Aoi Huber Kono - Il sensore nascosto è la mostra aperta al Museo Villa Pia di Porza
Aperta dall’8 giugno al 12 ottobre 2025, la mostra è a cura di Tiziana Lotti.
Per l’occasione è stato pubblicato un volume con testi critici di Tiziana Lotti e Mario Piazza, edito dalla Fondazione d’Arte Erich Lindenberg/Casagrande, 2025. Il volume contiene omaggi di: Alberto Bianda, Mario Botta, Achille Castiglioni e Bruno Munari. Biografia a cura di Carlotta Rossi.
Aoi Huber Kono è grafica e artista svizzera, di origine giapponese, assai poliedrica. Nel suo lavoro creativo si distingue per la sua capacità di fondere armoniosamente una certa sensibilità del tratto, che le viene forse dalle sue origini giapponesi e un certo rigore, che guarda all’astrattismo europeo. Il risultato è un linguaggio artistico tutto personale e che mette al centro il segno e il colore, perseguendo la semplicità e l’eleganza di un’astrazione piena di evocazioni naturali. Si è dedicata all’illustrazione, alla grafica, alla pittura e alla grafica d’arte, ma anche alle arti applicate con forme e sviluppi diversi che spaziano dalla ceramica, all’illustrazione di stoffe, giocattoli e tappeti. A lei e alla sua evoluzione artistica, La Fondazione d’Arte Erich Lindenbergh, con sede a Villa Pia a Porza, dedica ora una mostra dal titolo Aoi Huber. Con il sensore nascosto.
Alphaville, a cura di Mattia Pelli, ha parlato di questa straordinaria occasione espositiva con la curatrice Tiziana Lotti, storica dell’arte e curatrice della Fondazione d’arte Erich Lindenberg e del Museo di Villa Pia.
Nei progetti di arte applicata troviamo questi piccoli segni che si intrecciano e danno vita a dei motivi che sono molto giocosi che possono essere gelati possono essere pesci case sono diciamo segni che ci raccontano il quotidiano per ampliare forse un po’ la parte visiva. Possono essere anche più piccoli, come tegole, sassi, foglie, anche vapori, pelli, fiori. E nascono da questa semplicità del suo gesto di amore.
Tiziana Lotti

Aoi Huber Kono, Il sensore nascosto, Museo Villa Pia di Porza
Aoi Huber Kono è figlia di uno tra i massimi grafici giapponesi Takashi Kono e moglie di un grafico svizzero altrettanto noto, Max Huber, che sposa nel 1962. Con lui si stabilisce prima a Milano e poi in Ticino, dove risiede e lavoro ancora oggi, nella sua casa-atelier di Novazzano.
Il suo percorso artistico la porta ad usare il segno come protagonista assoluto. Un sorta di astrattismo poetico che attraversa la sua opera dalla pittura fino all’arte applicata, agli oggetti d’arredo. Al centro della sua opera e del suo lavoro c’è grande passione per il fare, ma soprattutto divertimento, concetto assai caro a Bruno Munari artista amico di Aoi Huber Kono e che sosteneva che l’artista aveva come una sorta di “sensore nascosto” che nascondeva forse tra i capelli.
In Aoi si percepiscono da una parte gli equilibri delicati giapponesi e dall’altra parte il rigore, ma anche la gioia, che si manifesta soprattutto nel colore. Cosa che forse in Giappone possiamo darci un’immagine rappresentata piuttosto da qualcosa di più tenue o che tende anche verso il bianco e il nero quasi nell’assenza del colore. Invece nel suo quasi sodalizio, diciamo così, con l’Europa si innamora proprio di questa componente.
Tiziana Lotti
I colori di Aoi Huber Kono
Alphaville 10.06.2025, 11:05
Contenuto audio
Aoi Huber Kono: sintesi fra tradizione giapponese, grafica moderna e sperimentazione interdisciplinare
di Carlotta Rossi
“Vedere e capire le strutture che sono nelle forme naturali”: così Bruno Munari descrive nel 1994 la sensibilità dell’artista giapponese Aoi Huber Kono, paragonandola a un particolare sensore nascosto nei suoi capelli. Una definizione che coglie in profondità la cifra del suo stile personale, capace di fondere minimalismo segnico e rigore con la spontaneità e l’organicità delle forme, rendendo visibile la bellezza delle piccole cose.
Aoi Huber Kono nasce a Tokyo nel 1936 in un ambiente familiare creativo e stimolante. Il padre è il celebre grafico Takashi Kono, grande conoscitore delle avanguardie europee, che ha rivoluzionato la grafica giapponese unendo la modernità occidentale all’estetica tradizionale. La madre è Mako Arita, una delle prime donne in Giappone ad esercitare la professionedi copywriter. Questa fusione diventa per Aoi una fonte di ispirazione e un prezioso nutrimento per la sua visione estetica.
Aoi si diploma nel 1960 in arte e musica presso la Tokyo Geijutsu Daigaku (Università delle arti). Poi, grazie a Stig Lindberg, artista e designer svedese che il padre conosce in Giappone verso la fine degli anni Cinquanta, si trasferisce a Stoccolma per seguire un corso di perfezionamento in grafica alla Konstfack University of Arts, Craftsand Design. Nel 1961 raggiunge il padre a Milano in occasione di un’importante conferenza che riunisce i maggiori grafici del momento e in questo contesto conosce Max Huber, noto grafico svizzero, che sposa nel 1962 e con il quale si stabilisce prima a Milano (1962–1970) e poi a Sagno, nella Svizzera italiana.
La sua sensibilità artistica è quindi una perfetta sintesi di questi tre ambienti culturali: la tradizione estetica giapponese, che le ha dato una visione bidimensionale e astratta della realtà; la grafica svizzera moderna, appresa attraverso il marito Max Huber, che unisce rigore tipografico, astrazione geometrica e armonia formale; e la scena culturale milanese degli anni Sessanta, caratterizzata da sperimentazione interdisciplinare e creatività.
Se in un primo momento, immersa nel fervore creativo della Milano del secondo dopoguerra Aoi Kono stringe amicizie significative con artisti del calibro di Bruno Munari, Achille Castiglioni, Piero Manzoni, Kengiro Azuma e Ugo Mulas, con il trasferimento in Svizzera nel 1970, prima a Sagno e poi a Novazzano, si apre per Aoi una nuova fase, segnata da incontri altrettanto stimolanti ma inseriti in un contesto legato al territorio. Tra questi l’architetto Mario Botta, per il quale realizza negli anni Ottanta degli arazzi. A questa rete si aggiungono anche due importanti figure comasche, Paolo Minoli e Angelo Tenchio, che daranno un contributo rilevante allo sviluppo della sua ricerca nel campo dell’incisione e della serigrafia.