Ci sono artisti per cui l’arte è bellezza, armonia, piacere. Altri, invece, per i quali è tensione, incertezza, qualcosa da mettere in discussione, stravolgere, ripensare ogni volta da capo. Bruce Nauman è tra questi ultimi: fin dagli anni Sessanta, muovendosi tra molteplici media ‒ video, scultura, performance, installazione, fotografia, disegno e suono ‒ porta avanti una ricerca rigorosa, complessa e radicale. “Mettetevi scomodi e fate come se non foste a casa vostra” sembra dirci Nauman con le sue opere, che spesso e volentieri generano spaesamento e inquietudine, invitandoci a sondare i nostri limiti fisici e mentali.
«Fin da subito ho cercato di vedere se fosse possibile fare un’arte che suscitasse questo, che fosse semplicemente lì, improvvisamente. Come prendere un colpo in faccia con una mazza da baseball. O meglio, come essere colpito sulla nuca. Non si vede mai arrivare il colpo; ti butta a terra e basta […]. Il tipo di intensità che non fa capire se piacerà o no».
Insomma, per l’artista statunitense, pioniere della video art e della performance, l’obiettivo non è mai stato quello di “fornire o fare delle belle cose”, quanto piuttosto di trovare i modi per “far riflettere sulle cose”.
Bruce Nauman, One Hundred Live and Die, 1984. Collection Benesse House Museum, Naoshima
Con oltre cinquant’anni di indefessa attività alle spalle, costellati di importanti riconoscimenti come il Leone d’oro alla Carriera nell’ambito della Biennale di Venezia del 1999 e quello per la migliore partecipazione nazionale con il Padiglione degli Stati Uniti d’America nel 2009, Bruce Nauman è a buon diritto annoverato fra le personalità più influenti e significative del panorama artistico internazionale.
Bruce Nauman
Voci dipinte 03.01.2021, 10:35
Nato il 6 dicembre 1941, Bruce Nauman è originario di Fort Wayne, Indiana. Da bambino si diverte a realizzare modellini di aeroplani nell’officina di suo padre. Fin da giovanissimo si dedica alla musica, studiando chitarra classica e nutrendo interesse per la tecnica a dodici toni del compositore Arnold Schönberg (figura che, assieme allo scrittore Samuel Beckett e al filosofo Ludwig Wittgenstein, avrà un peso non indifferente nel suo modo di approcciarsi all'arte e di scardinarne le convenzioni).
Bruce Nauman, The True Artist Helps the World by Revealing Mystic Truths, 1967. Kunstmuseum Basel
Inizialmente, Nauman studia matematica alla University of Wisconsin, per poi orientarsi verso i corsi d’arte del medesimo ateneo. «C’è un particolare modo di pensare in matematica che ho riportato nel mio lavoro. L’attività di indagine è comunque necessaria, perché facciamo troppo affidamento a verità indiscusse e tramandate» ha dichiarato l’artista in proposito. Nel 1965, si sposta alla University of California per approfondire gli studi artistici. Ben presto, però, il giovane Nauman accantona la pittura per esplorare nuove modalità espressive e discostarsi dalla bidimensionalità della superficie pittorica. Sono anni di grande fermento creativo, in cui va sviluppandosi una forte commistione delle diverse discipline artistiche, in particolare fra arti visive, danza, musica e performance (basti pensare alla danza post-moderna di Merce Cunningham, alle rivoluzionarie composizioni musicali di John Cage, o ancora alle sperimentazioni filmiche di artisti come Joan Jonas e Vito Acconci). È in questo humus fertile e innovativo che Bruce Nauman si forma e muove i suoi primi passi una volta completati gli studi.
«Quando frequentavo l’università, pensavo che l’arte fosse qualcosa che avrei imparato a fare, e che poi avrei fatto e basta. A un certo punto ho capito che non avrebbe funzionato così. Dovevo ricominciare da capo ogni giorno per capire cosa fosse l’arte». Così, stabilitosi in uno studio ricavato da un vecchio negozio a San Francisco, Nauman decide di partire da ciò che di più essenziale e vitale ha a disposizione: il suo corpo.
