Tra jazz e nuove musiche

James Carter Organ Trio

Lugano, RSI Studio 2, Martedì 8 novembre 2016, ore 21:00

  • 30.08.2016, 16:45
James Carter
  • Ingrid C Hertfelder

JAMES CARTER ORGAN TRIO

James Carter sassofoni

Gerard Gibbs organo Hammond

Alex White batteria

Diretta radiofonica su RSI Rete Due

Qualche anno fa il critico Will Friedwald notava che James Carter «spesso fonde il profondo “out” e il profondo “in” nello stesso assolo», ovvero sa muovere le sue improvvisazioni al di fuori delle strutture armoniche e poco dopo recuperare la tradizione nel modo più trascinante. Anzi, proseguiva Friedwald, «di recente sembra fare le due cose nello stesso momento». In effetti la storia del jazz contemporaneo potrebbe essere descritta come un tentativo di tenere insieme questi due elementi apparentemente incompatibili. Già nel 1964 Joe Henderson intitolava un acclamato album In ’n Out, e all’epoca molti jazzisti «riformisti» cercavano nell’uso della modalità la quadratura del cerchio fra il rigore delle strutture armoniche bebop e la libertà apparentemente sfrenata del free jazz. Carter vede la luce (in una Detroit dalla ricchissima tradizione musicale afroamericana) proprio in quel periodo, nel 1969, e certamente cresce, giovane prodigio del sax, assorbendo quell’esigenza. Nei primi anni Novanta l’esuberante polistrumentista si guadagna un posto di spicco nella scena contemporanea proprio declinando in varie forme l’idea di fondere gli opposti in modo spiazzante. Tanto per cominciare maneggia tutti i sassofoni, dal pigolante sopranino al borbottante contrabbasso, riesumando anche qualche confratello della «famiglia parallela» caduta col tempo in disgrazia, quella formata dai sax tagliati in do e fa anziché in si bemolle e mi bemolle (senza negarsi altri strumenti cugini, clarinetti e flauti). E poi divide le collaborazioni fra esponenti d’avanguardia (Julius Hemphill) e capiscuola neotradizionalisti (Wynton Marsalis), ignorando bellamente il conflitto estetico in corso… in fondo seguendo l’esempio del suo scopritore Lester Bowie, beffardamente «pop» dall'alto della sua indiscussa esperienza sperimentale. Ma soprattutto rievoca il musicista cui più somiglia, Rahsaan Roland Kirk, sempre diverso da come la critica tentava di definirlo. E sulla scorta di questo riferimento ben si capisce l’amore di James Carter per il trio organistico, formazione che condivide con altri jazzisti della sua città: lo specialista dell’organo Gerald Gibbs e il giovanissimo batterista Alexander White, subentrato al veterano concittadino Leonard King.

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