Arte

Andrea Pazienza

Il Caravaggio immortale, suo malgrado

  • 16 febbraio, 08:00
  • 16 febbraio, 10:55
Andrea Pazienza

Andrea Pazienza

  • Courtesy: Marcello Mencarini
Di: Guido Piccoli

La grandezza si capisce spesso dopo, quand’è tardi. Con Andrea Pazienza è stato così anche per me, sebbene avessi avuto la fortuna di conoscerlo anche sotto spoglie rare e ignote ai più.
 Nei suoi trentadue anni e poco più di vita, Paz disegnò migliaia di storielle e vignette: una miniera inesauribile, tant’è che continuano a saltarne fuori ancora, magari dai cassetti di qualche amico sbandato e sbadato, tanti anni e decenni dopo quella triste notte del 16 giugno 1988. Per fortuna, da parecchio, sia i suoi fratelli Michele e Mariella che sua moglie Marina stanno recuperandoli per comporre gli archivi di colui che, sempre più chiaramente, si rivela un grande maestro dell’immagine del Novecento.
Anch’io ho un suo originale e bellissimo disegno, appeso al muro di casa sotto la copia del manifesto che lui disegnò per il film di Federico Fellini “La città delle donne”.

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Qualche anno fa a un amico che mi aveva detto “Guido, non sai quanto vale nel mercato dell’arte!” risposi “Lo so, lo so, ma vale ancora più per me, per quello che sono e che voglio restare”. Così come valgono quelle scene, quelle storie, colme di follia, registrate soprattutto a Bologna, dove viveva al primo piano di via Emilia Ponente 223 e dove adesso è appesa questa targa. 

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 Ed è anche grazie a quelle storie e grazie alla radio svizzera (così grande e inspiegabilmente ardita per il piccolo e sobrio Canton Ticino) che ho avuto l’occasione di raccontare di Paz la vita e l’arte. Unendo il parlato, registrato col Nagra ad altri audio registrati nei mesi scorsi con dispositivi più moderni e soprattutto meno pesanti. E aggiungendovi  quello scovato in un etere che manco esisteva quando c’era lui. Tante ore che ho messo insieme con un impegnativo scegli-taglia-cuci-ordina, con l’intento di seguire un filo logico non solo cronologico.
Un gran lavoro insomma, durato molti mesi (me la canto e me la suono da solo, ma è stato così)… Anche in questo caso, il mercato prima citato non c’entra e non conta. Come non conta o conta poco o niente (così come il compenso, che pure c’è stato), il rapporto tempo-danaro. Per un semplice quasi banale fatto: i mesi trascorsi davanti al programma ProTools, saldo sul computer, sono stati mesi di piacere, quasi di godimento, sebbene spalmati, traboccanti e intrisi di grande tristezza. Tristezza per un perché ugualmente semplice e ugualmente banale: da quella triste notte del 16 giugno 1988 lui non c’è più.
D’altronde, come ha detto alla fine dell’ultimo di questi podcast Enrico, l’amico comune, mio e di Paz… nessuno - né io, né lui, né credo nessun altro- avrebbe potuto immaginare un Paz anziano, stanco, rammollito e fiacco, imbiancato o incanutito, com’è destino inevitabile prima o poi, per tutti i fortunati che arrivano ad una certa età…

Enrico

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

Sarebbe come vagheggiare un Peter Pan in coda agli sportelli dell’Inps (l’ente previdenziale italiano) o un Piccolo Principe con in mano il contenitore delle urine per le analisi per la prostata. Impossibile. Come ha commentato un giorno suo fratello Michele, “per Andrea non esisteva il futuro, ma un presente che valeva tre volte il nostro. Lui ha vissuto anni che valgono decenni, tant’è che si può dire che sia morto di vecchiaia”. Inoltre lui lo sapeva che sarebbe campato poco, sebbene lo slogan che ripeteva spesso fosse “la pazienza ha un limite, Pazienza no”.

Questo mio lavoro per fare i podcast ha dovuto comunque fare i conti con una sfida, o meglio una contraddizione evidente e impegnativa: come fare un’opera di parole e di suoni da una storia di un uomo tutto dedito all’immagine, tutto matite, pennarelli e pennelli? 

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La risposta è semplice… e fu lo stesso Paz a darla…

Paz

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

Questa ammissione prova che Andrea ha sempre intrecciato vita e arte. Parlava di sé e dei mutamenti suoi e del suo intorno con le vignette, ma soprattutto con le storie, da quelle di Pentothal a quello di Zanardi, da quelle di Pompeo fino a quella incompiuta che stava facendo quando una siringa, ereditata appunto da Pompeo, lo stroncò nel suo casolare di Montepulciano. Era la storia di Astarte, il cane di Annibale, che Paz aveva immaginato e stava disegnando in seguito al grande amore che aveva per i suoi due cani che scorrazzavano giorno e notte nei boschi intorno a quel casolare: Paco e Salomè.

