Si chiama “Viva” l’inchiesta che nei mesi scorsi ha permesso di smantellare un vasto traffico di cocaina, guidato – secondo gli inquirenti – dal 28enne ticinese preso in marzo a Tenerife.
Lunedì sono emersi i dettagli dell’indagine, che il 28 novembre 2024 sfociò nell’arresto di sette persone. Tra loro l’italiano incaricato di portate la droga in Ticino. La polizia lo fermò nell’area di sosta “al Motto”, all’altezza di Cadenazzo. Nella sua Range Rover era stato nascosto, in due ricettacoli ricavati all’interno delle portiere posteriori, un chilo di coca.
Una rete strutturata
Il corriere ritirava la merce nel Comasco. Per eludere i controlli passava dal valico di Pedrinate, e in autostrada raggiungeva il Locarnese. La consegnava all’autosilo di Ascona o nei posteggi dei supermercati, dove ad attenderlo c’era chi, nell’organizzazione, fungeva da magazziniere.
Il magazziniere prendeva lo stupefacente e gli dava i soldi (da subito recapitare in Italia). Poi provvedeva a stoccarlo – generalmente a casa sua – e a distribuirlo agli spacciatori. L’ultimo ad avere ricoperto questo ruolo si serviva di un deposito, e riceveva persino uno stipendio mensile. Era stato arrestato già alla fine di agosto, a Losone. Nella sua vettura gli agenti avevano trovato 8’000 euro e una bilancia di precisione.
Droga e violenza
Autisti, magazzinieri, spacciatori. Sopra di loro c’era colui che gestiva gli affari per conto del capo. “Tigre” il soprannome del presunto boss, tuttora detenuto in Spagna. Conosciuto come picchiatore, il 28enne ticinese non avrebbe esitato a esercitare la violenza anche a distanza, dall’Italia. Nel 2024 uno degli indagati, che gli doveva 5’000 franchi, venne pestato da tre individui in un vicolo nel centro di Locarno. Calci e pugni, in faccia e al costato. “Da parte del Tigre” – gli avrebbero detto, mentre sanguinava e urinava dalla paura.
Impressionanti i quantitativi stimati dalla procuratrice pubblica Anna Fumagalli. In poco meno di un biennio, dal gennaio del 2023 al novembre del 2024, il gruppo avrebbe venduto tra i 23 e i 46 chili di cocaina. Droga dalla purezza estremamente elevata (superiore all’85%), e destinata soprattutto al mercato Locarnese. Sotto inchiesta è finita finora una decina di persone, d’età compresa tra i 26 e i 43 anni.
L’operazione “Millennium”
Da un lato i fatti avvenuti in Ticino. Dall’altro la piazza lombarda, dove “il Tigre” avrebbe agito come membro di una cellula della cosca Barbaro di Platì, al centro (con altre) della maxi-operazione contro la ‘ndrangheta battezzata “Millennium”. Ben un centinaio, sparsi in tutta Italia, i soggetti che a maggio sono caduti nelle maglie del procedimento condotto dalla procura di Reggio Calabria. Al ticinese – accusato anche di associazione mafiosa – viene contestato un traffico di hashish o marijuana.
A cominciare dalla partita di 28 chili che uno dei due egiziani a lui subordinati si fece sottrarre, con una rapina a mano armata, nell’ottobre del 2022. Per recuperare il guadagno perso (si parla di almeno 50’000 euro) il capo della cellula milanese arrivò a ipotizzare il sequestro del “Tigre”. Oppure la possibilità di reclamare il doppio dell’importo da uno dei suoi parenti, di cui conoscevano l’indirizzo. Propositi espressi – citiamo – “in pieno metodo ‘ndranghetistico”.
Resta da capire se le due indagini siano legate. E se sì, in che modo si intreccino le dinamiche ricostruite sul fronte svizzero e su quello italiano. Da Tenerife, intanto, il Ticino aspetta l’estradizione del “Tigre”.