Arte

L’utopia nella matita

Cinque anni senza Alessandro Mendini

  • 18 febbraio, 08:12
  • 19 febbraio, 09:41
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Alessandro Mendini

Di: Romano Giuffrida 

«Alessandro Mendini è una delle menti più rare e più iconiche nella storia dell’arte e dell’architettura. Il suo pensiero filosofico è più che originale. Egli ha spinto il suo pensiero oltre i confini della creatività, cercando incessantemente, e in un modo che non ha mai ammesso compromessi, l’idea più essenziale del progetto. E i risultati convergono sulle idee più utopiche e di vasta portata dei nostri tempi. In un’era in cui le idee sull’architettura sono copiate e riprodotte nel mondo intero con una velocità più che ‘virale’, Mendini e il suo lavoro rimangono impareggiabili, profetici e originali, con l’impronta unica di un architetto davvero geniale».
Con queste parole, Christian Narkiewicz-Laine, Presidente del Museo The Chicago Athenaeum ha nominato Alessandro Mendini vincitore dell’European Prize for Architecture Awards ossia della più alta onorificenza dell’architettura europea. Era il 2015, e l’importantissimo premio andava ad aggiungersi a un’interminabile serie di riconoscimenti che, l’architetto e designer scomparso all’età di 87 anni a Milano il 18 febbraio 2019, ha ricevuto nel corso del tempo. Si va dalla nomina a Cavaliere delle arti e delle lettere in Francia all’onorificenza dell’Architectural League di New York, da numerosissime Lauree Honoris Causa da altrettante università nel mondo alla nomina a Membro onorario dell’Accademia di Gerusalemme a quella di Professore onorario del Consiglio accademico di Belle arti di Canton. L’elenco potrebbe proseguire a lungo perché la ricerca teorica e progettuale di questo “rivoluzionario postmoderno”, sia in campo architettonico che in quello del design, lo hanno portato a essere non solo un punto di riferimento internazionale, ma anche l’artefice di una insurrezione “colorata” che continua ad affascinare e stimolare generazioni di architetti e designer.

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Lontano da vezzi e vizi dei cosiddetti “archistar” e quindi lontano dalle passerelle della società dello spettacolo, Mendini, che si definiva «uno specialista del dilettantismo», insieme al fratello Francesco, anch’egli architetto, ha saputo coniugare il rigore della geometria e della matematica applicate al progetto con l’utopia dell’immaginazione. Se da un lato poteva assomigliare, come si definiva lui stesso, a Geppetto, ossia a un “padre artigiano” che possiede il potere della creazione, dall’altro lato, con la sua fantasia, la spontaneità creativa e il coraggio di uscire dalle regole, è stato sicuramente il Gian Burrasca della progettazione architettonica e del design degli ultimi cinquant’anni. Dietro al sorriso e allo sguardo che mescolavano in egual misura timidezza, dolcezza e ironia e che risultavano disarmanti tanto erano lontani dall’ostentazione che ci si sarebbe aspettati da chi era stato definito «genio dell’architettura del Novecento» e «protagonista assoluto del design italiano e mondiale», Alessandro Mendini nascondeva lo spirito indomabile di un bambino impegnato nella reinvenzione del mondo. Non a caso, amando sin da giovanissimo disegnare, prima di scoprire l’architettura e il design, si era immaginato un futuro da Walt Disney, ossia da fumettista impegnato a ridisegnare la realtà secondo la propria fantasia.

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Alessandro Mendini al Museo Groninger

Non ha disegnato fumetti, ma a osservare le architetture che ha realizzato è difficile non intravvedere nelle forme e nella ricerca cromatica possibili scenari di graphic novel futuribili. E’ la sensazione che si ha osservando, ad esempio, il Groninger museum, dove Mendini ha realizzato quella che chiamava “acropoli utopistica” e che si è concretizzata in una cittadella delle arti, vivace e colorata, che ha l’obiettivo di esporre le opere d’arte in spazi architettonici attivi e non “museali”, capaci quindi di essere vissuti profondamente dai visitatori.

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Lo stesso si può dire passeggiando nelle stazioni Salvator Rosa, Università e Materdei della metropolitana di Napoli, ricche di mosaici “alla Gaudì”, dove si ha l’impressione di camminare in una tavola post-futurista tratta da un numero degli anni Ottanta della rivista Frigidaire o in una scenografia del coevo gruppo teatrale Magazzini Criminali. Tra l’altro, con i Magazzini e i Matia Bazar, nel 1983 Mendini realizzò anche un disco, Architettura sussurrante, con frammenti delle sue riflessioni teoriche sull’uomo e sul suo spazio abitativo. Ad esempio: «La casa ha il pavimento vischioso come il miele, i piedi ci si attaccano e non si riesce più a uscirne / (…) La casa è il rifugio ipocrita per quelli che temono le intemperie della vita» oppure: « Addio progetto urbanistico: perché accumuleresti solo immondizie e ricchezza, Addio progetto “in generale”: perché sopra al progetto vince la vita». Anche per esperienze come queste Alessandro Mendini fu giudicato un “artista totale” e tale effettivamente era. Nel suo giocare a lavorare, come diceva, intrecciava l’amore per l’arte pittorica conosciuta nella casa di famiglia, dove non solo c’era una collezione di pittura moderna che spaziava da Carrà, De Pisis, De Chirico a un migliaio di quadri circa, ma nella quale conobbe sin da ragazzo artisti come Fontana, Baj, Manzoni. Questa “abitudine” al bello, che influenzò anche la sua progettazione tanto da portarlo a dire: «Per me le superfici degli oggetti e delle architetture sono come dei dipinti», si annodava poi al piacere delle forme giocose, retaggio del suo giovanile desiderio fumettistico.

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Anna G. e Anna Pepper

Quasi tutta la sua produzione come designer va in questa direzione tant’è che, se disponessimo di un’immaginaria macchina del tempo per tornare agli anni Dieci e Venti del secolo scorso, è quasi certo che lo vedremmo divertirsi insieme a Fortunato Depero nel lasciare entrambi libero spazio alla “immaginazione al potere”. Nel design Mendini ha portato infatti il suo desiderio di antropomorfizzare gli oggetti: era convinto «che le opere che si presentano come figure antropomorfe possano entrare in un più intimo contatto con le persone”.
E di fronte al cavatappi Anna G. o al macinapepe Anna Pepper come dargli torto?

Alessandro Mendini, il designer dell’immaginazione

  • Alessandro Mendini, il designer dell’immaginazione (1./3)

    Laser 01.04.2013, 04:00

  • Alessandro Mendini, il designer dell’immaginazione (2./3)

    Laser 02.04.2013, 04:00

  • Alessandro Mendini, il designer dell’immaginazione (3./3)

    Laser 03.04.2013, 04:00

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