Tutto inizia con il famigerato incidente di Roswell, Stati Uniti, New Mexico.
Era il il 2 luglio 1947: secondo le spiegazioni ufficiali, un pallone sonda legato a un progetto militare top secret (erano gli anni della corsa all’atomica russa, dopo che gli americani con “Fat man” e “Little boy” avevano chiuso la Seconda Guerra mondiale a Hiroshima e Nagasaki) precipitava al suolo, lasciando sul terreno numerosi detriti metallici. Secondo le spiegazioni non ufficiali, quello non era un pallone sonda ma un UFO, con tanto di equipaggio a bordo. Le illazioni durarono poco, ma tornarono di attualità negli anni Settanta e con loro tutta una serie di teorie, che vanno dall’altrettanto famigerata “Area 51” (dove sarebbero stati raccolti, studiati e magari anche adottati per creare nuove armi coi resti dei velivoli alieni) alle autopsie filmate dei cadaveri dell’equipaggio extraterrestre.
World UFO Day
Tra le righe 02.07.2025, 14:00
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In Inghilterra, proprio nel 1970, in settembre, veniva proposta in tv la prima delle 26 puntate di UFO di Gerry e Sylvia Anderson (quelli dei pupazzi animati Thunderbolts): una serie che racconta come l’organizzazione segreta paramilitare della SHADO (Supreme Headquarters Alien Defence Organisation) operi per proteggere il pianeta da una serie di attacchi alieni. Gli ufo rotanti -oggetti a forma di budiniera, completi del loro tipico sibilo - trasportano alieni umanoidi impegnati a rapire persone per motivi sconosciuti. A capo della SHADO c’è il comandante Ed Straker (l’attore Ed Bishop) con la sua inconfondibile parrucca biondo platino. Gran parte dell’azione si svolge sulla Luna, nella base guidata dal tenente Gay Ellis (Gabrielle Drake) la cui parrucca, come quella delle colleghe in trasferta sul satellite, è di un vivido viola.
In lingua italiana la serie arriva sui teleschermi nel 1971: il 17 settembre sull’allora TSI, con il titolo di Minaccia dallo Spazio (13 episodi selezionati). Un paio di settimane dopo arriverà il debutto anche sui canali RAI, con il titolo originale di UFO. Non ci sarà mai una seconda stagione, ma i creatori della serie, qualche anno dopo, partoriranno una sorta di figlio illegittimo: Spazio 1999.
A proposito dei creatori: era stata Sylvia Anderson a disegnare personaggi e - soprattutto - costumi, in un tripudio di tute argentate, parrucche, visiere e quant’altro avrebbe fatto la felicità di stilisti come Pierre Cardin e Paco Rabanne. Scenografie e arredamento sono l’epitome del modernismo dei Sessanta, e sono perfettamente completati dalla colonna sonora jazz-pop. Forse ai tempi non ci pensava nessuno, ma a vederlo oggi, è tutto maledettamente cool. Ma anche, incredibilmente in contrasto rispetto al tono cupo e paranoico della serie, lontanissima dall’infantile allegria dei già citati Thunderbirds.
Forse, proprio un segno del cambiamento dei tempi e dei decenni: dall’ottimismo successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, all’idea ormai consolidata che conflitti persino più definitivi potessero essere dietro l’angolo.