Golshifteh Farahani ha ricevuto ieri sera l’Excellence Award del Locarno Film Festival, di cui era già stata ospite nel 2017. Oggi si è tenuta al Gran Rex la proiezione di Alpha, di Julia Ducornau, di cui è protagonista.
La Farahani, oggi poco più che quarantenne, è stata lanciata nello stardom internazionale da Nessuna verità di Ridley Scott, nel 2008, film in cui condivideva lo schermo con Leonardo diCaprio e Russel Crowe, prima attrice iraniana a entrare da protagonista in una produzione hollywodiana. In quel momento, a poco più di vent’anni, è stata costretta dall’ostilità del regime a lasciare il suo paese, l’Iran.
Speciale Locarno 78
Tra le righe 07.08.2025, 13:00
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Lei non vuole essere ricordata solo per le sue vicende personali diventate politiche, e che l’hanno trasformata in un simbolo delle lotte per i diritti civili, anche sullo schermo: «Se conto tutti i progetti a cui ho lavorato, sono 67, tra film e serie televisive. E ho interpretato 40 ruoli che non sono affatto legati all’Iran, o ai temi dei diritti. È però normale che, qualsiasi altro ruolo interpreti un’attrice, rimanga sempre legata ad alcuni personaggi. E c’è un messaggio in ogni film. Penso ad Alpha, ad esempio, il mio ultimo film, visto anche a Cannes… Noi attrici siamo sempre legate alle nostre radici. E nel mio caso, non solo a donna, vita e libertà, che peraltro sono temi che si ritrovano non soltanto in Iran. La storia delle donne, della loro vita e della loro libertà, è una storia globale e oggi sembra sempre di più che la nostra libertà sia compromessa. Anche in Paesi che noi consideriamo molto liberi, come gli Stati Uniti… ecco, anche lì vediamo che la libertà sta diventando un diritto difficile da mantenere. Abbiamo libri proibiti che vengono bruciati, abbiamo persone alle quali è vietato entrare, tutto questo negli Stati Uniti, paese che conosciamo come faro della libertà. Il nostro mondo oggi è buio, nero, ma ogni persona consapevole può portare uno spiraglio, una sorta di luce. Siamo sempre connessi a qualcosa, secondo me, e io mi sento più legata all’arte, alla cultura, al cinema, all’umanità, ma questo mondo è un mondo universale».
Intervista a Julia Ducournau sul film “Alpha”
RSI Cultura 26.05.2025, 10:07
Qual è il ruolo dell’attore, dell’artista in generale, in questo contesto?
Che cosa facciamo veramente noi artisti? Ispiriamo, apriamo finestre che non esistono nel mondo degli spettatori. Questo è il lavoro dell’artista, secondo me. Oggi mi sembra che i politici stiano da una parte, gli artisti e la cultura da quella opposta.
I politici rendono il mondo sempre più nero, oscuro, brutto, gli artisti invece hanno la responsabilità di sostenere il mondo, di conservarlo, di ricordare alle persone che cos’è l’umanità, quali sono i valori che condividiamo.
Qui, per esempio, siamo a Locarno e siamo in Svizzera, uno dei paesi più privilegiati che conosco, ma tutti insieme ci mettiamo di fronte a storie di altri paesi, di altre vite, in un festival dove ci sono film da tutto il mondo. Questa è l’arte. L’arte include tutti. I politici sono divisivi, obbligano gli esseri umani a scegliere da che parte stare. Noi artisti invece vogliamo unificare, e ci uniamo.
Siamo, appunto, tutt’uno. Non importa da che parte di quale confine viviamo, siamo essere umani. Ecco perché io dico e continuo a dire che arte e cultura sono al servizio dell’umanità e dobbiamo ricordarcelo sempre a vicenda.
Leggere Lolita a Teheran può essere un buon esempio di questo discorso… La protagonista è franco-iraniana, il regista israeliano, lo sceneggiatore americano, i produttori italiani e inglesi. Questi sono miracoli che non accadono spesso nella vita di tutti i giorni, o nella politica.
La rabbia, l’amore, la gelosia… Tutto questo è uguale in Palestina come in Israele. È lo stesso, in Cina o a Taiwan, in Armenia o in Azerbaijan, in Ucraina o in Russia. Le persone si innamorano, è una cosa umana innamorarsi, ed è anche molto cinematografica. Ecco di che cosa parla il cinema. Parla di emozioni, emozioni al servizio dell’umanità. Non importano i confini, non importano le religioni, non importano i sessi, non importano le nazionalità. La rabbia la conosce tutta l’umanità, così come il caos. Ecco un altro esempio, il covid: non ha scelto, siamo tutti uguali davanti alla malattia, non ha scelto.
Ieri, qui a Locarno, siamo andati in montagna, e proprio qui vicino ci sono state delle alluvioni: la natura non sceglie, siamo tutti figli della natura, siamo uguali di fronte a lei. È l’uomo, attraverso una certa follia che lo abita, che vuole separare e separarci, dicendo che siamo diversi. Ma noi invece dobbiamo essere sempre più uniti: è questo di cui abbiamo bisogno oggi.
Eccoci qui, siamo a Locarno, guardiamo film da tutto il mondo, il che significa che stiamo facendo qualcosa che è esattamente contrario a quello che i politici stanno producendo nel nostro mondo.
Golshifteh Farahani con l'"Excellence Award Davide Campari"
Cosa prevede per il futuro del suo Paese, l’Iran?
Per quanto riguarda l’Iran, oggi è davvero molto dura. Il popolo è ostaggio di un regime totalitario, e inoltre, tutto il mondo vuole un pezzo di Iran. Perché? Perché l’Iran è un tesoro, con le sue risorse, la sua posizione geografica. Tutti gli stranieri vogliono mettere le mani su questo paese, e improvvisamente ecco che sono altri paesi stranieri a decidere per l’Iran.
Sì, il Paese è preso in ostaggio dagli Ayatollah che tengono in scacco sottomettendo il popolo, ma credo che l’Iran sia attaccato da due forze contemporaneamente: dall’esterno e dall’interno. È molto molto triste, ma credo che la storia di tutto il mondo, oggi, sia molto triste. Vedo forze che continuano a dividere le persone.
C’è anche, però, la coscienza collettiva che si evolve: con i social media, la nostra visione del mondo non è più come quarant’anni fa. Cose che venivano fatte quarant’anni anni fa, penso magari al Vietnam, oggi non sono più possibili. È vero però che la guerra ha cambiato aspetto.
l’Ucraina, la Russia, Gaza… la tragedia, la catastrofe non riguarda solo l’Iran. Viviamo in un mondo bipolare, dove il potere spinge le masse di gente o verso un polo o verso l’altro, verso destra o verso sinistra. Però poi ci sono i giovani, e la coscienza collettiva che si sta evolvendo. Questo significa che tra venti, trent’anni avremo un mondo completamente diverso da quello odierno, dove persone come Trump, Putin, Netanyahu e gli ayatollah non esisteranno nemmeno. La generazione di oggi, quella che oggi ha tra i dieci e i vent’anni, costruirà un mondo diverso da quello che hanno costruito questi dinosauri politici che vediamo oggi all’opera, dinosauri che hanno trasformato la terra in un campo di battaglia, per i propri interessi.