Cinema

Emma Thompson: ragione, scrittura, sentimento, azione

Quella premiata a Locarno 78 non è solo una star maiuscola, ma anche una grande sceneggiatrice, capace di portare a termine opere enormi con incredibile leggerezza

  • Oggi, 10:02
  • 2 ore fa
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Emma Thompson in Ragione e sentimento di Ang Lee, 1995

  • IMAGO / Cinema Publishers Collection
Di: Michele R. Serra 

Questa sera Emma Thompson riceverà il Leopard Club Award - in Piazza Grande, in occasione della première del thriller di Brian Kirk The Dead of Winter, che la vede nel ruolo di protagonista - e senza dubbio sentiremo tantissime parole riguardo alle sue eccezionali capacità interpretative. Ma è il caso di ricordare che si tratta anche di una grande sceneggiatrice - dall’adattamento di Ragione e sentimento a Bridget Jones’s Baby - e di celebrare anche il suo lavoro dietro lo schermo.

Dice Emma Thompson che questa sua abilità nella scrittura per il cinema sia un’eredità paterna. Ha raccontato spesso che da bambina guardava suo padre, Eric Thompson, attore e scrittore, mentre scriveva i testi di The magic roundabout, storico programma per bambini della BBC, interpretato da pupazzi, originariamente in francese, creato nel 1964 dall’animatore di Nantes Serge Danot.
Eric, dice Emma, non amava il francese e i francesi per motivi suoi, e così decise che, invece di fare una semplice traduzione, si sarebbe inventato di sana pianta delle nuove storie e dei nuovi dialoghi, che avrebbero potuto adattarsi correttamente alle immagini (quelle, invece, non poteva cambiarle).

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Emma Thompson con l'Oscar vinto nel 1996

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A metà Sessanta, una Emma seienne se ne stava lì a guardare il padre, seduto davanti a una buffa macchinetta che azionava con il piede sotto al tavolo: con quella faceva scorrere i filmati originali, e scriveva le sue sceneggiature. Guardava le immagini e inventava la storia: in pratica, l’esatto contrario del lavoro che fa uno sceneggiatore. Ma questo, la piccola Emma l’avrebbe capito solo in futuro. E l’avrebbe capito molto bene.
L’altro ricordo che Emma ha di suo padre, è il suo uso di parole difficili e ricercate per disorientare l’interlocutore, o per mettere in scena scherzi e battute. Dice di essersi sentita in qualche modo sorella di Alan Bennett - il genio che ha scritto (tra le altre cose) The History Boys e Signore e signori - che raccontava come suo padre, macellaio, cacciasse i cani dalla bottega con parole come: «Fuori di qui, sporco pezzo di lampione puzzolente!» (traduzione mia, inevitabilmente imprecisa, di «Get out of here, you filthy lamppost smelling article»). Chi ha detto che i bambini non assorbono il buon esempio dei genitori? Mica sempre. C’è speranza.

Così, appena ha imparato a farlo, Emma Thompson ha cominciato a scrivere. Ha sempre scritto. E magari, anche lì, l’ha aiutata qualche incontro fortunato. Prima erano sketch comici, che intorno ai vent’anni l’hanno portata a frequentare il gruppo Footlights dell’Università di Cambridge, lo stesso animato qualche anno prima da futuri membri dei Monthy Python. Anche la nidiata dei primi Ottanta non era male: oltre a Emma, c’erano ad esempio Stephen Fry e Hugh Laurie, con cui intrecciò anche una relazione sentimentale. Tutti, oggi, sono concordi nel definirla la più talentuosa del gruppo, e anche se forse si tratta solo della falsa modestia tipica degli attori (ok, non sono solo loro, siamo così tutti quanti), non si può che dar loro ragione.

Del resto, chi altri può dire di aver ricevuto un Oscar sia come attrice (Casa Howard di James Ivory), che come sceneggiatrice (Ragione e sentimento di Ang Lee)? Il primato è suo, ed è indiscutibile. Non vorrei seguire il luogo comune che porta a pensare che scrivere un personaggio sia più complesso che recitarlo, ma è inevitabile: essere una grande attrice è molto, ma essere una grande attrice e una grande sceneggiatrice è unico. Infatti, a memoria, nessun altro, nessun’altra, viene in mente. Se non Emma.

Che quell’Oscar come sceneggiatrice sia arrivato per un adattamento di Jane Austen è, semplicemente, perfetto per la donna che – è stato detto – ha portato un modo di raccontare e recitare quintessenzialmente britannico nei cinema di tutto il mondo. E forse è eccessivo, affermare che sia stata lei a sdoganare il modo inglese di farlo, il cinema, nel resto d’Europa e – soprattutto – negli Stati Uniti. Ma neppure bisogna sminuire il suo apporto, che è stato fondamentale. Una star assoluta serve sempre.

Una star assoluta deve essere, come lei, prima di tutto attrice, certo. Il volto sul manifesto, il nome in alto, a caratteri cubitali. Però il suo lavoro di sceneggiatrice è se possibile più miracoloso. Perché, dai, chi avrebbe mai pensato che una come lei avrebbe potuto portare a termine un adattamento tanto complicato come Ragione e sentimento? Per di più insieme a un regista come Ang Lee – che, ai tempi, non era certo parte del gotha hollywoodiano (conosciuto praticamente solo per Mangiare bere uomo donna).

C’era di mezzo Jane Austen, un’icona britannica, nei confronti della quale lettori e lettrici tendono sempre a essere piuttosto protettivi. Nonostante le insidie, la Thompson ha saltato l’ostacolo con castiglionesca sprezzatura: ha scritto una sceneggiatura densa e leggiadra insieme, nascondendo dietro quelle pagine un lavoro immenso. Dice lei, infatti, che la prima stesura era lunga 600 pagine, e sarebbero occorse altre sedici revisioni, prima di arrivare a quella definitiva. Il lavoro di limatura è durato mesi, ed è stato concentrato sulle ellissi, sull’energia e il ritmo: una sceneggiatura perfetta, ha dichiarato poi nel corso degli anni, deve essere «dinamica, catturare l’attenzione e suscitare una risposta emotiva nel pubblico».

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  • Mario Fabio

Intanto, per non rischiare di rimanere con le mani in mano, Emma girava Molto rumore per nulla in Toscana, diretta dall’allora marito Kenneth Branagh: come sempre in questi casi, l’energia creativa sembra autoalimentarsi, e a noi che fatichiamo a mettere insieme seimila battute decenti, mentre al massimo sbucciamo le verdure per cena, non rimane che l’invidia. Nei confronti di un’eccellenza che rimane costante negli anni, sulla scena e dietro le quinte.
Anche oggi, che i Sessanta li ha superati di slancio, e continua a recitare in ruoli drammatici e brillanti con la stessa efficacia; che continua a scrivere per lo schermo, con 4 film nell’ultimo decennio.
Non è il caso di parlare di “fasi”, in una carriera come quella di Emma Thompson. Lei stessa non ci crede, e preferisce citare Cartier-Bresson: «Mon ami, c’è il momento e c’è l’eternità, e questo è tutto». La sua eternità, lei, l’ha trovata nel cinema. E questo è tutto.

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RSI Info 19.04.2019, 17:29

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