Musica folk

Nick Drake, The Making Of Five Leaves Left

Genesi di un grande album incompreso 

  • 25 luglio, 17:07
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Di: Riccardo Bertoncelli 

Nicholas Rodney Drake, per tutti “Nick”, oggi avrebbe settantasette anni e chissà come avrebbe passato la vita, lui così schivo, capitato nel mondo della musica quasi per caso, lui che viveva sempre male le luci della ribalta. È morto ventiseienne, nel 1974, con pochi anni di effettiva carriera e tre soli LP pubblicati in vita; eppure, con un così pur magro bottino, di lui si parla ancora oggi, si favoleggia, e c’è voglia e gusto di cercare segreti tra le pieghe della sua storia.

Drake aveva una sorella, Gabrielle, che ancora vive, così com’è attivo Joe Boyd, il leggendario produttore (anche i giovanissimi Pink Floyd nel suo curriculum) che scoprì Drake quand’era un illuso ventenne, lo ingaggiò per la sua agenzia musicale e curò le sue opere. Ci sono loro e un fan appassionato, Neil Storey, dietro a uno straordinario progetto che diventa pubblico in questi giorni, dopo quasi dieci anni di sogni, sforzi, aggiustamenti; si chiama The Making Of Five Leaves Left e, come spiega il titolo, è la complicata affascinante genesi del primo LP di Drake ricostruita in quattro dischi, con i materiali migliori che è stato possibile recuperare - demo, alternate takes, canzoni provate e poi scartate.

È un viaggio musicale che va dal febbraio 1968 all’aprile 1969, dalla prima volta in uno studio, ai Sound Techniques di Londra, a sedute più formali, quando la Island Records si è ormai convinta a pubblicare quel timido cantautore venuto dal nulla. Nick è ingenuo e inesperto ma ha idee, per quanto vaghe, ballate dolci/tristi (Happy/Sad si chiamava giusto l’album di un fratello di spirito, Tim Buckley) cantate con voce sommessa e molto decorate; il ragazzo che ha certamente ascoltato Bert Jansch, Donovan, John Martyn non vuole limitarsi al voce-chitarra e apprezza l’aiuto orchestrale che gli fornisce un arrangiatore giovane come lui, Robert Kirby, e i drappeggi folk jazz disegnati da un piccolo nucleo di musicisti amici, guidati dal bassista Danny Thompson.

Alla fine verranno dieci canzoni di toccante sincerità, il diario dell’anima di un ragazzo ancora nel bozzolo che canta la sua ricerca di vita, con versi ricchi di metafore, sopra le righe, in cui si intrecciano speranza e pessimismo, slanci e disillusioni - «l’aspra fatica della dolcezza», chioserà bene un biografo. Il titolo è ammiccante, “cinque cartine rimaste” è l’avviso che ben conoscono i consumatori che si preparano le sigarette, tabacco o che altro, usando le Rizla +. Nick cerca complici presso la sua generazione, ma è selettivo; vuole ragazzi come lui, che nell’esemplare scatto sulla quarta di copertina è appoggiato a un muro della metro londinese e impassibile vede sfrecciare la gente prigioniera della frenesia quotidiana. Lui cerca un altro passo, altri modi, vuole cantare e vivere una vita diversa.

La ricerca dei nastri per comporre il puzzle del cofanetto è stata una vera caccia al tesoro. Negli archivi della Island per fortuna era stato conservato molto, anche se gli originali master analogici si sono deteriorati nel tempo e si è dovuto ricorrere al remaster del 2000. Fondamentale la scoperta di due reels di cui non si immaginava l’esistenza, che aiutano a illuminare gli inizi; il nastro della primissima seduta in studio, che Beverley Martin aveva dimenticato in un cassetto di casa, e una bobina finita nelle mani dell’amico Paul de Rivaz registrata come traccia per un concerto a Cambridge, la base giovanile di Drake, dove nacquero quelle prime canzoni.

Five Leaves Left uscì il 3 luglio 1969, accolto tiepidamente dalla stampa e ancor più freddamente dal pubblico. Se ne vendettero non più di tremila copie e non andò molto meglio ai dischi successivi, Bryter Lyter (il punto più alto) e Pink Moon. Per il grande pubblico Nick Drake rimase sempre un emerito sconosciuto e lui non si ribellò a quel destino. Non amava mettersi in mostra e men che meno esibirsi, evitava le interviste e la vita sregolata che conduceva, nel segno delle droghe, era un problema in più. Il suo ultimo LP, Pink Moon, uscì nel febbraio del 1972, due anni più tardi Nick provò ad abbozzare un seguito ma si fermò a quattro incerte canzoni, ormai era un Syd Barrett che faticava anche solo a sincronizzare voce e chitarra. Morì nel novembre 1974 per una overdose di antidepressivi, nella casa dei genitori dov’era tornato a rifugiarsi, e non si capirà mai se si sia trattato di una fine accidentale o volontaria.     

Five Leaves Left a quel punto era un ricordo sfocato, il tempo lontano delle speranze e dei sogni di gloria. Neanche troppi poi, se è vero quel che racconta la sorella Gabrielle. «Credo di essere stata la prima a ricevere una copia del disco. Me la diede lui in persona, me la allungò e disse solo: “Be’, ecco...”». Era fatto così Nick Drake, un solitario taciturno, un isolato senza entusiasmi, ma le parole che in vita teneva per sé sono nelle sue canzoni, e parlano forte ancora oggi, decenni dopo.

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Nick Drake a cinquant’anni dalla morte

RSI Cultura 25.11.2024, 17:00

  • Montmartre, Rete Due

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