Territorio

Ma quanto è bello il Ticino industriale?

Perché il fascino del nostro Cantone non sta solamente nella natura, si può trovare anche in una centrale elettrica o nel portale di una galleria autostradale

  • 20 novembre, 15:00
  • 21 novembre, 12:13
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Ticino industriale: le origini

Il Quotidiano 23.10.2024, 19:00

Di: Stefano Roncoroni 

Non è la prima cosa che ci viene in mente quando pensiamo alla bellezza del paesaggio ticinese. Magari è un mondo che non è mai finito sulle cartoline ma fa parte della nostra identità, quanto i laghi o le montagne. Il Ticino industriale esiste, ha una sua storia da raccontare e anche da conservare, è qualcosa di cui si può benissimo parlare non solamente in termini economici o di impatto ambientale, se ne può parlare anche dal punto di vista architettonico ed estetico.

Ma andiamo con ordine: c’è una data cardine da cui si può partire? Forse il periodo di passaggio verso un mondo ticinese non più soltanto rurale è l’inizio del 1800. Ci racconta lo storico Fabrizio Visconti: «Prima del 1803, c’era il “Ticino delle mulattiere”, percorribili con muli e cavalli: con i basti venivano trasportate le merci. Le cose cambiano notevolmente con la costruzione, tra il 1803 e il 1830, della strada carrozzabile da Chiasso al San Gottardo, e poi anche al di là delle Alpi, che permetterà delle trasformazioni economiche piuttosto importanti».

Nascono il turismo e le prime attività industriali. Due attività apparentemente in contrasto, una legata ad un’immagine idilliaca del Ticino, un po’ da “Mulino Bianco”, una con una connotazione nuova, anche solo dal punto di vista estetico, non sempre vista positivamente.

Eppure, anche ciò che è industriale ha un fascino, un’estetica, un immaginario, qualcosa che rimane nei secoli e fa parte di noi. Lo sa bene Valeria Frei, autrice del volume “Ticino Industriale”, una guida architettonica che parla di acciaierie, cappellifici, fabbriche, centrali elettriche, impianti ferroviari e centri logistici. Parlando dell’architettura industriale del passato, ci dice: «Era un’architettura affascinante, secondo me bella nella sua unicità: in gran parte non c’è il parquet che si riga, non ci sono gli intonaci che si macchiano, quindi è un’architettura che permette di esprimersi, è un’architettura che si può vivere».

Un esempio della bellezza dell’architettura industriale passata lo troviamo in Leventina, nella Centrale Elettrica del Piottino, progettata dall’architetto milanese Giovanni Greppi e in servizio dal 1932. «Essendo queste enormi cattedrali in zone alpine, che non avevano degli edifici di questo tipo, o venivano mimetizzate con materiali locali, con dei linguaggi costruttivi un po’ affini alla zona, oppure si usava uno stile in voga allora che fosse anche una rappresentazione della modernità. Quello che è bello dell’architettura industriale di ieri è che ci sono i segni della storia, ci sono i segni della gente che è passata, che ci ha lavorato, che “ci teneva”: i lavoratori, nonostante facessero dei lavori durissimi, si affezionavano, erano coinvolti nello spirito dell’azienda. E nelle mura di certi edifici si riconosce e si respira l’area di questa storia.»

Nadir Notari è il responsabile della Centrale elettrica del Piottino. Lui e i suoi colleghi, l’edificio lo amano davvero: «Noi diciamo sempre “la nostra centrale”, quindi la senti un po’ come roba tua. È un edificio che, pur avendo cent’anni, è stato costruito molto bene: non è il classico grigio, ci sono materiali diversi, c’è anche del legno all’interno, ci sono dei mattoni in terracotta. È molto caldo, molto vivo e ben vivibile.»

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L’arte del cemento armato

Il Quotidiano 30.10.2024, 19:00

Un grosso balzo nella formazione dell’immagine del Ticino moderno l’ha dato il cemento armato. Nel sentire comune, il cemento ha un’accezione molto negativa, basti pensare ad un termine come “cementificazione”.

Ma in realtà è grazie al cemento armato che diventa possibile creare nuove forme, una nuova estetica, un nuovo immaginario.

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  • Foto Lucini Chiasso, Archivio del Moderno

Una prova delle possibilità funzionali ed estetiche che si aprono con l’uso del cemento armato la troviamo a Chiasso, nell’area del Punto Franco: qui l’architetto Robert Maillart ha disegnato i Magazzini Generali, con il calcestruzzo che prende la forma di un’alberatura armoniosa, quasi un essere vegetale che regge tutto con i suoi rami.

Un altro esempio? Il portale sud della galleria del Gottardo. Oggi riusciamo spesso a vederlo solo sotto una luce negativa, solo come il luogo dove si formano le colonne di auto, ma il suo valore estetico è ben altro: fatta astrazione dal traffico, quel portale è una sorta di opera d’arte a sé stante. E non è un caso isolato. Merito dell’architetto Rino Tami, che dal ’63 al ‘83 è stato il “Consulente estetico per le opere autostradali”. È grazie a lui se, in Ticino, i portali delle gallerie in autostrada non sono il semplice rafforzamento di buchi in una montagna. In un’intervista televisiva del 1984, Rino Tami concludeva con quella che forse è la frase perfetta per capire che cosa può essere davvero l’architettura industriale e perché è così affascinante: «L’architettura è fare una cosa utile, una cosa duratura e una cosa bella!»

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  • Rino Tami, Archivio del Moderno
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Quaderno della Monteforno

Turné 12.10.2024, 19:30

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