E quindi, per chiudere con la contraddizione appena citata, la celebrazione della sua arte combacia col ricordo della sua esistenza (così com’è vero anche il contrario). Esistenza che ho diviso inevitabilmente per periodi e quindi per puntate delle quali, adesso, riferisco alcuni dettagli. Mettendoci ogni tanto, qualcosa di me o di mio con lui, come pare sia uso di quel formato di comunicazione e intrattenimento che ha preso il nome di podcast. 

Nel primo ho ricordato, ad esempio, come conobbi Andrea. Forse per l’amore condiviso per una bella ragazza dagli occhi nocciola e i capelli che diventavano, ogni estate garganica, sempre più biondi. O forse per un altro amore condiviso, stavolta con un’altra ragazza, altrettanto bella, che dal sud si trasferì verso la fine degli anni ’70 in quella Bologna rimasta creativa, ribelle ed esplosiva fino alla deflagrazione della bomba alla stazione, restata oscura come d’altronde molto altro di quei tempi, insieme bellissimi e bui. Durante i quali aveva agito un’impresa tanto criminale quanto impunita (essendo perpetrata da mandanti potenti e sempre intoccabili), della quale parlerò più diffusamente più avanti: l’Operazione Blue Moon. Il primo podcast manifesta anche la grandezza di Paz che emerge dagli incontri e dalle relazioni con personaggi eccellenti come il presidente della repubblica Sandro Pertini o come Federico Fellini. Grandezza che è rimarcata più dettagliatamente da giornalisti, saggisti e colleghi di carta e matita… Tra i tanti che parlano di Paz ricordo Roberto Benigni, lo scrittore Giancarlo De Cataldo, il giornalista Rai Vincenzo Mollica, il saggista Franco Berardi detto Bifo. E poi vari artisti “fumettari”, da Vittorio Giardino a Gianni Pacinotti detto Gipi e a Igor Tuveri detto Igort. E anche la mamma di Andrea, Giuliana Pazienza, che vive ancora nella sua San Severo. E poi, ancora, ricordo coloro le cui testimonianze sono riuscito a registrare nell’estate scorsa, dalla sorella di Andrea, Mariella, a Milo Manara, dal neuropsichiatra Enrico de Notaris all’artista Giuseppe Palumbo.

Proprio di quest’ultimo, che qualche anno fa disegnò, per la francese Dargaud e l’italiana Mondadori, il mio “Escobar”, propongo una frase che con poche parole manifesta la grandezza di Paz.

Palumbo

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

Nel secondo podcast si segue il fantastico viaggio di Andrea dalla nascita fino al liceo lungo un percorso tra luoghi etichettati dai santi (San Benedetto del Tronto, San Severo e San Menaio). E all’inizio emerge la sua precocissima genialità, dimostrata incredibilmente quando non aveva nemmeno due anni, come ricorda la sorella Mariella.

Mariella

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

Sempre nel secondo podcast appare anche il suo primo amore, quello con la biondissima Isabella nello splendido scenario del Gargano

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così come le prime amicizie artistiche al liceo di Pescara, dove conobbe un altro grande dei comics, Gaetano Liberatore detto Tanino di due anni più vecchio, che così lo ricorda…

Tanino

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

Oltre ai personaggi citati, va ricordato il suo professore di disegno, Sandro Visca, che intuendo con chi avesse a che fare riuscì a convincere Andrea a iscriversi al Dams di Bologna, l’Istituto fondato pochi anni prima da Umberto Eco che si occupa di arti, musica e spettacolo.

Fu proprio a Bologna dove Paz sterzò bruscamente in ogni sua attività, sprofondando nel disordine della sua casa di via Emilia Ponente dove cominciò sempre più a sperimentare pericolose narco-abitudini, ma anche dove nacque l’amore per la bella e serena Betta e dove accumulava eterni ritardi non solo nella realizzazione delle tavole per varie riviste (a cominciare da Linus), ma anche nei pagamenti di affitto e bollette.

Il tutto accadeva in una turbolenza cittadina generata dalla ribellione giovanile che spinse alcuni giovani alla lotta armata e lo Stato a una repressione fatta non soltanto di manganelli, lacrimogeni e talvolta fucilate, ma anche all’attuazione di trame raffinate e tuttora completamente impunite, anche se ben conosciute tanto da essere raccontate tranquillamente dalla televisione di Stato, qualche anno dopo…

Paz che fermava la mano, stretta su matite e pennarelli, solo per farsi canne e purtroppo anche siringhe… fu una vittima di questa trama, raccontata in questo podcast (il terzo) dal conduttore e giornalista Rai Gianni Minoli, dallo psichiatra Luigi Cancrini, dal magistrato Guido Salvini e dallo scrittore Giancarlo De Cataldo. Tutte persone importanti e consapevoli.

