Cinema

L’atteso ritorno di Coppola: Megalopolis va in scena a Cannes

Una lezione d’indipendenza creativa, confusa, fuori controllo eppure a suo modo invidiabile

  • 17 maggio, 10:30
  • 17 maggio, 12:30
adam-driver-nathalie-emmanuel-megalopolis-6631fd53c2678.jpg
Di: Chiara Fanetti

L’abbiamo letto ovunque che Coppola sta lavorando a questo progetto da grossomodo 40 anni. Una gestazione più volte sospesa a causa del budget, dell’assenza di una casa di produzione disposta a sostenerlo o per via dell’11 settembre. In fondo per il regista questa è una tradizione; Il Padrino fu ostacolato dalla mafia newyorkese, tra mille vicissitudini legate a sindacati, minacce, ricatti ed estorsioni, senza contare i deliri alla Paramount, sempre sul punto di licenziarlo e di scaricare il progetto. Apocalypse Now! deve parte della sua fama anche all’incredibile sommarsi di difficoltà che si sono abbattute sul film, realizzato sul filo di lana tra disastri economici, set spazzati via da un tifone, collasso nervoso collettivo del cast e Marlon Brando fuori controllo.

Riassunti i retroscena produttivi di due suoi film che ad oggi risultano tra i più importanti e apprezzati della storia del cinema, non c’è da stupirsi se Coppola per Megalopolis si sia appoggiato praticamente solo sulle sue finanze (vendendo diverse attività di famiglia) e sulla sua American Zoetrope, la casa di produzione che ha fondato con George Lucas nel ‘69 per liberarsi di Hollywood e di tutti i suoi burocrati. Una volta visto il film però non sorprende nemmeno che nessuna major o casa minore sia stata disposta a sostenere un progetto così visionario e personale. Una sorta di “autoritratto” difficilmente descrivibile, se non come espressione di un moto creativo senza barriere, accumulato in anni di scrittura e revisione, che si è sviluppato in ogni direzione consentita senza il contenimento di uno studio e di una tradizionale produzione.

Il costruttore di mondi

Il protagonista di Megalopolis è un architetto, Caesar Catilinia, e la città in cui ci troviamo è senza dubbio New York, anche se si chiama New Rome. Il sindaco di New Rome - così come la sua sensuale e amorevole figlia Julia - di cognome fa Cicero, il banchiere miliardario (zio dell’architetto) si chiama Hamilton Crassus III e il cugino pazzo è Clodio Pulcher.

L’impero romano, la sua storia fatta di conflittuali rapporti di sangue, sotterfugi, spettacolarizzazioni e soprattutto la sua inevitabile caduta, sono tra i pochi elementi che ci permettono di trovare appigli di lettura per restare a galla in un film che in realtà ci vorrebbe in immersione totale, senza avanzare pretese di linearità e immediata continuità.

Il parallelismo tra il momento storico attuale e la fase più decadente dell’antica Roma è piuttosto evidente nel film di Coppola, che c’invita ad una lettura politica di questa fiaba - come descritta nel titolo - fatta di brevi capitoli concatenati fra loro da sequenze oniriche e parate dionisiache.

Chiare sono anche le due figure che si sfidano nel racconto: il famoso architetto (Adam Driver), che vorrebbe costruire una città utopica, modellabile, a misura d’uomo, utilizzando un misterioso materiale chiamato Megalon, e l’impopolare sindaco (Giancarlo Esposito), che ha una visione ancorata al passato e rivolta ad un brevissimo termine, senza creatività e fantasia, senza immaginazione, sommerso dalle scartoffie e dai timori.

Da una parte un uomo lanciato verso l’ignoto per costruire un’utopia che possa migliorare la vita della gente spaesata che popola New Rome, dall’altra un uomo impaurito, spaventato di fronte al cambiamento e per questo capace di giocare sporco e d’ingannare.

La spinta verso il futuro in opposizione alla stagnante sicurezza del marciare sul posto. L’arte contro la burocrazia.

Entrare ulteriormente nella trama del film confonderebbe solo le idee ma un punto va ancora evidenziato per avere un’ultima coordinata su cui fare affidamento nel susseguirsi delle scene, che si generano quasi come fossero reazioni chimiche, lasciando storditi tra le folli gesta di Shia LaBeouf e Aubrey Plaza. Questa coordinata è il tempo.

Chi ha visto il teaser del film lo sa. Il protagonista - l’architetto - può controllare il tempo. Lo ferma e lo fa ripartire a piacimento. A dargli questo potere sembra essere, concettualmente, la sua capacità di visione e la sua innata necessità di costruire, di modellare lo spazio, per dare corpo ad un atto creativo ma anche per garantire una casa al futuro. Un gesto nobile che Coppola sembra attribuire a tutti gli artisti (quindi anche ai registi e alle registe), che si devono impegnare a mantenere una certa attitudine “contro il sistema”. Peccato che concretamente poi nel film questo discorso si perda nella sua stessa applicazione.

Lezione di anarchia

Malgrado lo spirito punk, l’indipendenza, la posizione che Coppola ha guadagnato sul campo per poter fare ciò vuole, opponendosi a logiche di profitto e di linearità narrativa così come ad un mondo che ragiona per etichette e affida le proprie decisioni ad un algoritmo, Megalopolis risulta oggettivamente un film difficile - se non impossibile - da seguire. La caleidoscopica proposta di generi, formati e temi è affascinante e costruita con la sfacciataggine di chi è arrivato a vette artistiche tanto alte da poterle smantellare e ricomporre ma per il comune mortale il tutto risulta complesso da afferrare, inutilmente macchinoso. In altre parti del film succede l’opposto, con risvolti comici se non grotteschi, al punto da chiedersi quanto fosse sotto controllo sul set un certo tono tragicomico e autoreferenziale. La sensazione di essere un po’ presi in giro, come spettatori, è presente, e durante la proiezione stampa a Cannes tra gli applausi ci sono state anche dimostrazioni di malcontento piuttosto evidenti.

Un film così personale ha del miracoloso nel sistema che ci siamo costruiti intorno, c’è qualcosa di rivoluzionario e di commovente nel gesto di Coppola, una sensazione che si rafforza al pensiero che questo è davvero un sogno tenuto nel cassetto per una vita e condiviso con la moglie Eleanor, venuta a mancare poco prima della proiezione a Cannes 2024. Chi siamo per denigrare tutto questo? Qui siamo oltre il prodotto film.

Questo stato d’animo però fa a pugni con la presenza in Megalopolis di un atteggiamento naive e buonista fastidioso, dove fondamentalmente ci viene detto che dobbiamo fare del nostro meglio per le generazioni future, che siamo tutti un’unica grande famiglia e che bisogna avere speranza.

Il rispetto che richiede la figura e la carriera di Coppola m’impone di tirare le somme pensando a quest’opera come ad una lezione d’anarchia per gli artisti del futuro, più che un racconto con dei protagonisti, una trama e una morale. Un gesto idealista, folle, persino egoista che in fondo urla, a chi vuol sentire, di continuare a creare, malgrado le gelosie, gli abusi del potere, i ricatti economici e l’impressione che nessuno voglia credere in quello che fai.

È giovedì, giorno di uscite cinematografiche

Spoiler 16.05.2024, 13:30

  • George Lucas
  • Apocalypse Now!
  • Cannes 2024

Ti potrebbe interessare