Mentre i musei sono alle prese con la revisione del loro codice etico, che delinea e ribadisce alcuni principi - quali l’accessibilità, la promozione dei diritti umani e della giustizia sociale e la comunicazione delle conoscenze nel rispetto delle diverse prospettive delle diverse comunità - negli Stati Uniti la presidenza Trump si scaglia contro l’ideologia e detta nuove regole alle istituzioni culturali per porre fine alle loro politiche di diversità, equità e inclusione. Ma il caso americano non è isolato.
Anche in Europa i musei stanno subendo gravi ingerenze da parte della politica e crescenti pressioni che non si traducono soltanto in tagli ai finanziamenti. Quali sono le ragioni profonde di questi attacchi da parte della politica alle istituzioni museali e quale impatto possono avere sulla credibilità dei musei che dovrebbero fornire al pubblico informazioni autentiche basate sui fatti? Quali pratiche mettere in atto perché il museo continui a essere strumento di cambiamento sociale e presidio di democrazia?
Voci dipinte ne ha parlato con Simona Bodo museologa, ricercatrice e consulente indipendente in tematiche legate al ruolo sociale dei musei e allo sviluppo di comunità patrimoniali aperte, plurali. cofondatrice (insieme a Silvia Mascheroni, a Maria Grazia Pani, Gadda) del gruppo di lavoro Patrimonio di storie e con Anna Chiara Cimoli, storica dell’arte, museologa insegna Storia dell’arte contemporanea all’Università degli Studi di Bergamo. Insieme hanno curato il volume Il museo necessario. Mappe per tempi complessi (Nomos Edizioni, 2023).

La sedia del famigerato bancone del pranzo Woolworth's riservato ai bianchi allo Smithsonian Art Museum di Washington, 29 aprile 2025. Il 28 aprile, lo Smithsonian ha respinto le accuse secondo cui starebbe rimuovendo i reperti divisivi, dal punto di vista razziale, sotto la pressione dell'amministrazione Trump.
Cosa sta succedendo negli Stati Uniti? Ci sono segnali particolarmente preoccupanti. I musei stanno subendo una pressione sempre più grande dalla politica, per cui sono spinti a chiudere.
Segnali preoccupanti? Beh, insomma. Credo che sia abbastanza di dominio pubblico il fatto che uno dei primi ordini esecutivi firmati da Trump fosse mirato a rimuovere qualsiasi tipo di politica definita di “diversity, equity and inclusion” da agenzie e istituzioni federali. E questo ha avuto un impatto devastante sul comparto museale perché tutta una serie di dipartimenti di programmi e anche proprio di figure professionali, in questi musei, sono stati chiusi, sono stati rimossi. E quindi, come dire, il tema è grosso.
Anna Chiara Cimoli

Una rappresentazione interattiva del bancone del pranzo Woolworth's che era riservato ai bianchi, Smithsonian Art Museum di Washington
Si tratta di capire quali margini di manovra ci siano per i musei negli USA per non piegarsi alla volontà di Donald Trump (come ha fatto la National Gallery di Washington) e tenere vive queste componenti oggi davvero fondamentali, imprescindibili, del lavoro museale. Ma nella storia non è la prima volta che ciò accade.
Non è la prima volta. I musei hanno subito ogni sorta di ingerenza. Ma perché i musei sono creature culturali, politiche, immerse nella propria epoca, completamente permeabili alle ideologie e agli strattoni della storia. E di questo abbiamo tantissimi esempi fin dall’antichità. Sappiamo come il patrimonio sia stato moneta di scambio, sia stata oggetto di appropriazioni, di bottino, di scambio economico di ogni tipo. Quindi questa idea di una “verginità delle società” rispetto al patrimonio artistico è ovviamente un’idea da rileggere e da rivedere profondamente.
Anna Chiara Cimoli
Gli studi storici stanno lavorando in questi anni, in modo attento e molto articolato e strutturato, partendo dalla storia e dalla conoscenza della storia, che è fondamentale per avviare ad esempio mediazioni diplomatiche sulle restituzioni di opere d’arte. Basti pensare alle campagne napoleoniche e al processo di restituzione che è avvenuto dopo il 1815. Restituzioni a chiese, a musei, ai luoghi che detenevano quei patrimoni.
In questo contesto va ribadito dunque che i musei non sono e non possono essere luoghi neutrali, dobbiamo proprio toglierci dalla testa che lo siano. E occorre saper prendere posizione in modo chiaro, dicono le ospiti di Voci dipinte, «anche solo con un allestimento piuttosto che con un altro». Occorre dunque sempre chiedersi: come vogliamo presentare una mostra, una collezione? E anche questa è una presa di posizione. Ma allora, cosa significa prendere posizione e disinnescare la polarizzazione, la rabbia politica, che sembra ci circonda in questo momento storico?
I musei che decidono di prendere posizione decidono di esporsi e di essere vulnerabili. E questo è un dato di fatto. Credo che si possa in qualche modo stare vicini a queste istituzioni, credo che le si possa accompagnare e sostenere che ci sia anche un aspetto come dire di presa in carico da parte dei cittadini rispetto a musei che compiono decisioni di questo tipo così coraggiose. È vero però che in realtà il museo si esprime con qualunque suo gesto, con qualunque suo silenzio e anche con qualunque decisione sull’allestimento, sulla curatela, sulla programmazione, sulla ricerca e che cosa andare a studiare. Penso a casi di studi interessanti di di musei italiani e europei che si sono occupati in questi anni di sicurezza sul lavoro penso per esempio alla Wellcome Collection di Londra, che in questo momento ha una bellissima mostra su questo tema. Oppure musei che partendo dalle proprie collezioni decidono di reinterpretarla in una chiave nuova, in una chiave diversa.
Anna Chiara Cimoli
https://rsi.cue.rsi.ch/info/mondo/%E2%80%9CShutdown%E2%80%9D-conto-alla-rovescia-negli-Stati-Uniti--1893780.html
Pare fondamentale dunque che negli USA, ma un po’ ovunque, anche il museo faccia ricorso al sostegno del proprio pubblico, cioè delle cittadine e dei cittadini, perché i musei continuino a essere spazi di convivenza civile e anche e soprattutto di democrazia.
Io credo che i musei, in una certa misura, sottovalutino il loro potenziale. Non solo il loro potenziale, ma anche il potenziale del sostegno da parte della collettività. E questo è un tema importantissimo sicuramente del nostro libro “Il museo necessario”... Il fatto che in caso di difficoltà la collettività si mobiliti a nostro sostegno perché il museo possa continuare a vivere. Questo ovviamente può accadere se il museo lavora in maniera veramente chirurgica e meticolosa e piena di cura, affinché venga percepito come una risorsa per i cittadini, per esercitare i loro diritti.
Simona Bodo
Musei sotto attacco
Voci dipinte 25.05.2025, 10:35
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