Sugli sballi, anche quelli pesanti e pericolosi, Andrea comunque scherzava sempre, e anche troppo.

Il quarto podcast è per lo più occupato da due storie al riguardo, da sorridere e da ridere. La prima, che mi vide co-protagonista, ebbe come scenario la mitica dimora di via Emilia Ponente. Non volendo ripetermi, propongo soltanto l’ultimo spicchio di quella notte assurda… (erano più o meno le 5 o le 6 di mattina del 6 giugno 1981)… la voce sulla musica dei Rolling Stones è quella del folle amico di Andrea, il pugliese-americano Ben Macchiarola

Via Potente

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

Alla fine del podcast sentite i saluti di Paz, Ben, Nicola Corona detto Nic e il mio…. Quella che per me fu una notte unica e indimenticabile, per Andrea era quasi normale: di notti così ne faceva tante, se non tutte, sicuramente troppe… Nel mentre però doveva anche rispondere ai problemi postigli dal grigio reale… tra questi la chiamata alle armi, assurdo per lui… e, ancora più assurdo al limite del folle, per… far parte dei Corazzieri di Sardegna. Buona parte del quarto podcast è dedicato a questi due momenti (il primo bolognese, l’altro per lo più napoletano)… anche se c’è spazio per ricordare e spiegare le produzioni principali di Paz, sempre legate ai suoi momenti di vita… da Pentothal a Zanardi e Pompeo, l’ultima opera completa che lui non esitò a definire così… 

Pompeo

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

7 Mp3 Paz Pompeo

Nel Luna Park napoletano comunque riceveva e dava molto.
Innanzitutto, regalando la materia che più possedeva, cioè arte ed estro. Ad esempio, per ripagare un guaio fatto durante una Fiera del Fumetto, Paz di fronte a centinaia di giovani estasiati, disegnò in sole tre ore col pennello, su un muro di un padiglione della Mostra d’Oltremare, una straordinaria mischia di uomini, leoni, avvoltoi, cavalli, cani, antilopi e quant’altro…

E lo fece d’istinto, senza prendere le misure, senza staccarsi nemmeno un po’ a riflettere, senza prevedere lo sviluppo e tanto meno il finale.

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Quindi lo fece rispettando la sceneggiatura di tutta la vita.

E, parlando di Napoli, non è possibile dimenticare il suo profeta, il grande Antonio de Curtis, in arte Totò, a cui Paz dedicò vignette di ogni tipo. Lui e Totò erano accomunati dal gusto delle battute assurde fino alla capacità d’inventare un linguaggio surreale e farsesco, ottenuto giocando con le parole e le immagini.

Totò fu importante per Paz, non solo nella vita ma anche, tristemente, in quella notte del 16 giugno 1988, come ricorda –quasi alla fine del quinto podcast- l’editore Mauro Paganelli, che gli era amico oltre che vicino alle campagne di Montepulciano.

Paganelli

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

In questi ultimi due podcast, a intervenire nel racconto del vano tentativo di Andrea di sfuggire alla morte, dotata di falce e siringa, sono in tanti: oltre all’editore appena ascoltato, Mauro Paganelli, i suoi amici di sballo Nicola Corona e Ben Macchiarola. E poi il fratello Michele Pazienza e ancora Enrico de Notaris, Sandro Visca, Giuseppe Palumbo, Milo Manara, Franco Berardi. E infine i suoi amori, dalla moglie Marina Comandini a Elisabetta Pellerano, da Isabella Damiani fino alla sorella Mariella. Di questa ascoltiamo il suo ultimo doloroso ricordo…

Mariella

RSI Cultura 14.02.2024, 11:00

E Andrea se ne andò all’appuntamento con la morte dotata di falce e siringa, sulla sua Yamaha SRX600… la stessa che aveva disegnato per una tavola sulla Palestina pochi mesi prima di morire…

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Lui quella notte morì… così come in questi giorni sta morendo ammazzata la Palestina … Se fosse ancora vivo Paz forse cambierebbe la targa… invece di “Pal 001”, perché allora c’era comunque una speranza, scriverebbe dolorosamente “Pal 000” perché la speranza da quelle parti sembra morta e perché lui, a differenza di molti, oltre alla testa, oltre alla mano, aveva un grande cuore…

Andrea Pazienza

Andrea Pazienza

  • Courtesy: Isabella Damiani

Questi audio sono dedicati a tutte le persone citate e a molti altri, decine e forse centinaia di migliaia di donne e uomini, che lo ricordano o lo scoprono e richiedono sempre di più stampe e ristampe delle sue opere meravigliose. 

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