Cinema

La guerra in sala a Venezia: A House of Dynamite e The Voice of Hind Rajab

Kathryn Bigelow e Kaouther ben Hania portano in concorso due racconti completamente diversi. La prima impressiona per potenza cinematografica, la seconda sconvolge, facendoci ascoltare la voce della bambina uccisa a Gaza

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Kaouther Ben Hania con la foto di Hind Rajab a Venezia, 2025

  • IMAGO / Cover-Images
Di: Alessandro Bertoglio 

Kathryn Bigelow è la regina del cinema adrenalinico. La ricordiamo per gioielli come Blue Steel, Point Break, Strange Days e, ovviamente, The hurt locker, che ha fatto di lei la prima donna a conquistare l’Oscar per la miglior regia. Ora, a 8 anni da Detroit, a Venezia è in concorso con A House of Dynamite, serio candidato al Leone d’Oro.

Un film (uno dei molti targati Netflix, ma al Lido ormai non fa più notizia) sulla minaccia nucleare, che, in meno di 20 minuti, sullo schermo vissuti più volte e da diversi punti di vista, congela il sangue nelle vene dello spettatore, mostrandogli un possibilissimo finale. Minuti nei quali un missile con testata nucleare, lanciato non si sa da dove e non si sa da chi, compare sui radar dei sistemi di difesa e, dal Pacifico, fa rotta verso gli Stati Uniti. Chicago, scopriremo, il bersaglio; 10 milioni le vittime potenziali. Prima c’è da provare a fermarlo con i sistemi antimissile di cui gli USA dispongono, poi decidere se e come lanciare un contrattacco. Ma soprattutto, verso chi? Russia, Cina, Corea del Nord?

Il film è pieno, pienissimo di personaggi, che a diverso titolo e livello lavorano per il Governo e sono coinvolti nelle frenetiche discussioni, trattative e decisioni da prendere: tutti accomunati, indipendentemente dal loro livello gerarchico, dal preoccuparsi soprattutto dei rispettivi cari, violando le norme di sicurezza se caso.
Non conta la tecnologia, che può fallire; non contano la preparazione maniacale e i manuali di procedura: vivere e sopravvivere è questione di istinto, di intuito. Facciamocene una ragione, ringraziando una regista straordinaria che in un film con una tensione narrativa impressionante ci prepara... al peggio?
Suona assai sinistra la frase che appare sullo schermo all’inizio di A House of Dynamite: «Alla fine della Guerra Fredda le potenze mondiali concordarono sulla de-escalation nucleare. Oggi quell’era è terminata».

The Voice of Hind Rajab e la tensione tra realtà e cinema

La guerra è protagonista, nel concorso di Venezia82, anche di un film completamente differente, basato su una storia vera e attuale, che ci riporta al 29 gennaio 2024, a Gaza. The voice of Hind Rajab, della regista tunisina Kaouther ben Hania, va spiegato.

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La fotografia di Hind Rajab, uccisa dall'IDF il 29 gennaio 2024 a Gaza, nelle mani del cast di The Voice of Hind Rajab

  • IMAGO / Gruppo LiveMedia

Da un lato c’è la vera storia di una bambina di sei anni, uccisa insieme alla famiglia (due zii e i loro quattro figli) dentro un’auto crivellata da oltre 300 colpi dei soldati israeliani, mentre a soli otto minuti di distanza è pronta a partire un’ambulanza per metterla al sicuro, lei, unica sopravvissuta all’attacco. Dopo interminabili ore d’attesa per la concessione di una via sicura per poter portare soccorso, l’ambulanza parte, ma giunta a pochi metri dall’auto, viene colpita da un missile.
La verità sulla vicenda viene scoperta solo diversi giorni dopo, quando l’esercito israeliano lascia quel quartiere di Gaza. Una storia che, nel film, è raccontata attraverso gli audio originali registrati dalla Mezzaluna rossa palestinese, impegnata nelle operazioni di soccorso.

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Mostra di venezia alle battute finali

Telegiornale 03.09.2025, 20:00

Dall’altro lato c’è il cinema, ovvero la rappresentazione di questa storia in un film (che ha Brad Pitt, Joaquin Phoenix e Alfonso Cuarón come produttori). Un racconto che viviamo dalla centrale operativa di soccorso, dove la vicenda scalda gli animi di chi viene coinvolto in questo disperato tentativo di salvataggio, ovvero due centralinisti e una psicologa, che si prodigano per molte ore dalla sede di Ramallah per tenere vivo il contatto telefonico con la piccola, mentre provano ad ottenere l’autorizzazione per l’ambulanza.
Parlando di cinema, rispetto al film della Bigelow, questo di Kaouther ben Hania mette in scena una tensione meno credibile: al di là del fatto che gli spettatori hanno già la triste consapevolezza di come la vicenda andrà a finire, infatti, i personaggi sullo schermo risultano paradossalmente poco realistici. La scelta di non rappresentare la violenza, concentrandosi solo sui suoni - ovvero la (vera) voce di Hind Rajab, gli spari, i lunghi silenzi - non rende, dal punto di vista puramente cinematografico.

The Voice of Hind Rajab rimane un’opera importante, da mostrare, che ha raccolto una standing ovation, 24 minuti di applausi alla proiezione ufficiale, e che ha visto sfilare il cast, sul tappeto rosso, con la foto proprio di Hind Rajab. Ma un film come questo non andava presentato in concorso: meritava uno spazio importante fuori concorso, magari in una serata con alcuni degli altri film su questa guerra (e le altre) a corredo. Così, invece, mette in difficoltà la giuria guidata da Alexander Payne: premiare o non premiare il film diventa un atto politico. E questa intensa selezione 2025, un peso del genere non lo meritava.

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