Arte

Alexander Calder

Eleganza dell’equilibrio, ironia della struttura

  • 24 maggio, 07:43
Calder. Sculpting Time

Calder. Sculpting Time,. mostra al MASI

  • TiPress
Un giorno, mentre parlavo con Calder nel suo atelier, un mobile, che fino a quel momento era restato a riposo, fu preso, proprio accanto a me, da una violenta agitazione. Feci un passo indietro e credetti di essermi messo fuori dalla sua portata. Ma, improvvisamente, quando quell’agitazione l’ebbe lasciato e sembrava ripiombato nella morte, la sua lunga coda maestosa, che non aveva mosso, si mise indolentemente in moto, come a malincuore, girò nell’aria e mi passò sotto il naso.

Jean-Paul Sartre

Il Museo della Svizzera Italiana ospita 35 opere di Alexander Calder di primissima qualità, con un allestimento fitto in uno spazio limitato.

È magnifico, anche in una situazione di compresenza tra opere che si costeggiano, fiancheggiano, fronteggiano, immettere la propria percezione in un mondo calder. La luce agisce sulle forme mobili o stabili (Mobile e Stabile sono la definizione di due tipologie di sue opere) e siamo accolti in uno spazio da abitare, in una architettura fatta di volume aereo all’interno della quale volteggiano forme e ombre che sono, a loro volta, forme.

È proprio come quando vai al circo e, seduto scomodo, ti emancipi dalla panca nell’aria non gradevole, dagli spifferi, umidità, caldo, odori, e il tuo collo proietta la percezione lassù, dove volano gli acrobati, laggiù, dove gli animali e le persone volteggiano, corrono, si sfidano e motteggiano e ti scoppia di sghignazzare per una pernacchia o un finto scappellotto. Alexander Calder il circo se lo è fatto con i suoi ditoni, diceva lui e lo ha messo in due valigie e quelle sensazioni di sogno nel mirabolante ce le ha offerte con la perizia poetica di un artigiano ingegnere. Le opere più grandi, meglio definite, ci proiettano in un ulteriore universo di perizia, di senso strutturale, di eleganza.

Calder

Alphaville 09.05.2024, 11:05

  • Foto Luca Meneghel © 2024 Calder masilugano.ch

Jean-Paul Sartre scrisse che i movimenti delle opere di Calder, pur avendo l’unico obbiettivo di piacere, «hanno un senso profondo e metafisico». Esso è generato dalla riflessione e dal lavoro strutturale. È l’architettura strutturale di ogni opera a darle il senso. È vero che vediamo una grazia e un disegno (per certi aspetti si tratta dunque più di disegno che di scultura); è vero che la scelta dei colori è raffinata e brutalmente sofisticata (pensiamo a come i colori primari sono stesi in Yucca del 1941) e che è virtuosa la modalità di assemblare le forme, per esempio la scelta di come posizionare un fiore o di come distribuire i soggetti neri e quelli grigi in Arc of Petals sempre del 1941. Ma il fattore portante del risultato finale è l’eleganza strutturale, il modo in cui le componenti delle opere stanno insieme e reagiscono alle sollecitazioni esterne o esogene. Stiamo parlando di una ingegneria strutturale che non solo genera qualcosa di elegante ma è elegante in sé.

Possiamo notare tutto ciò anche nelle opere di più piccola dimensione, come è il caso di Hi del 1928, per il modo in cui il disegno è tracciato con il filo di ferro e in cui minimalismo, astrazione, gioco ingenuo, infantilismo e allegria ironica sono rese senza pretese e con una profonda grazia; o nei disegni di un gatto o di una scimmia definiti da un gesto semplice, sintetico, astratto ed efficace. C’è una grande precisione di pensiero che mette la struttura al servizio della forma e il disegno al servizio del piacere e di un godimento della realtà tutt’altro che vizioso, piuttosto sorridentemente contemplativo. In Horizontal Spines del 1942 l’eleganza ci meraviglia con un racconto sviluppato lungo due direzioni opposte: piccole stecche sono attaccate a un asse che fa da contrappeso, come una delle parti opposte di una bilancia, alla teoria di sei soggetti, ciascuno con un piede e una testa; al posto del secondo piede, si protrae ogni volta il soggetto adiacente di misura leggermente inferiore. Osservando il tripode che consente a tutto ciò di esistere nel volume dell’aria, ci accorgiamo che esso è composto da due tondini attorcigliati intorno a un nodo che li congiunge e consente loro di stare in piedi e mantenere tutto il peso delle parti volteggianti al di sopra. Quel nodo è il fulcro non solo strutturale, ma anche espressivo di tutto il lavoro. L’ironia sta proprio lì: nel mettere il fulcro dell’opera laddove chiunque altro avrebbe fatto un giunto o una saldatura, magari raffinata, precisa ma meramente funzionale. È una metafisica ironia.

Turné tra le sculture di Calder

Il Quotidiano 04.05.2024, 19:00

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