Gallery Marc Ribot & Los Cubanos Postizos
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Una collaborazione RSI Rete Due - Città di Lugano, Dic.Turismo & Eventi
MARC RIBOT & LOS CUBANOS POSTIZOS
Marc Ribot chitarra
Horacio "El Negro" Hernandez trap drums
Brad Jones basso
Anthony Coleman organo
EJ Rodriguez batteria, percussioni
“Posticci” i cubani di Marc Ribot lo sono senz’altro. Solo di recente questa formazione nata negli ultimi anni dello scorso millennio si è decisa ad accogliere un musicista proveniente dalla maggiore delle Antille, il batterista Horacio “El Negro” Hernandez; fino ad allora il più esotico dei suoi membri era il percussionista EJ Rodriguez, portoricano di nascita ma cresciuto a New York, mentre gli altri fondatori - tuttora in seno al gruppo - sono rigorosamente statunitensi.
Soprattutto, i Cubanos Postizos partecipano di quell’estetica tipicamente newyorkese, anch’essa forgiatasi verso la fine degli anni Novanta, che riteneva doverosi non solo una stordente miscela di generi ma anche un atteggiamento estetico disincantato grazie al quale ogni evocazione stilistica si stemperava in un antiromantico caleidoscopio musicale. Così è stato anche per la Cuba “posticcia” benché amatissima ricostruita dal chitarrista all’epoca poco più che quarantenne. Ribot, nato a Newark nel 1954, si era già da tempo mostrato musicista stimolante e originale collaborando con due personalità per molti versi antitetiche ma accomunate da un atteggiamento assai poco convenzionale quali Tom Waits e John Zorn; da subito, però, era emersa anche una sua concezione estetica ben precisa che lo elevava ben oltre il rango di accompagnatore.
Stralunato armonizzatore, sofisticato esploratore di timbri e di dinamiche, il chitarrista si è diviso e continua a dividersi fra progetti ben diversi; con i Cubanos Postizos ama riprendere brani dei maggiori autori dell’isola (affiancandoli del resto a composizioni originali), ricollocandoli nella temperie multietnica statunitense, una sorta di riflessione sulle trasformazioni della società contemporanea. Così, nella musica del gruppo convivono (forse più che in passato) nostalgia per un mondo esotico ormai perduto e ironia agrodolce, ricerche rumoristiche e spiccato gusto melodico; si potrebbe azzardare che esso offra una traduzione musicale dello spirito presente nell’ormai classico romanzo Il nostro agente all’Avana di Graham Greene.
Vedi anche: marcribot.com
Concerto diffuso in diretta sulle frequenze di Rete Due
Programma con riserva di modifiche