“Tradimento”, dal latino tradere, “consegnare”, nello specifico “consegnare al nemico”.
È solo uno dei tanti temi universali trattati in Black Bag - Doppio gioco, l’ultimo film di Steven Soderbergh.
Come spesso succede, nella definizione della cosa sta anche la definizione del suo opposto, per cui Black Bag risulta sì, un film sul tradimento, ma soprattutto sul suo contrario, che non è la fedeltà (caratterizzata da un abbandono, appunto, fideistico, da una gerarchia, dalla fede che è dogmatica e non di rado poco riflettuta), ma la lealtà.
I protagonisti sono, per loro stessa ammissione, dei professionisti della bugia. George (Michael Fassbender) è un ufficiale dell’intelligence britannica, ed è sposato con Kathryn (Cate Blanchett), che ci lavora a sua volta. Nessun personaggio del film appartiene al mondo delle persone comuni, ognuno ha a che fare con lo spionaggio.
Tuttavia, come tutti, hanno una vita privata.
Cosa succede quando le due cose si mischiano? La ragion di Stato e il matrimonio, affari pubblici e personali? Cosa succede se nella lista delle persone di cui diffidare c’è - ti dicono - proprio tua moglie?
La commistione tra spionaggio e romanticismo affonda le radici in Notorious (Hitchcock, 1946) e Sciarada (Stanley Donen, 1963), ma anche nel più recente Mr. & Mrs. Smith (Doug Liman, 2005). Diversamente dai protagonisti di quest’ultimo, però, questi due si amano e si fidano davvero l’uno dell’altra.
Diversamente, inoltre, da tutti i film citati, c’è l’ingresso prepotente - in linea con il cinema di Soderbergh - della tecnologia, in particolare dell’intelligenza artificiale.
George ci viene presentato dalle parole degli altri, precisamente a una cena tra agenti che ricorda quella di Perfetti sconosciuti; se nel film di Paolo Genovese mantenevano il segreto sui reciproci tradimenti, il paradosso è che tra spie segreti non ce ne sono. Oppure ce ne sono così tanti che alcuni vanno svelati per forza.
Il tradimento, di nuovo, non riguarda la coppia di protagonisti; coppia adamantina, su cui lo spettatore nutre fin dall’inizio numerosi sospetti (e invece).
George è ossessionato dalla verità, e sono proprio gli altri a raccontarci di quella volta che ha sbugiardato i tradimenti del padre, che a sua volta lavorava per la British intelligence. Lungi dal desiderio inverso a quello di Crono che divora i suoi figli - cioè il più classico, edipico, freudiano “uccidere il padre” - la sua è un’autentica, strutturale repulsione per le bugie.
Tra psicoanaliste psicoanalizzate, droni, mogli dal fascino ambiguo, moralità rigide e il loro esatto opposto, Black Bag segue i personaggi in un intricato reticolo di trame, e fa trascorrere novanta piacevolissimi minuti tra il Kensington, l’Islington (Londra) e Zurigo.
Non “perfetti sconosciuti”, dunque, ma “perfetti conosciuti”: alla fine ogni traiettoria sarà svelata.
È stato sottolineato (Vogue Italia) come il film rilanci la coolness londinese, ed è vero che il fatto che siano entrambi - Cate Blanchett come Kathryn, Michael Fassbender come George - di una bellezza e di un’eleganza strabilianti, è uno dei punti di forza di Black Bag.
Si arriva infine al cuore della riflessione, ammennicoli tecnologici e di stile a parte, e cioè il discorso sul controllo, la fiducia, la lealtà, il tradimento.
«Io osservo lei e presumo che lei osservi me», dice a un certo punto George parlando di sua moglie. «E se lei è nei guai faccio tutto ciò che è in mio potere per aiutarla».
Il fulcro è questo: si guardano a vicenda le spalle, senza dimenticare di guardarsele da soli. Due adulti, insomma.
È rinfrancante una riflessione su una forma di monogamia scelta, non subìta, non convenzionale, che non ha l’ardire di porsi da esempio né di coinvolgere due esseri umani perfetti - benché questi due vi si avvicinino molto.
La lealtà ha a che fare con il rifiuto dell’inganno, la fedeltà con l’auto-esautorazione, col consegnarsi mani e piedi a un altro come se fosse un dio.
Il film prende una posizione a favore del primo, più maturo concetto, mentre rifiuta tra le righe le situazioni in cui la fedeltà si mischia così tanto a quello di cui vuol essere l’opposto: il tradimento. Se esso è la consegna al nemico, bisogna stare attenti a non consegnarsi da soli a nessuno. Per essere davvero leali, bisogna prima saper appartenere a sé.
Al cinema!
Tra le righe 08.05.2025, 14:00
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