Nan Goldin. This will not end well - Milano, Pirelli HangarBicocca, dall’11 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026.
La mostra fa parte di un tour internazionale delle opere di Goldin organizzato da Pirelli HangarBicocca e da Moderna Museet di Stoccolma, in collaborazione con: Stedelijk Museum di Amsterdam, Neue Nationalgalerie di Berlino e con il Grand Palais Rmn di Parigi (dove approderà da marzo a giugno 2026).
Il tour è curato da Fredrik Liew, del Moderna Museet di Stoccolma, mentre la mostra in Pirelli HangarBicocca è curata da Roberta Tenconi, con Lucia Aspesi.
In occasione della mostra è stato realizzato un catalogo Nan Goldin. This will not end well, a cura di Teresa Hahr e Fredrik Liew.
Ho sempre desiderato essere una filmmaker. I miei slideshow sono film composti da fotogrammi.
Nan Goldin
Nan Goldin, 72enne fotografa statunitense, la più influente artista al mondo (secondo ArtReview che 2 anni fa le ha affidato il primo posto nella sua celebre lista dei 100 artisti più autorevoli), ha fotografato abbastanza, per ogni suo singolo slideshow, da arrivare nelle sue opere a lambire l’arte cinematografica, pur rimanendo nello specifico della fotografia. La simbiosi tra Nan Goldin e la fotografia è totale: con la sua vita, con il suo universo affettivo, quotidiano e con il suo impegno umano, sociale, politico che si fa attivismo. La fotografia è entrata nella vita di Nan Goldin in una forma del tutto simbiotica con il suo corpo, lei stessa ha dichiarato di considerare la macchina fotografica come una estensione del braccio.
Aveva 18 anni quando la macchina fotografica è entrata nella sua vita e non se ne è più andata mai più. Con lei è andata ovunque, negli interni domestici, in cucina, in camera, sul letto, fuori casa ai compleanni degli amici (la sua famiglia allargata), in spazi spesso poco illuminati, ma anche all’esterno, sempre con la luce naturale (per non creare un ostacolo tra lei e la realtà che vuole fermare) come in Picnic on the Esplanade. Una tra le sue più belle fotografie, scattata a Boston nel 1973, periodo in cui, tra il bianco e il nero e i colori accesi, fotografa scene di vita insieme ai travestiti e le drag queen con le quali viveva in quel periodo.

Nan Goldin, Picnic on the Esplanade, Boston, 1973 (The Other Side, 1992–2021)
Per capire la complessità dell’opera di Nan Goldin è meglio non perdersi la mostra di Milano ad HangerBicocca, dove è esposto, fino al 15 febbraio 2026, il più grande insieme dei suoi celebri slideshow mai presentati, arricchito da nuove opere e da un’installazione sonora immersiva. La mostra, organizzata in stretta collaborazione con l’artista, presenta i suoi famosissimi slideshow. La mostra include inoltre Bleeding, una installazione sonora commissionata per l’occasione e in esclusiva due dei suoi slideshow più recenti.
“This Will Not End Well” mira a incarnare pienamente la visione di Goldin che negli ampi spazi ex industriali di HangarBicocca, un tempo sede di una fabbrica per la costruzione di locomotive, propone un particolare percorso per spazi raccolti, conclusi, che esprimono in modo coerente, come il suo lavoro debba essere visto e vissuto in uno spazio protetto, raccolto.
Pensavo che non avrei perduto nessuno, se solo lo avessi fotografato abbastanza.
Nan Goldin
Il lavoro di Goldin è da sempre rivolto a fermare istantanee dei suoi legami di vita: gli amici, gli eccessi, gli amori, la disperazione, la gioia, la dipendenza. Maestra nell’arte della fotografia di reportage, parte dall’istantanea, per raccontare la storia di un’intera generazione in diversi scatti che diventano una sorta di diario visivo, estremamente privato, ma anche comune a tutti, toccando aspetti intimi e universali insieme: le nostre solitudini, le nostre relazioni e le nostre solitudini nelle nostre relazioni.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/arte/La-ballata-senza-fine-di-Nan-Goldin--1781335.html
Nata a Washington D.C. nel 1953, adolescente alla fine degli anni ‘60, appartiene ad un mondo giovanile che si ribella alle norme sociali e che non intende più seguire percorsi preconfezionati e sovraimposti. Cresce nella cultura artistica underground di Boston e Manhattan, in anni che precedono le morti per AIDS, in cui si sperimenta la piena volontà di essere se stessi con stili di vita anticonvenzionali e liberi. Intorno al 1980 inizia a presentare i suoi slideshow in diversi club e spazi pubblici di New York, in cinema underground e festival cinematografici europei. In ciascuna di queste occasioni, Goldin ha aggiornato e rieditato la sua opera più nota: The Ballad of Sexual Dependency. Utilizzando proiettori azionava lei stessa diapositive che presentava accompagnate sempre da un sottofondo musicale. Le sue opere poi designate slideshow si affermano come un’intima testimonianza di un’intera epoca.

