend di politiche fiscali espansive somministrate a casaccio, cavallo di battaglia dei governi populisti, pone un problema molto delicato alle Banche Centrali: la capacità di stimarne la portata e controbilanciare con minor stimolo monetario. Per la FED la sfida è già qui. E siamo daccapo.

Come uscire dall’impasse? Alcuni economisti suggeriscono di introdurre elementi di flessibilità al target di inflazione, altri di rimuoverlo completamente. Nel frattempo, a settembre 2017, la Banca Centrale Canadese non ha esitato ad alzare i tassi, anche se il target di inflazione non era stato raggiunto, quando la crescita ha superato il potenziale. A inizio marzo, la Banca Centrale norvegese ha deciso di ridurre il suo target.

E Draghi che cosa ha risposto alla giornalista? Dopo una breve descrizione del tema, che le doti più importanti delle Banche Centrali sono credibilità e indipendenza. Verissimo. Soprattutto per quando la creatività si rende necessaria.

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