Arte

Achille Castiglioni

Designer visionario

  • 16 febbraio, 08:32
  • 19 febbraio, 09:42
Achille Castiglioni
  • Achille Castiglioni
Di: Francesca Cogoni

L’architetto milanese Achille Castiglioni, nato a Milano il 16 febbraio 1918, ha segnato indelebilmente la storia del design industriale italiano e internazionale. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Milano, in quasi sessant’anni di attività professionale, prima con i fratelli Pier Giacomo e Livio e poi dal 1968 da solo, Achille Castiglioni ha rivoluzionato il mondo del progetto, dando lustro al Made in Italy nel mondo e precorrendo i tempi con le sue creazioni, sia sul piano estetico sia su quello concettuale.
Vincitore di otto Compassi d’oro ‒ il più antico e autorevole premio mondiale di design ‒ autore di ben 290 oggetti di design (molti dei quali divenuti icone), 190 architetture e 484 allestimenti, Achille Castiglioni è stato indiscutibilmente uno dei grandi maestri del XX secolo.

A. e P. G. Castiglioni, Mezzadro, schizzo preparatorio, 1957

Mezzadro, schizzo preparatorio, 1957

  • © Archivio Fondazione Castiglioni

Le ironiche sedute Mezzadro (sedile da trattore agricolo riconvertito in sgabello casalingo) e Sella (“sgabello per telefono” nato dal riutilizzo di una vera sella di bicicletta da corsa), entrambe disegnate nel 1957 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni, l’interruttore Rompitratta, l’apribottiglia Splügen ideato nel 1960 con Pier Giacomo per il progetto del bar Splügen Bräu a Milano, insieme ai bicchieri da birra e allo spillatore, le celebri lampade Arco (quasi un’opera d’arte), Parentesi, firmata Achille Castiglioni-Pio Manzù, Toio e Gibigiana, gli orologi Record e Firenze, lo stereo RR126 Brionvega, sono tutti oggetti emblematici, frutto di un genio non comune e della commistione di ironia, ricerca, intelligenza e spirito ludico.
Capace di far sembrare semplici anche le cose più complicate, Achille Castiglioni sosteneva brillantemente: «Vedo gli oggetti come se fossero al centro di una rete di relazioni con l’ambiente, relazioni di affetto e di reciproca simpatia»

Ma il genio inventivo e progettuale di Castiglioni non si è espresso soltanto nell’ambito dell’industrial design: ha trovato terreno fertile anche nel settore degli allestimenti (per fiere campionarie e stand, progetti espositivi e mostre d’arte), dando origine a vere e proprie pietre miliari nella storia dell’exhibition design.

Studio di A. Castiglioni, Archivio Fondazione A. Castiglioni (Milano, Piazza Castello)

Studio, Milano

  • © Fondazione Achille Castiglioni

Schizzi, disegni, testi autografi, modelli e prototipi sono custoditi nell’archivio-atelier milanese del designer, oggi diventato Fondazione Achille Castiglioni e gestito con passione dai figli Carlo e Giovanna. Qui è possibile ripercorrere le tappe più significative dell’attività progettuale di Castiglioni, osservarne le diverse fasi dall’intuizione iniziale fino alla documentazione del lavoro finale, e individuarne i tratti salienti: la ricerca costante di nuovi materiali, l’utilizzo delle nuove tecnologie, il virtuoso intreccio tra leggerezza e rigore, gioco e funzionalità, il ricorrere di concetti chiave come il fuori scala, la cinetica, l’allegoria, la sequenza, il ready made, l’uso della riflessione, il segno grafico, il gioco di contrasti. A emergere non è soltanto la figura di un designer, ma anche quella di un regista dello spazio e della luce; un ideatore di allestimenti emotivamente coinvolgenti, immersivi, modernissimi, espressione di una sapienza progettuale carica di inventiva e di una “razionalissima follia” (Italo Lupi).

Tra i documenti presenti alla Fondazione troviamo, per esempio, quelli per la mostra Vie d’acqua da Milano al mare, esposta a Palazzo Reale di Milano nel 1963, dove Achille e Pier Giacomo, utilizzando in modo rivoluzionario elementi da cantiere e povere assi lignee, misero in piedi un allestimento del tutto sorprendente, arricchito da una colonna sonora composta, da un lato, dal rumore dei battelli del Reno e, dall’altro, dal gracidare delle rane nella valle del Po. In questo contesto si inseriva armoniosamente anche la grafica innovativa dello svizzero Max Huber.

Che si trattasse di progetti per aziende pubbliche come la RAI o private come la Montecatini, per mostre importanti come L’altra metà dell'avanguardia, curata dalla critica militante Lea Vergine, o per le svariate edizioni della Triennale di Milano, gli allestimenti concepiti dai Castiglioni (prima a quattro mani e poi dal solo Achille a seguito della prematura scomparsa di Pier Giacomo) si distinguevano per la forte impronta narrativa, quasi cinematografica, erano storie da attraversare, da vivere a più livelli.

Come lo stesso Achille Castiglioni affermava: «Progettare un allestimento è un po’ come progettare in una piccola scala urbana: ci sono problemi simili di percorsi, di comunicazione, di uso, anche estetico dello spazio».

Proprio questa mescolanza di quotidianità e visionarietà, stupore ed equilibrio, è stata una delle cifre più rilevanti del lavoro del designer, e sarà una delle lezioni più importanti lasciate alle successive generazioni.

Achille Castiglioni

Millevoci 22.06.2018, 11:05

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