ZFF 2025

“Unidentified”, poliziesco dall’Arabia Saudita al Zurich Film Festival

Dopo “La bicicletta verde”, Haifaa al-Mansour, torna con un film di genere che avrebbe potuto essere rivoluzionario, e invece è solo plasticoso. Peccato

  • Oggi, 13:00
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Unidentified di Haifaa Al-Mansour

  • Al Mansour Establishment for Media Production
Di: Alessandro Bertoglio 

Abbiamo conosciuto Haifaa al-Mansour nel 2012 grazie al suo apprezzato La bicicletta verde (Wadjda). Figlia del poeta Abdul Rahman Mansour, è la prima donna regista del Paese mediorientale, e dopo una serie di corti e documentari, ha trovato nella fiction la sua forma di cinema preferita.

A Toronto e poi qui a Zurigo ha presentato Unidentified, poliziesco che arriva da un Paese in forte espansione, cinematograficamente parlando, diretto da una donna (cosa non proprio diffusissima nei paesi arabi) capace di inserire nella trama temi forti quali la tradizione, la religione, il patriarcato e la critica alla cultura restrittiva.

Unidentified si apre con l’abbandono del corpo di una ragazza nel deserto. In assenza di una collega, Nawal (Mila Alzahrani), che lavora come digitalizzatrice di documenti alla stazione di Riyad nord e condivide con il capitano la passione per i cold case raccontati da un’influencer su TikTok, viene portata sul luogo del ritrovamento. Con i superiori determinati a chiudere velocemente il caso, considerandolo un delitto passionale e senza voler gettare ombre sulla famiglia della vittima sconosciuta, Nawal decide di indagare personalmente, pur non avendone la facoltà. E si imbatte in un muro di omertà, di protezioni reciproche, anche di violenza. Ma la sua testardaggine porterà ad una svolta decisiva nell’indagine.

02:15

Torna lo Zurich Film Festival

Telegiornale 25.09.2025, 20:00

Il film avrebbe, visto così, tutti i numeri per poter arrivare al livello di forza emotiva del citato Wadjda. Invece scivola sul patinato e sul superficiale, nonostante una storia potenzialmente provocatoria e forte, con una protagonista capace di infrangere le norme sociali e professionali di un Paese come l’Arabia Saudita.

Unidentified diventa banale e a tratti persino caricaturale quando la protagonista viene presentata esageratamente alla moda, con le sneakers sempre in vista; il capo della polizia è un uomo paffuto e comprensivo, ma tutt’altro che di polso; il suo vice, decisamente più cinico, è incapace di capire il senso dell’indagine.

Tutto patinato, plasticoso, e poco credibile. Il colpo di scena finale ribalta tutto quanto visto nel film, anche tanti indizi seminati nel racconto, che diventano inutili, se non destabilizzanti (la famiglia della vittima, per dirne una, da epicentro del male diventa niente più che un corollario narrativo). Peccato, davvero: il film affronta tematiche forti, dalla sessualità alla castità femminile, le racconta con un senso di urgenza sociale. Poi però si perde nel voler diventare un film di genere, pensato anche per il pubblico internazionale, invece che spingere sull’acceleratore e regalarci un approccio politico moderno e, quasi, rivoluzionario.

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