Bruce Nauman
«Non avevo abbastanza soldi per procurarmi i materiali con cui lavorare. Così sono stato obbligato a esaminare me stesso e cosa stessi facendo nel mio studio». I suoi primi lavori sono costituiti da azioni elementari, esercizi minimi, reiterati e spesso al limite dell’assurdo, che Nauman registra con una cinepresa 16 mm o una videocamera fissa fino alla fine del nastro. Opere come Washing Hands Abnormal, Bouncing in the Corner, Slow Angle Walk (Beckett Walk), Walking in an Exaggerated Manner Around the Perimeter of a Square sono considerati oggi dei video iconici e pionieritici. Nauman vi misura i propri limiti fisici e i confini architettonici dello spazio di lavoro, che si fa campo di sperimentazione. Il suo corpo è al contempo oggetto e soggetto, diventa strumento di ricerca, materiale scultoreo, opera mobile e instabile.
Bruce Nauman
Voci dipinte 03.01.2021, 10:35
Tra i lavori più emblematici di questo primo periodo vi è il video Walk with Contrapposto (1968). Mostra l’artista che, mantenendo una posa chiastica, cammina lentamente avanti e indietro all’interno di uno stretto corridoio costruito appositamente nel suo studio. Da questo momento in poi, la struttura del corridoio diventerà un elemento ricorrente nella ricerca di Nauman, caratterizzando installazioni sempre più complesse, dove non sarà più soltanto il suo corpo a muoversi, ma anche quello del pubblico, che da semplice fruitore diviene anche attivatore dell’opera. «Nel contesto museale [il corridoio] serve ad attutire e poi intensificare la risposta acustica, visuale e cinestetica di chi passa attraverso la parete o intorno a essa, che in sostanza è la funzione di qualsiasi opera» spiega Nauman al riguardo.
Bruce Nauman, Performance Corridor, 1969. Solomon R. Guggenheim Museum, New York
Negli anni successivi, attraverso lavori come Performance Corridor, Corridor Installation (Nick Wilder Installation), Kassel Corridor: Elliptical Space, Green Light Corridor, l’artista chiama in causa lo spettatore, invitandolo a mettersi in gioco. A interessarlo è il rapporto che questi instaura con lo spazio circostante. Col tempo, Nauman arricchisce le sue strutture di elementi sonori, luminosi, visivi e tattili, quali neon, specchi, luci colorate, voci, videocamere a circuito chiuso, per offrire un’esperienza di fruizione sempre diversa, capace di volta in volta di produrre spaesamento, curiosità, fascinazione, ansia, senso di oppressione o di claustrofobia. «Voglio che [la mia arte] sia impetuosa e aggressiva, perché questo costringe la gente a prestare attenzione». E ancora: «C’è una certa tendenza a confondere le cose, ad assicurarsi che la gente sappia che si tratta di arte, mentre l’unica cosa da fare è esporla, lasciare che faccia da sola. Credo che la cosa più difficile sia presentare un’idea nella maniera più diretta».
Bruce Nauman
Vita e morte, piacere e dolore, corpo e identità, controllo e fallimento sono i grandi temi che Bruce Nauman affronta con i suoi lavori. Tematiche che indaga non soltanto attraverso le grandi installazioni dei corridoi e delle architetture praticabili, ma anche servendosi delle diverse potenzialità del linguaggio. L’uso della parola scritta, spesso sotto forma di neon luminoso, così come l’impiego della voce nelle sue tante sfumature di tono, volume e intenzione e il ricorso a giochi di parole e a testi ironici e ambigui contraddistinguono fin da subito la pratica di Bruce Nauman. Emblematiche in tal senso sono opere come la monumentale installazione al neon One Hundred Live and Die (1984), consistente in cento brevi sentenze che si accendono e si spengono alternativamente fino a illuminarsi tutte quante assieme, offrendo una riflessione provocatoria e caustica sulla vita e la morte; o come Get Out of My Mind, Get Out of This Room (1968), in cui la voce dell’artista, affannosa, rabbiosa e ossessiva, è diffusa in una stanza spoglia suscitando in chi ascolta una sensazione di ansia e disagio.
I nostri comuni punti di riferimento, la percezione del tempo e dello spazio, il rapporto con il nostro corpo e con ciò che ci circonda, il linguaggio: tutto vacilla e diventa incerto quando osserviamo e facciamo esperienza di un’opera di Nauman.
Efficaci in tal senso sono le parole di Rein Wolfs, direttore dello Stedelijk Museum di Amsterdam: «Il lavoro di Nauman ti entra sotto la pelle. Chiede concentrazione e riflessione. Strati di significato più profondi si rivelano, quasi inconsciamente. Qualcosa che è in contrasto con la brama odierna di azione frenetica e gratificazione immediata».