Nan Goldin, Self-portrait with eyes turned inward, Boston, 1989 (Sisters, Saints, Sibyls, 2004–2022)
Negli ultimi 40 anni, Goldin ha prodotto una decina di slideshow in cui racconta la sua vita e di chi gli sta più vicino, racconti di situazioni familiari viste da vicino, vissuti anche traumatici. Compiaono ritratti di persone a lei care e che compongono la sua famiglia allargata (famiglia queer direbbe Michela Murgia). Negli anni le sue istantanee sono andate sempre più a fondersi con immagini in movimento, suoni, voci e documenti d’archivio. Dà fondo al suo universo espressivo per avvicinarsi al suo sogno di sempre diventare una filmmaker, ma a modo suo. Con la sua voce sempre autentica e originale, sempre tesa ad esplorare la vita e le relazioni umane da vicino, molto vicino. Momenti autentici di una quotidianità che non rimane alla superficie e che si addentra fin nei recessi più intimi, dolorosi, vivi, colorati e spenti, a fuoco e no, dell’animo umano.
Nel suo percorso artistico, fortemente autobiografico, Goldin mette in gioco se stessa, in bilico tra due forme artistiche fotografia e cinema. Visioni che, negli ambienti a giusto titolo semibui degli spazi milanesi, appaiono come attimi di illuminazione profonda e di catarsi collettiva.

Nan Goldin, Amanda at the sauna, Hotel Savoy, Berlin, 1993 (in: The Ballad of Sexual Dependency, 1981–2022)
Nan Goldin crede nell’azione e nell’impegno personale, come all’azione del suo occhio che guarda attraverso l’obiettivo, e si è impegnata personalmente in diverse battaglie: identità di genere, salute mentale e AIDS. Con ACT UP (AIDS Coalition to Unleash Power). Nel 1989 Nan Goldin ha organizzato la prima grande mostra sull’AIDS a New York, oltre ad aver fatto parte di Visual Aids, organizzazione che utilizza l’arte per combattere l’AIDS, stimolando il dialogo, sostenendo gli artisti sieropositivi e organizzando eventi che uniscono arte e sensibilizzazione sull’AIDS.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/arte/Immagini-disobbedienti--2982855.html
Di recente ha investigato nel profondo i lati oscuri delle dipendenze da sostanze con Memory Lost. Slideshow che Goldin ha presentato in anteprima in una serata speciale a margine della mostra a lei dedicata ai Rencontres di Arles 2025 e che comprende immagini tratte dal suo vasto archivio di film in Super 8 degli anni ‘70, registrazioni di segreterie telefoniche degli anni ‘80, video degli anni ‘90 e interviste contemporanee con i suoi amici sul tema della dipendenza da droghe. Un’opera visibile anche in questa mostra milanese.

Nan Goldin, Fashion show at Second Tip, Toon, C, So and Yogo, Bangkok, 1992
I paradigmi visivi di Nan Goldin non hanno influenzato solo il mondo dell’arte, ma va riconosciuto che appare difficile pensare alla storia della pubblicità e della fotografia di moda senza riconoscere quanto il suo approccio alla fotografia sia stato importante e rivoluzionario anche in questi settori.

Nan Goldin, Heart-shaped bruise, New York City, 1980
Nel 2017 Goldin ha fondato P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), un “gruppo di azione” indirizzato contro la famiglia Sackler, la famiglia di miliardari, proprietaria della società farmaceutica Purdue Pharma, che ritiene responsabile di aver innescato la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti. I Sackler figurano fra i maggiori donatori di numerosi e rilevanti musei internazionali. Ciononostante, molte di queste istituzioni hanno risposto alle pressioni di P.A.I.N. rimuovendo ogni traccia del nome Sackler dalle loro sedi. Nel 2022 la regista Laura Poitras ha realizzato un film documentario su Nan Goldin intitolato All the Beauty and the Bloodshed. La pellicola, che è stata premiata con il Leone d’oro alla 79.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, esplora la vita e la carriera della fotografa e documenta le sue azioni con P.A.I.N. e delle sue azioni contro la famiglia Sackler.

Nan Goldin “This Will Not End Well” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025
Bleeding, la composizione appositamente commissionata all’artista da Pirelli HangarBicocca, trae origine dalle registrazioni ambientali, che assumono valenze spettrali, raccolte durante le precedenti tappe del tour internazionale della mostra a Stoccolma, Amsterdam e Berlino, da Goldin stessa e ricomposti tramite uno strumento personalizzato sospeso a mezz’aria nello spazio.
Una mostra da vedere, da ascoltare e da lasciar risuonare, fuori e dentro.

“Nan Goldin: this will not end well“
La corrispondenza 14.10.2025, 07:05
Contenuto audio




